Ultimare la scuola superiore, così come selezionare un ateneo, in un altro Paese del continente. L’«opzione estero» è sempre più scelta e apprezzata. Le classifiche delle destinazioni – secondo efficacia, economicità e soddisfazione degli studenti – mettono ai primi posti Spagna, Germania e Regno Unito. Ma ci sono varie sorprese…
Cominciano a viaggiare per l’Europa anche i figli della generazione Erasmus e vanno a studiare all’estero come papà e mamma che furono pionieri di questa diaspora del sapere. Mentre da noi si discute se il merito possa essere un criterio educativo gli spagnoli hanno capito che con la formazione ben organizzata – che si basa sul rispetto della persona e il buon vivere – si possono fare i soldi. Molti soldi. Il segreto è coltivare il piacere di vivere unito al piacere di apprendere.
Come si direbbe, un’operazione «win-win»: si migliora l’anima, si corrobora il corpo. Con due vantaggi, il maggior senso di libertà quando si sta fuori casa e l’acuita curiosità d’incontrare culture, modi di vivere diversi coltivando amicizie vere, oltre il recinto dei social. Anche se non ha le istituzioni educative migliori d’Europa – l’opinabilità delle classifiche sulla validità didattica delle diverse strutture di formazione è altissima – la Spagna di sicuro offre a chi studia le migliori condizioni di vita; e ora che la Brexit ha messo fuori gioco Londra a causa dei costi fuori controllo, