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Cyber Security

È ora di cambiare prospettiva quando si parla di cybercrimine

La Rubrica - Cybersecurity Week

Pochi giorni orsono è arrivata la sentenza per Hayder Aljayyash, ventinovenne iracheno che stava studiando per un master alla University of South Wales. Venti mesi di reclusione perché riconosciuto colpevole di avere violato i sistemi dell'università per sottrarre le soluzioni dei test e quindi rivenderli ad altri studenti. Il giovane criminale ha portato avanti i suoi traffici tra il novembre 2017 e il maggio 2019, fino a quando un professore di matematica ha notato che molti esaminandi rispondevano seguendo con assoluta precisione il suo schema di risposta e cinque riproducevano anche i suoi refusi. Le successive indagini portavano alla scoperta della violazione e dall'analisi delle connessioni ai sistemi universitari le forze dell'ordine riuscivano a risalire alla residenza di Hayder Aljayyash.

Questa notizia mi ha fatto venire in mente un film che per chi si interessa di hacking e zone limitrofe ha un enorme valore culturale. La pellicola in questione è "Wargames - Giochi di Guerra" del 1983 diretta da John Badham e interpretata da Matthew Broderick.

La trama è piuttosto nota e vede il protagonista, adolescente pirata informatico, infiltrarsi nei sistemi militari statunitensi e arrivare a un passo dallo scatenare la terza guerra mondiale. Durante una delle scene iniziali il giovane hacker riesce a impossessarsi della password che gli consente di accedere ai registri elettronici e modifica i suoi voti e, per fare colpo, anche quelli di una bellissima compagna di classe.

All'epoca non credo ci sia stato uno spettatore che abbia considerato quel gesto come qualcosa di più di una "bravata". Allo stesso modo copiare i compiti in classe anche su "scala industriale" è sempre stato considerato come parte integrante del "normale" processo di crescita di qualsiasi studente delle scuole superiori (sono piuttosto sicuro che chiunque dica di non averlo mai fatto stia mentendo in primo luogo a sé stesso). Adesso scopriamo che la combinazione delle due cose produce una condanna a venti mesi di reclusione e questo significa che "il vento è cambiato". Qualsiasi cosa sia correlata a un crimine informatico produce sentenze draconiane e il senso appare piuttosto chiaro: i giudici, almeno quelli inglesi, si stanno facendo l'idea che la violazione di un sistema informatico è un reato grave. Se la giustizia deve farsi interprete del senso comune allora forse qualcuno sta iniziando a comprendere che quel mondo oltre lo schermo non è soltanto un "grande parco giochi" digitale, ma qualcosa di terribilmente reale, tanto quanto l'aria che respiriamo.

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Alessandro Curioni