Lavoro, la professione del Food Startupper
Economia

Lavoro, la professione del Food Startupper

Come è capitato già diverse volte di parlare qui su Lavoro in Corso, il mondo delle startup non è “relegato” al solo settore della tecnologia e del digitale. La moda che si è creata negli ultimi anni intorno a questo …Leggi tutto

(Credits: StreetSushi)

Come è capitato già diverse volte di parlare qui su Lavoro in Corso, il mondo delle startup non è “relegato” al solo settore della tecnologia e del digitale. La moda che si è creata negli ultimi anni intorno a questo termine è un po’ fuorviante; come segnalato dalla definizione che ne dà Wikipedia – si identifica l’operazione e il periodo durante il quale si avvia un’impresa - ogni impresa in fase di avviamento è una startup e ogni impresa oggi esistente è stata in passato una startup, che sia di giocattoli piuttosto che bottoni o alimentare poco importa.

Nei giorni scorsi ho parlato con Sara Roversi, che insieme ad Andrea Magelli ha intrapreso un’interessante avventura imprenditoriale che tutt’ora cresce e si evolve. Li hanno definiti “imprenditori seriali”, vediamo cosa vuol dire e cerchiamo di capire in cosa consiste una delle loro principali attività, quella di food startupper.

La tua formazione e la tua esperienza: dai banchi di scuola ad oggi…
I banchi di scuola erano quelli del Liceo Galvani di Bologna prima, poi quelli della European School of Economics in Italia e a New York. Esperienze formative e intership in America ed in Europa. Tornati dagli Stati Uniti, quanto più entusiasti possibile, abbiamo dato vita prima a Lifeinaclick, un progetto di emotional marketing che ancora oggi esiste e cresce, e poi a Sosushi Italia, ora la catena in franchising di ristorazione giapponese più diffusa in Italia. Col tempo sono arrivate nuove idee e insieme a loro è nata You Can Group, che ora racchiude tutti i progetti in campo food, digital e design: Soul Factory, Bologna Food Boutique, le recentissime Dolcevita e Cartabianca, e ancora Molo Design Workshop.

Com’è nata l’idea di realizzare un progetto per diffondere il food made in Italy nel mondo?

è nata nel tempo, dopo che da più Venture Capitalist ci è stato detto: “Non vendete tecnologia a noi americani, ne abbiamo fin troppa. Portateci le vostre eccellenze”. Quali? Le 3 F che contraddistinguono il Made in Italy: Fashion, Food e Forniture. Abbiamo scelto la seconda, per attitudine, passione e cultura: siamo nati in una città in cui il cibo è tradizione, gusto e ritualità, in cui il cibo è quasi un’icona.

Come nasce l’idea di far partire ogni singolo progetto?

Ogni idea nasce da uno stimolo, da una suggestione, da qualcosa che abbiamo visto o sperimentato; nasce dalla percezione di poter soddisfare un desiderio; prende vita viaggiando, confrontandoci con culture diverse, con il nostro staff, formato da ragazzi giovani e preparati; fiorisce dall’energia trasmessa ogni giorno dai nostri bambini che sono l’essenza stessa dell’entusiasmo e del futuro.

Quali sono gli elementi distintivi dei vostri progetti?

Sono tutti figli della stessa azienda, per questo hanno per costituzione una matrice comune pur possedendo ognuno la propria unicità. Sosushi nasce ad esempio come progetto di ristorazione giapponese sì, ma creativa nella sperimentazione food, giovane nella sua immagine e attenta al mondo femminile. Bologna Food Boutique sa di tradizione, di cose buone fatte in casa ed è nata dall’amore per la nostra città. Soul Factory invece vuole innovare il concetto di ristorazione collettiva diventando un luogo in cui la pausa lavorativa viene vissuta come un momento di stimolo, relax e incontro, non solo il momento per un pasto veloce e frenetico; qui il cibo è ristoro per corpo e mente. E così per ogni progetto, ognuno di essi ha alla base una propria specificità che lo rende diverso e nuovo.

I vostri progetti si basano esclusivamente sui prodotti o toccano anche altre corde, più emozionali sul consumatore? E come?

Un tempo “nutrimento” era sinonimo di sostentamento. Oggi il cibo non è più riducibile a questo: oggi il cibo è piacere, è divertimento, è intrattenimento, è esperienza. Ci piace parlare di eatertainment. Quindi no, non parliamo solo di prodotti, ma di veicoli di soddisfazione, creazione di valore e significato. Abbiamo messo emozione in tutto ciò che abbiamo fatto e abbiamo cercato di trasmetterla. Tutto ciò che ne è risultato probabilmente si giustifica dal fatto che noi stessi viviamo il lavoro, ciò che facciamo tutti i giorni, come un modo per riempire di senso la nostra quotidianità e il rapporto che abbiamo con le persone; è il nostro modo per ricaricare le energie, potrà suonare mieloso, ma il lavoro è la nostra linfa.

