Addio Mary Quant
Personaggi

Addio Mary Quant

Tutti la definiscono la «mamma della minigonna», ma l’impatto che la stilista ha avuto nel mondo della moda e nella società degli anni Sessanta va ben oltre un orlo accorciato

«Una delle stiliste più riconosciute a livello internazionale del XX secolo e un’eccezionale innovatrice degli Swinging Sixities […] il suo talento lungimirante e creativo ha rapidamente stabilito un contributo unico alla moda britannica». Con queste parole, la famiglia di Mary Quant ha dato l’annuncio della scomparsa della stilista.

Nota al mondo come l’inventrice della minigonna, Mary Quant è stata una vera e propria icona del suo tempo. In un sondaggio pubblicato nel 1985, nel Regno Unito il 37% delle donne aveva sentito parlare di Pierre Cardin, il 57% aveva sentito parlare di Yes Saint Laurent, ma oltre il 90% conosceva Mary Quant.

Nata e cresciuta a Blackheath (Londra), sin da bambina Mary - figlia di due professori universitari - mostra uno spiccato interesse nella moda. In seguito al rifiuto dei sui genitori di farle frequentare un corso in materia, la giovane si vede però costretta a ripiegare sulle illustrazioni. Ed è proprio alla Goldsmiths che la Quant incontra il suo futuro marito, l’aristocratico Alexander Plunket Greene. Una volta laureata, Mary torna al suo primo amore e inizia un apprendistato presto un modista di alto livello (Erik di Brook Street), trasferendosi a Londra con Alexander.

Nella loro casa in King’s Road, i due giovani diventano presto parte del «Chelsea Set», un gruppo di giovani artisti, registi e socialite interessati a esplorare nuovi modi di vivere. E vestire. «Nessuno è mai riuscito a definire esattamente il Chelsea Set, ma credo che sia nato da qualcosa che era nell'aria e poi cresciuto in un serio tentativo di rottura con l’establishment» racconta Mary Quant nella sua autobiografia (Quant by Quant, 1966).

(Photo by Keystone/Hulton Archive/Getty Images)

Nel 1955, Mary, Alexander e un amico - l’avvocato diventato fotografo Archie McNair - decidono di aprire un’attività. Nel seminterrato avrebbero gestito un ristorante, mentre al piano terra ci sarebbe stata una boutique: Bazaar. Inizialmente, i vestiti venduti nella boutique vengono acquistati sul mercato all’ingrosso e alterati. Ben presto però la Quant si accorge che non le basta. Quello che offre il mercato non risponde alla sua idea di moda e allora Mary inizia a disegnare.

«Ho sempre disegnato abiti fin da piccola perché non mi piaceva com’erano, paralizzanti e innaturali. Il buon gusto è morte, la volgarità è vita». Ed ecco che nelle vetrine di Baazar iniziano a comparire vestiti coloratissimi e dalle forme innovative, su manichini con rossetto e parrucche finte. Una vera e propria rivoluzione per quegli anni.

Il lavoro per Mary, stilista autodidatta, è estenuante. La ragazza frequenta corsi serali sul taglio e l’adattamento dei cartamodelli. Le vendite della giornata finanziano le stoffe per confezionare gli abiti del giorno successivo, a cui la Quant lavora durante la notte. Questo nuovo approccio però la premia. Le clienti continuano a tornare, sapendo di trovare prodotti sempre nuovi, e i prezzi sono così competitivi da essere irresistibili.

Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, Baazar diventa l’unico negozio in grado di presentare un’alternativa allo stile più «severo» degli altri stilisti. La boutique di Mary Quant offre anche un'esperienza di acquisto radicalmente diversa rispetto ai couturier, ai grandi magazzini e alle catene di negozi che costituivano il mercato della moda principale. Al Bazaar, musica ad alto volume, bevande gratuite, vetrine divertenti e orari di apertura prolungati presentavano un modo di vivere la moda tutto nuovo.

(Photo by Jones/Evening Standard/Hulton Archive/Getty Images)

Non è certo se sia stata Mary Quant a introdurre per la prima volta le minigonne sul mercato (alcuni parlano del couturier francese André Courrèges), ma quegli orli audaci ben sopra il ginocchio diventano presto la cifra stilistica della donna, anche grazie a Twiggy, la cui figura slanciata ha contribuito a trasformare gli orli super corti in una tendenza internazionale.

Instancabile, nel 1966 crea i primi «hot pants» e qualche anno dopo porta sul mercato il primo abito in PVC (da abbinare alle calzature del suo brand: Quant Afoot). Intanto Mary riceve dal Sunday Times il premio internazionale per «aver scosso l'Inghilterra da un atteggiamento convenzionale nei confronti dei vestiti» e l’OBE (Officer of the Order of the British Empire).

Alla fine degli anni Settanta, Mary Quant fa il suo ingresso in due nuovi mercati. Conquistato il fashion, si concentra su un progetto di interni coordinati per l’azienda manifatturiera britannica ICI e una linea di cosmesi, per uomo e per donna. Alla Quant si deve infatti anche l’introduzione del concetti di cura della pelle per gli uomini.

Nel 2019, il museo Victoria & Albert di Londra le dedica una mostra con oltre 200 capi, alcuni mai visti e provenienti dall’archivio personale della stilista. Secondo Jenny Lister, la curatrice della mostra, Mary Quant «ha abbattuto le barriere dello snobismo e della tradizione» e «rappresenterà sempre la gioiosa libertà della moda negli anni Sessanta».

«Con il suo senso dell'umorismo, lo stile e la determinazione unici nel democratizzare e condividere il divertimento e la creatività dei suoi progetti, ha fornito un nuovo tipo di modello per le giovani donne, creando uno spazio in cui essere se stesse».

Victoria and Albert Museum

I più letti

avatar-icon

Mariella Baroli