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ANSA/ UFFICIO STAMPA PROTEZIONE CIVILE TOSCANA
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La sicurezza del territorio in Italia è un optional

Alluvioni, terremoti, morti e città devastate. Le cause? Inciviltà e disattenzione. E l'assenza di sanzioni che rende la sicurezza un'incertezza

Che cosa contraddistingue l’incapacità di prevenire gli effetti devastanti di un’alluvione o di un terremoto? Non è neanche il modo di costruire le città che ereditiamo da secoli d’incuria del territorio. È piuttosto la mancanza, in Italia, di una cultura della sicurezza.

Non c’è bisogno di andare in Giappone o a Los Angeles per toccare con mano la differenza. In Messico un sisma di 8.2 gradi provoca decine di vittime. In Italia, scosse potenzialmente meno distruttive, fino a centinaia. Eppure l’Italia dovrebbe rientrare fra i paesi all’avanguardia tecnologica e della sicurezza. E invece...

Da noi le case sono state costruite anche nei letti dei torrenti o lungo i corsi d’acqua interrati, le fabbriche nascono su terreni golenali o inondabili. La fragilità idrogeologica fa parte del panorama, del set quotidiano. Da noi gli eventi della natura che superino una certa soglia di violenza provocano tragedie.

Le cause

La causa non risiede solo nella colpevole disattenzione di chi non fa la manutenzione del territorio. C’è l’inciviltà di comportamenti che aggirano le leggi a costo di costruire male e nel posto sbagliato. C’è il gioco dello scaricabarile che si è visto nelle interviste tv e di carta stampata concesse dal Sindaco di Livorno, Filippo Nogarin, che preferisce esporsi per schivare l’assunzione di responsabilità piuttosto che per onorare il ricordo di concittadini che non sarebbero mai dovuti morire così.

C'è che una cellula temporalesca particolarmente potente è in grado di mettere in ginocchio città e metropoli semplicemente perché manca un servizio capillare di prevenzione (sempre possibile) di catastrofi a breve o brevissimo termine.

Attraverso la meteorologia osservazionale, basata su immagini da satellite e radar meteorologico, è possibile lanciare l'allerta con un anticipo di mezz'ora. Un tempo sufficiente per prendere qualche contromisura.

C'è l'assenza di educazione civica, che si riverbera anche sul disimpegno dei cittadini rispetto a qualsiasi dovere di difesa comune o autodifesa da eventi estremi. In altri paesi più avanzati del nostro sono gli stessi cittadini a rendersi conto dei pericoli che sopraggiungono, perché accedono con facilità al monitoraggio radar o satellitare.

Mancano spesso i piani di evacuazione delle città, così come non si riesce mai a intervenire al momento opportuno, quello non di pericolo o emergenza, per mettere in sicurezza il territorio guardando a una prospettiva che vada oltre l'attimo. Non si approfitta della siccità per bonificare i bacini o i tombini. Manca la gestione efficace delle catene di reazione a eventi estremi, perché non è la sicurezza un valore prioritario nel governo della cosa pubblica.

Le sanzioni che mancano

È la stessa mancanza di una cultura della sicurezza basata sul senso di appartenenza a una comunità dietro i mancati programmi di aggiornamento e formazione civica, mentre ci vorrebbe l'assunzione diretta di responsabilità da parte di noi cittadini alle prese non solo con temporali, alluvioni e nevicate, ma con attentati terroristici e incendi. I nostri mezzi, i nostri uomini, intervengono quando l'emergenza è esplosa.

Il cuore degli italiani è generoso, l'ingegno vivace. Ma non basta. C'è scollamento tra istituzioni dello Stato, tra Stato e cittadini. Le Regioni vanno ciascuna per conto proprio (lo si vede anche sul fronte dei vaccini o della regolazione della fauna selvatica) e così la popolazione di una città, piccola o grande, è in balia del destino, cioè della incompetenza dei propri amministratori.

In questo strano paese manca la sanzione delle responsabilità accertate. Chi paga per avere costruito male? Nel posto sbagliato? Senza coscienza e consapevolezza non c'è progresso nelle misure di prevenzione e contrasto all'emergenza. Alla concretezza della prevenzione, come all'efficacia della catena di contrasto all'evento catastrofico, dovremmo affidarci senza se e senza ma. Ma cominciano a franare i punti fermi se non possiamo fidarci completamente neppure di un carabiniere in servizio alle prese con una studentessa americana ventenne bisognosa di aiuto. La sicurezza, in Italia, è un optional.

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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