Professioni, come diventare Game Designer
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Professioni, come diventare Game Designer

Game Designer: il profilo, cosa fa, come si forma, dove lavora, quanto guadagna e l’intervista a un professionista del settore

Quello dei videogiochi è un settore in costante evoluzione, sia in termini di fatturato che di numero di utenti. Grazie ai un supporti tecnologici sempre più sofisticati che permettono un’interazione con il gioco stesso non immaginabile fino a pochi decenni fa e con l'avvento del mobile gaming, le occasioni di utilizzo si sono moltiplicate rendendo "giocabile" ogni istante della giornata da qualsiasi luogo.

IL CONTESTO IN CUI OPERA

Le professionalità che ruotano intorno alla creazione di un videogioco sono numerose e sfaccettate ed è online in queste settimane la campagna promossa da AESVI - Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani - dal titolo #PIONIERE , realizzata con l’obiettivo di accrescere la consapevolezza dell’opinione pubblica sul lavoro all’origine della creazione dei videogiochi e per la quale è stato realizzato un videodocumentario in cui tre gamer italiani vestono per un giorno i panni degli sviluppatori di videogiochi.

Per capire alcuni dei ruoli primari che fanno parte del team di sviluppo di un prodotto videoludico parliamo della professione del Game Designer, figura che si occupa di concepire e progettare il funzionamento del gioco e del sistema su cui si basa.

COSA FA

Il lavoro principale del game designer consiste nel progettare e creare un sistema di gioco coerente che segua delle regole specifiche e che possa offrire all'utente un’esperienza ludica interessante. Partendo da un’idea iniziale la si assembla, modifica, mescola con altri spunti fino a giungere ad una visione coerente di quello che dovrebbe essere il prodotto finale.

Questa visione viene riassunta in un documento e comunicata al resto del team. Durante i meeting ci si confronta cercando di sfruttare l’esperienza di ogni sviluppatore nel suo campo specifico (programmazione, grafica, ottimizzazione, musica, ecc.). Una volta avviata la produzione, il game designer - o i game designer, se il team ne prevede più di uno - lavora su diversi fronti, inclusi l’ideazione di ambienti, personaggi e oggetti, oltre al testing del funzionamento del gioco. Lo scopo è far sì che tutto interagisca in modo logico e coerente, affinché l'esperienza dell'utente sia gratificante e divertente.

Esistono diverse specializzazioni che riguardano il lavoro del game designer. Ad esempio c’è chi si occupa della costruzione degli ambienti del gioco, il cosiddetto level designer, che raccoglie competenze di grafica 3D, programmazione ed architettura degli ambienti virtuali; oppure ci sono designer che si specializzano sul testing del bilanciamento del gioco e la loro attività è basata sulla raccolta e l’elaborazione di dati e statistiche di utilizzo.

Il lavoro del game designer non è un processo lineare, ma è possibile schematizzare alcuni passaggi obbligatori nella progettazione di un gioco:

- sviluppo di un’idea che viene inizialmente levigata e ridefinita

- rendere l’idea comprensibile e condivisibile con il resto del team attraverso la stesura di documenti di design che la spieghino nel dettaglio

- i documenti di design vengono messi al vaglio del team completo, che ne discute la fattibilità e stabilisce il quantitativo di risorse da allocare nel progetto

- quando insieme al resto del team si è definita una strada da percorrere, inizia la produzione di prototipi, che servono per esplorare diversi aspetti tecnici, visuali e ludici del gioco; in questa fase, il game designer, come tutti gli altri membri del team, mette alla prova le proprie idee, raccoglie dati e cerca di capire come migliorare il piano iniziale o modificarlo per risolvere gli ostacoli

- il processo di design, prototipazione, produzione e testing si ripete diverse volte, arrivando sempre più vicini al prodotto finale e, se tutto va per il meglio, ad un gioco simile all’idea originale

COME SI FORMA

Quella del game designer è una figura professionale atipica e non esiste un percorso di studi specifico. All’estero esistono corsi universitari in multimedia design specializzati nella produzione di videogame, ma senza esperienza nel settore come programmatore, tester o grafico è difficile possedere le conoscenze necessarie per essere un buon game designer.

Come competenze è necessario avere basi di programmazione e grafica, affiancate a buone capacità di comunicazione. L’inglese, scritto e parlato, è indispensabile, poiché spesso e volentieri i gruppi di lavoro o gli appoggi esterni sono internazionali, senza contare che la maggior parte della documentazione disponibile sul game design è in inglese. Infine, delle solide basi matematiche ed un infarinatura di statistica non guastano quando si devono raccogliere ed analizzare dati per bilanciare le componenti di gioco.

DOVE LAVORA

Il game designer lavora dove vengono realizzati prodotti ludici; si parla quindi non solo di videogiochi, ma anche giochi da tavolo e giocattoli nel senso più generico del termine. Il game designer deve avere una chiara comprensione dei vari stadi di produzione di un videogame per capire e stimare tempi e risorse ed è al centro del team di sviluppo dove deve confrontarsi quasi quotidianamente con tutti i suoi componenti, dagli artisti, ai programmatori fino alla produzione. Ciò permette di seguire efficacemente l’evolversi del progetto nel corso dello sviluppo.

Possono essere molte le ragioni che spingono le persone ad intraprendere questa strada e il loro approccio personale. Tipicamente ci sono due modi per diventare game designer: o partendo all’interno di una grande azienda come tester o gameplay programmer oppure fondando un piccolo team indipendente. Nel primo caso la carica di game designer arriva dopo un po’ di tempo, necessario per fare l’esperienza necessaria. Nel secondo caso ci si mette subito alla prova con produzioni più semplici, gestendo solitamente anche altri aspetti dello sviluppo.

A seconda dell’ambiente in cui si lavora è possibile far carriera fino a diventare lead designer, oppure specializzarsi in una delle sfumature della progettazione, come la quality assurance (QA) o il level design. Un game designer cresce con i giochi a cui lavora seguendone la produzione dall’inizio alla fine e si fonda sull’esperienza maturata sul campo e sui progetti portati a termine con successo.

Esistono anche game designer freelance o piccole aziende formate solo da game designer che offrono soprattutto servizi di progettazione e prototipazione.

QUANTO GUADAGNA

L’industria videoludica in Italia è tutt’ora ad uno stato iniziale che non permette di fare statistiche accurate. Orientativamente il compenso di un game designer è tra i più alti sotto la fascia di management e può orientativamente aggirarsi tra i 30 e i 45.000 euro lordi annui a seconda della realtà in cui è impiegato e il livello di esperienza raggiunto.

COME TENERSI AGGIORNATI

Esistono moltissimi siti che mettono a disposizione materiale utile, ma solitamente si occupano in generale di sviluppo di giochi. Questo perché le varie discipline di game development sono fortemente interconnesse. Uno dei siti più popolari a livello internazionale è Gamasutra ; per quanto riguarda l’Italia uno dei principali punti di riferimento è Indievault.it, la community di sviluppatori indipendenti italiani. Tra le altre risorse utili esistono Level-Design.org, PixelProspector.com, Tigsource.com e Polycount.com.

CHI SEGUIRE SU TWITTER

Alcune personalità di spicco su twitter sono le superstar “indie” (vale a dire indipendenti) come @notch, creatore di Minecraft, o le star di “Indie Game: The Movie” @Jonathan_Blow e @EdmundMcMillenn.
Molto interessanti e da seguire sono anche i designer storici, @pmolyneux, @Warren_Spector, @therealcliffyb and @romero.
E per finire, tra gli italiani ci sono designer molto capaci e riconosciuti anche a livello internazionale, come @theMaTX, @santaragione e @PaoloMonkey

L’INTERVISTA

Per approfondire alcuni aspetti legati alla professione del Game Designer abbiamo parlato con Marco Di Timoteo, Lead Game Designer, direttore creativo e co-fondatore di Studio Evil, azienda con sede a Bologna composta da circa sette persone.

Ci descrivi il tuo percorso lavorativo per arrivare a diventare Game Designer?

Diventare game developer, per poi ricoprire anche il ruolo di game designer, ha richiesto un approccio un po’ fuori dagli schemi. Per un lungo periodo la mia vita è stata divisa in due parti: di giorno lavoravo come web designer, di notte e nei fine settimana progettavo videogiochi, partecipando alla vita della community italiana degli sviluppatori indipendenti.  Nel 2011, dopo oltre 10 anni di tentativi ed un considerevole sacrificio del mio tempo libero,  la svolta: ho fondato Studio Evil  insieme ai miei attuali colleghi Christian Meneghini e Luca Marchetti, che hanno storie molto simili da raccontare.