Come è sviluppata la vostra realtà?

Se dovessimo disegnare un grafico di come si sviluppa oggi la nostra realtà imprenditoriale, avremmo al vertice You Can Group, che fa da cappello a tutti gli altri progetti classificabili in tre macrocategorie: Food, Digital e Design. Ognuna di queste aree conta al suo interno diverse realtà: per il food abbiamo Sosushi Italia, Bologna Food Boutique, Soul Factory, Dolcevita e l’embrionale Lasagnette; se guardiamo al Digital c’è Lifeinaclick e il suo complesso ed articolato panorama di progetti; infine a parlare di design è Molo Design Workshop, la costola europea  per noleggio e rivendita della Canadese Molo Design. Ogni realtà prende poi forme diverse e ha il suo business model: sicuramente tutti i progetti partono con i primi punti vendita di proprietà, per poi affacciarsi al franchising dopo circa due anni di rodaggio.

Quali sono gli step per avviare un punto vendita?

Il punto vendita si può dire sia solo la punta dell’iceberg, prima di poter entrare materialmente in un nuovo locale si devono percorrere passi fondamentali quali la fase di ricerca di mercato, l’analisi del target, quella di sviluppo e progettazione del concept (affinato per ogni nuovo caso specifico), lo studio d’immagine (coordinata al marchio, ma personalizzata rispetto alla nuova realtà nascente), poi ancora la formazione dei nuovi affiliati, la scelta del personale, per un processo molto complesso, ma di certo sempre molto stimolante.

Come supportate i vostri affiliati?

Dipende molto dalla tipologia di progetto. Intraprendere un’avventura imprenditoriale come aprire un punto vendita è qualcosa che richiede grande impegno, consapevoli di questo prevediamo per i nostri affiliati una formazione strutturata e puntuale, capace di abbracciare tutti i campi di interesse: dalla gestione pratica di un pdv alle tecniche di vendita, dalle norme sanitarie vigenti al rapporto con il cliente, dall’utilizzo della cassa alle tecniche di comunicazione. Solitamente la formazione ha una durata che va dalle 2 settimane a un mese, in cui il nuovo affiliato affianca praticamente il nostro staff, imparando sul campo le pratiche per far funzionare un punto vendita.

Che riscontro hanno le vostre realtà in Italia e all’estero?

Sosushi ad oggi è la catena in franchising di ristorazione giapponese più diffusa in Italia e l’anno scorso, con l’entrata di Clear Leisure Ltd. in società, abbiamo deciso di investire maggiormente su uno sviluppo diretto della catena. Sosushi è anche un progetto che oggi è pronto a guardare all’internazionalità, è maturo per farlo. Parallelamente, tutti i progetti che sono ora in incubazione nascono pensando proprio a questa esportabilità, questo non perché non si voglia investire sul proprio Paese, ma perché l’Italia ha abitudini culturali, relativamente al cibo, che sembrano non essere ancora pronte ai consumi diversificati e alternativi che invece gli altri Paesi conoscono. Prendiamo l’Inghilterra ad esempio, la cultura gastronomica di un inglese medio, a causa di una tradizione dalle radici meno radicate, è molto più aperta: un cittadino inglese a pranzo può decidere di mangiare pietanze indiane, giapponesi, italiane, tailandesi o un semplice sandwich senza avvertire una particolare esoticità o stravaganza nella propria scelta. E’ questa apertura culturale che fa del panorama internazionale un terreno fertile per chi, come noi, fa della sperimentazione food la propria mission aziendale.

Quali sono i progetti per il futuro?

Se pensiamo al nostro futuro pensiamo a progetti che mettano al centro la relazione e la condivisione “reale” tra le persone. Siamo ben consapevoli che anche le relazioni mediate attraverso un Social abbiano un valore reale ed importantissimo, ma ci piace pensare ad un’evoluzione che guardi ad un ritorno alla persona e al lavorare in collaborazioni tangibili: pensiamo a coworking che siano luoghi in cui le persone ogni mattina si incontrano e si confrontano intorno ad un tavolo dandosi stimoli reciproci, scambiandosi idee e suggestioni. Pensiamo a momenti di co-creazione e co-ideazione. Progetti come Dolcevita e Lasagnette, ad esempio, oltre a rappresentare nuovi food concept, guardano proprio in questa direzione: Lasagnette ad esempio è pensato principalmente come family restaurant, un luogo dedicato alla famiglia, dove essa possa riunirsi e godere di buon cibo; Dolcevita, segue invece l’idea della co-creazione, il cliente inventa la sua ricetta, è libero di farlo e gli viene regalata una vera esperienza di gusto.

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