I grandi brand stanno perdendo la loro identità?
(Photo by Budrul Chukrut/SOPA Images/LightRocket via Getty Images)
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I grandi brand stanno perdendo la loro identità?

È il 1961 quando Yves Saint Laurent, insieme al socio e compagno di vita Pierre Bergè, commissionano al grafico Adolphe Mouron Cassandre, uno dei più influenti designer dell’art déco del Novecento, il primo logo della Maison circa un anno dopo la creazione dell’attività. Il risultato è insolito per l’epoca, un monogram che gioca con gli spessori esprimendo sensualità ed eleganza, in basso il nome del brand per esteso che combina stili in corsivo e latino, interamente in maiuscolo. Arriva il 2012 e il logo perde un pezzo: la parola «Yves» scompare in favore di un carattere minimal e incisivo, sotto la guida del direttore creativo Hedi Slimane.

«Fashion is not Evolution but Revolution» è con queste parole che il direttore creativo Oliver Rousteing nel 2018 rivoluziona il logo Balmain. Prima caratterizzato da un carattere serif elegante in maiuscolo che alternava vuoti bianchi e spessori neri, ora la nuova versione vede il nome della Maison in bold con sopra il monogram che vuole rendere omaggio al fondatore, infatti si distingue la P dalla B, richiamando il nome di Pierre Balmain.

Dal 1901 la celebre casa di moda britannica Burberry compare sul mercato rappresentata dall’ormai inconfondibile cavaliere equestre, dove scudo e bandiera sono decorati dall’iniziale del fondatore, il tutto tinto dalle tonalità del rosso. Anche il rebranding del 1968 e del 1999 vede la presenza del cavallo nel logo, mentre nell’ultimo che troviamo oggi ne sentiamo terribilmente la mancanza. Proposto nel 2018 dalla designer Fabienne Baron, si pone come una versione moderna e minimalista rispetto a quello cui che eravamo abituati.

Tra gli ultimi che hanno attuato un cambio d’immagine, possiamo citare Renato Balestra. È il 1971 quando la firma del fondatore diventa il vero e proprio logo dell’azienda, caratterizzato da un font unico e originale ma soprattutto di colore blu, scelta insolita per i marchi di moda. Quest’anno Balestra lancia il nuovo logo, dove il nome adotta un font bold, sempre però tinto del blu che ha contraddistinto il brand.

Ma cos’è che accomuna questi marchi?

Negli ultimi anni molte delle Maison in circolazione hanno attuato un rebranding - quando un’azienda affronta grandi rivoluzioni, come il cambio del direttore creativo o apporta importanti e innovative strategie di marketing, è in quel momento che i marchi attraversano un processo di trasformazione - e proprio negli ultimi tempi abbiamo visto molti di loro rinnovare il logo, o meglio il font utilizzato.

Sin dall’inizio le grandi case di moda hanno sempre cercato di differenziarsi tra loro, infatti se andiamo a scavare tra i primi loghi vediamo che sono completamente diversi, e nonostante alcuni nel tempo abbiano cambiato qualche dettaglio, l’essenza della Maison era ancora prorompente. Ora invece molti di loro hanno perso identità, omologandosi a questa tendenza dal carattere bold.

Ciò che sta accadendo è stato battezzato «blanding» dall’inglese possiamo tradurlo in banale o insipido, ovvero la scomparsa dell’originalità dei brand. Molti dei font serif sono stati sostituti, probabilmente perché oggi considerati troppo retrò, ma quanto la scelta di omologarsi può rivelarsi vincente?

Nel tempo abbiamo compreso che spesso un marchio sceglie il suo colore, o una palette ristretta, con cui poi costruisce l’identità del brand e riesce a esprimerlo al meglio. A volte questi rebranding hanno persino messo in discussione alcune tra le più grandi certezze nel settore moda, tra i cambiamenti più rilevanti degli ultimi anni c’è sicuramente il PinkPP di Pierpaolo Piccioli per Valentino. Il nuovo rosa della maison ha preso piede diventando uno dei colori più invidiati e desiderati del momento prendendo il posto, ma non completamente, del rosso Valentino.

Anche Salvatore Ferragamo ha abbandonato il suo carattere calligrafico per un sempre più gettonato bold, ma il suo rebranding ha coinvolto anche Pantone: Il nuovo Rosso 3546C ha caratterizzato la SS23 tingendo la location e gli abiti del nuovo colore del marchio, donando un carattere del tutto nuovo.

Altri invece, a dimostrazione di quanto un colore possa diventare uno status più del marchio stesso, possono tranquillamente scherzarci su come ha fatto Tiffany il primo aprile del 2021 quando ha pubblicato sui suoi social il nuovo colore della gioielleria: YellowTiffany. In tutto il mondo la notizia suscita turbamento e polemiche, ma lo scherzo viene smascherato subito dopo. Nonostante ciò, qualche mese più tardi la boutique di Rodeo Drive in Beverly Hills si tinge interamente, ma momentaneamente, del Yellow Tiffany inaugurando la nuova capsule di diamanti gialli. Questa tonalità in casa Tiffany non è proprio un colore a caso, bensì richiama l’inestimabile diamante giallo da 128.54 carati indossato unicamente da 4 donne dalla sua creazione, tra le ultime possiamo ricordarlo al collo di Beyoncé.

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Elisabetta Cillo