Precari della scuola, ecco chi aspetta il posto fisso da Renzi
Massimo Percossi/Ansa
Economia

Precari della scuola, ecco chi aspetta il posto fisso da Renzi

Il premier continua a promettere che stabilizzerà quasi 150mila insegnanti a settembre. Ma, per i sindacati, i docenti da assumere sono di più

Tutti assunti da settembre. E' la promessa fatta ieri dal premier, Matteo Renzi, ai lavoratori precari della scuola. Anche se la prossima riforma dell'istruzione sarà approvata con tempi un po' più lunghi del previsto, per il presidente del consiglio non c'è alcun rischio che venga meno l'annunciata stabilizzazione del personale didattico oggi inquadrato con contratti a tempo determinato e con incarichi che si rinnovano di anno in anno.

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Ma quanti sono i precari della scuola che possono sperare nell'assunzione? Secondo le stime pubblicate nei mesi scorsi dal governo, si tratta di quasi 150mila italiani che rientrano principalmente in due categorie di docenti. La prima è rappresentata dai vincitori dell'ultimo concorso bandito dal Ministero dell'Istruzione e dai candidati risultati idonei, cioè quelli che hanno superato le prove ma non sono risultati formalmente vincitori, per mancanza di cattedre disponibili. La seconda categoria, molto più numerosa, è composta dagli iscritti alle Graduatorie ad Esaurimento (Gae). Si tratta di elenchi di persone abilitate a insegnare, che da anni aspettano senza successo di avere un impiego a tempo indeterminato.


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Mettendo insieme tutte queste categorie di precari, si arriva dunque a 148-150mila italiani, a cui Renzi ha promesso un posto di lavoro stabile a partire da settembre. Le cifre del governo, però, non coincidono con quelle stimate da alcune sigle sindacali, che calcolano in circa 250mila il numero di docenti precari che avrebbero diritto a essere assunti a tempo indeterminato, anche senza partecipare a un concorso. Nel novembre scorso, infatti, c'è stata una sentenza della Corte di Giustizia Europea che sembra destinata a lasciare il segno nel mondo della scuola e forse in tutta la pubblica amministrazione italiana.


Una sentenza storica

I giudici dell'Ue hanno infatti stabilito che gli incarichi di docenza assegnati ogni anno dal ministero dell'Istruzione a migliaia di insegnanti precari si basano su un sistema illegittimo, che non rispetta le direttive europee sul lavoro a tempo determinato. Per la legge italiana, infatti, le aziende private non possono assumere un dipendente a termine per più di tre anni di fila. Una volta superata questa soglia temporale, il contratto deve essere convertito necessariamente in un rapporto di lavoro stabile. Nella pubblica amministrazione e soprattutto nella scuola, invece, le cose vanno diversamente. Ci sono infatti decine di migliaia di insegnanti che da parecchi anni si barcamenano tra una supplenza e l'altra, senza avere gli scatti di anzianità né la possibilità di ottenere un inquadramento a tempo determinato.


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Per i giudici del Lussemburgo, tuttavia, non è più ammissibile che la scuola italiana si comporti diversamente dalle imprese private e conferisca incarichi a oltranza a un esercito di supplenti (ma anche al personale amministrativo), senza almeno aver fissato chiaramente delle date per i concorsi. Per questa ragione, oggi decine di migliaia di insegnanti precari hanno diritto in teoria essere assunti in maniera stabile o almeno a essere risarciti per il mancato riconoscimento degli scatti di anzianità, se nel frattempo hanno trovato un altro impiego. Secondo alcune sigle sindacali come l'Anief, dunque, i precari della scuola da assumere a tempo indeterminato sono molti di più di quelli annunciati dal premier Renzi. La cifra stimata dall'Anief è appunto nell'ordine di 250 mila: un esercito di prof che lavora nel mondo dell'istruzione pubblica da più di 3 anni.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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