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Non tutti i malware vengono per nuocere

Non tutti i malware vengono per nuocere

La Rubrica – Cybersecurity Week

La scorsa settimana è stato scoperto quello che probabilmente è il ransomware più insolito tra quelli in circolazione, non tanto per il suo funzionamento, quanto per le richieste a cui deve rispondere la vittima per ritornare in possesso dei suoi dati. A suggerire qualcosa è il suo nome: Goodwill ovvero Buona Volontà. In effetti se vi dovesse capitare la sventura di essere colpiti da questo malware rimboccatevi le maniche perché avrete il vostro bel daffare. I creatori di Godwill, infatti, non vi chiedono denaro sotto forma di qualche cryptovaluta, piuttosto vi vogliono estorcere delle buone azioni che in ogni caso non sarebbero gratuite. Per liberarvi dalla sua presenza dovrete esaudire nell’ordine i seguenti tre desideri di questi novelli Robin Hood della rete.

Prima attività: dovete donare dei vestiti ai senza tetto. Seconda attività: portare da Domino’s Pizza, Pizza Hut o KFC cinque bambini poveri di età inferiore ai tredici anni per fargli una sorpresa. Terza attività: fornire un aiuto economico a chiunque abbia bisogno di cure mediche urgenti ma non può permetterselo, portandolo in un ospedale vicino. La vittima dovrà documentare ognuna di queste buone azioni con foto e video da postare su propri social network e poi inviare il link che rimanda alla “prova” a un indirizzo di posta elettronica. Una volta che avete fatto tutto ciò vi saranno fornite le istruzioni per rientrare in possesso dei vostri dati.

Se da un lato questo nostro povero mondo avrebbe decisamente bisogno di tante buone azioni, dall’altro si tratta pur sempre di un ricatto, che tra l’altro costringe i “benefattori coatti” a esporsi pubblicamente postando le buone azioni. In effetti è proprio questa seconda parte che trovo disdicevole. Da un lato perché richiede alla vittima di rinunciare alla propria privacy senza alcuna reale necessità (ammesso che il fine sia soltanto quello di spingerle a fare del bene), dall’altro perché, come scriveva Cesare Pavese, “è più facile una buona azione che un buon pensiero.”

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