Come hai scoperto questo lavoro?

È il lavoro che sognavo di fare da ragazzino: disegnare mostri e progettare videogiochi. La prima volta che ho sentito parlare della figura del game designer è stato negli anni ‘90, leggendo riviste dedicate ai videogame come K, The Games Machine, Z o Zzapp.

Che tipo di persone incontri durante la tua attività professionale?

Le persone più originali che conosco sono game developer. Lavorare nell’industria dei videogiochi significa incontrare continuamente personaggi particolari e persone creative o geniali. Anche solo lavorando all’interno di un team si ha a che fare con sviluppatori dal background estremamente variabile. Si passa dai programmatori, solitamente estremamente razionali, ad artisti che si lasciano guidare dal loro estro in ogni aspetto. Nella maggioranza dei casi, però, queste persone sono accomunate da una grande passione per il lavoro che fanno. E questa passione è contagiosa.

Come si svolge una tua giornata lavorativa tipo?

Appena arrivato in ufficio incontro il resto del team per fare il punto sui progetti a cui stiamo lavorando. È il momento migliore per aggiornare i colleghi sugli sviluppi della giornata precedente ed il lavoro che serve fare nelle ore a venire. Dopodiché, a seconda delle esigenze e della fase di sviluppo, mi occupo di grafica o di design. Per la grafica lavoro quasi esclusivamente con Blender e Photoshop; se invece devo lavorare al design di un gioco produco appunti, disegni e testi finché non focalizzo un’idea consistente che poi formalizzo.

Nelle fasi centrali o dopo la release di un progetto produco semplici strumenti software o fogli di calcolo per aiutarmi ad analizzare le statistiche di gioco e bilanciare il gameplay in modo da non rendere il gioco troppo facile e noioso o troppo difficile e frustrante. Durante queste attività sono spesso affiancato da componenti più “tecnici” del team.

Il  lavoro cambia parecchio di giorno in giorno, a seconda della fase di sviluppo e dei problemi da risolvere. In generale quello che faccio è trovare soluzioni di fattibilità ai problemi di design che si presentano nel corso della produzione.

Come è considerata questa figura in Italia?

La struttura dei team di sviluppo italiani è del tutto analoga a quelli del resto del mondo. In essi il game designer copre un ruolo importante poiché è colui che progetta il funzionamento del gioco e del sistema su cui si basa.

Come ti aggiorni?

Personalmente sfrutto risorse online e blog di altri sviluppatori per rimanere aggiornato sui cambiamenti e le novità. Inoltre penso sia importante partecipare a forum e gruppi di discussione con altri sviluppatori per scambiare pareri idee ed esperienze. Anche in queste occasioni mi capita di scoprire articoli interessanti o libri che mi permettono di rimanere al passo.

Allo stesso tempo è utile prestare attenzione ai prodotti che vengono rilasciati sul mercato per farsi un’idea dei loro punti di forza e delle loro debolezze, anche alla luce del responso dei giocatori.

Due libri sul game design interessanti per iniziare sono:

- The Art of Game Design di Jesse Schell

- Game design Workshop di Tracy Fullerton

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Luca Orioli

Mi chiamo Luca, classe '83, esperto di comunicazione, giornalista free lance e 'startupper' da una vita con una decina di progetti chiusi nel cassetto che stanno lentamente prendendo forma. Appassionato di fotografia e serie tv, ho una formazione umanistica e l’estremo bisogno di vedere cose nuove.
Qualche anno fa, terminata l’Università [degli Studi di Milano, laurea in Scienze dei Beni Culturali], mi sono ritrovato un po’ spaesato nell’affacciarmi sul mondo del lavoro. Leggevo annunci dove ricercavano account, responsabili risorse umane, project manager o community manager, etichette che sembravano nascondere un mondo, ma per me completamente prive di significato. Dopo diverse esperienze ho intrapreso la strada che sto percorrendo oggi, ma da quel momento è rimasta l'esigenza di tradurre in parole comprensibili il mondo delle professioni. Così nasce il mio blog, Lavoro in Corso.

Vuole essere un Virgilio nella giungla dell'impiego, una traccia per esplorare il panorama del lavoro tra professioni emergenti, opportunità sommerse, esperienze vissute e capire in cosa consiste un determinato profilo, come intraprenderlo, quale percorso fare e le competenze necessarie per arrivarci.

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