Zuppe corroboranti e piatti nutrienti per rimettersi in forze, carne di cervo e prodotti locali. Guida ai luoghi cult dove si mangia bene in alta quota. E la vista panoramica è inclusa nel menu.
Dopo la visione de Le otto montagne, il film di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch tratto dall’omonimo romanzo di Paolo Cognetti (Einaudi), che con quattro milioni di euro d’incassi si avvia a diventare la pellicola di culto di fine 2022, ci sentiamo tutti un po’ montanari. Così, insieme all’impennata delle vendite di ciaspole e camicie di flanella a quadri in stile valligiano vintage, nelle ultime settimane c’è stato il boom delle prenotazioni di settimane bianche e weekend gourmet in alta quota.
Un tempo i rifugi erano luoghi, come indica il nome, nati per «accogliere l’escursionista in cerca di un riparo per dormire in montagna» spiega Carlo Alberto Zanella, presidente del Cai Alto Adige. Un tetto e un focolare in cui bisognava «saper accettare la frugalità» sottolinea Marco Albino Ferrari, scrittore, già fondatore di Meridiani Montagne e da poco direttore editoriale e responsabile delle attività culturali del Club Alpino Italiano. Col passare del tempo, questa spartanità in alta quota si è ammorbidita. E i rifugi oggi continuano a dare riparo, ma offrono anche «esperienze di gusto». Mantenendo però intatto lo spirito e la tradizione. Ristorante di montagna con vista, sì, ma con un menù che propone i grandi classici locali.
Tavoli apparecchiati di fronte a Dolomiti e cime innevate dove degustare anche vini di ottima qualità. Ne è un esempio l’iniziativa «Sommelier in pista» che, da gennaio ad aprile, in Alta Badia offre addirittura l’opportunità di conoscere i migliori vitigni dell’Alto Adige sciando da un rifugio all’altro, accompagnati da una guida e da un sommelier esperto. Insomma, oggi lungo tutto l’arco alpino i cultori del food locale hanno davvero di che sbizzarrirsi. Quasi difficile scegliere dove andare…
Oltre confine, un super classico rimane l’Hospiz Alm Restaurant di St. Christoph am Arlberg: qui a 1.800 metri nel comprensorio austriaco di St. Anton, paradiso dei patiti dello sci alpino, si pranza e si cena in una rustica stube tirolese o all’esclusivo tavolo per 12 nella Wine Dome, cantina strepitosa che custodisce le bottiglie più adatte per accompagnare le delikatessen dello chef David Kurz, fra le quali spiccano la sella di cervo e le Schnitzel, le croccanti cotolette alla viennese.
A Zermatt, in Svizzera, la stazione sciistica più alta d’Europa, lo stellato Chez Vrony è uno degli indirizzi più apprezzati, soprattutto per la grande terrazza affacciata sul Cervino, a quota 2.130: raggiungibile dalla pista blu numero sei, la «baita» merita una visita per la corroborante Gerstensuppe, la zuppa d’orzo, o il Bundner dei Grigioni, un tagliere di carne secca, pancetta, speck e formaggi d’alpeggio, il tutto servito con burro fresco, pane casereccio e vini del Vallese.
Mentre a 1.930 metri a Le Fornet, idilliaco villaggio immerso nel silenzio della neve in Val d’Isère, merita una sosta L’Atelier d’Edmond: uno chalet d’atmosfera con i tavoli disposti intorno a un camino centrale dove Benoît Vidal, premiato con 2 stelle Michelin, offre una sofisticata contaminazione fra ricette di montagna e nouvelle cuisine, fra gamberi di fiume con zabaione al pino, terrine di porri caramellati e gelato al fieno.
Se fra i ristoratori delle montagne italiane in tanti denunciano la sempre più diffusa abitudine dei gitanti di raggiungere le case-vacanza con bauli pieni di spaghetti e salse pronte, facendo concorrenza (di scarsa qualità) a chi vive di turismo enogastronomico, ci sono anche luoghi in cui – per non restare a piedi – è preferibile prenotare: è il caso del Rifugio Averau (2.413 metri), dal nome del monte del Gruppo del Nuvolau che sovrasta le 5 Torri, il Passo Giau e il Passo Falzarego, fra le Dolomiti ampezzane: un posto imperdibile, gestito dalla famiglia Siorpaes, dove arrampicarsi per un lunch o una cena al chiaro di luna a base di strudel salati, Casunziei farciti con rape rosse e semi di papavero, e l’aromatico Cerviglio, il coniglio disossato ripieno di cervo.
Nella topografia dei sapori escursionistici, spicca anche la proposta del Rifugio Luigi Gorza, un nido d’aquila gourmet a quasi 2.500 metri d’altitudine, all’arrivo della funivia Arabba-Porta Vescovo, con vista sulla Marmolada, sul Massiccio del Sella e il gruppo delle Tofane. Fra piatti vegani e senza glutine, si possono anche ordinare le tagliatelle al ragù di cervo e la Linzer torte.
Per sperimentare invece l’autentica cucina di malga, il posto giusto è la Gostner Schwaige all’Alpe di Siusi (1.909 metri), meta rinomata per la Heusuppe, la zuppa di fieno e fiori servita in crosta di pane, e il Kaiserschmarrn, una crêpe alta e soffice con confetture di mirtilli rossi e ribes o salsa di mele.
In Lombardia, a nord del lago di Como, nell’Alta Valchiavenna, il rifugio Mai Tardi sopra Madesimo (a circa 2 mila metri di quota) punta sul cibo montanaro rustico, fra pizzoccheri, polenta taragna e spezzatino d’autore. Mentre la Société Anonyme de Consommation di Pila-Gressan, che domina dall’alto dei suoi 1.800 metri la città di Aosta, accoglie gli ospiti con una ricca selezione di prelibatezze doc, come il risotto mantecato al Bleu d’Aoste, l’arrosto di capocollo con patate alla senape e la «fiocca» con la grappa e le castagne.
La filosofia del ristoro «come una volta» ispira il menu del Meira Garneri, una vecchia baita nell’incantevole Vallone di S. Anna di Sampeyre a 1.850 metri, fra le montagne del Cuneese, che d’inverno si raggiunge anche di sera con il gatto delle nevi o in motoslitta: mitici, qui, la polenta concia e le ravioles della Val Varaita.
E se infine si cerca un rifugio «fluido», sospeso fra cielo e lago e fra tradizione e modernità, c’è il nuovo Genziana sulle pendici del Mottarone, a circa 1.500 metri con vista sul Monte Rosa e a pochi metri dalle piste, dove a tavola arrivano in prevalenza prodotti del territorio selezionati dagli chef Francesco Luoni e Luca Vietti: come l’antica polenta di Beura, gli gnocchi di pane al prosciutto affumicato ossolano e i digestivi a base di erbe alpine. Ma alpine per davvero. n
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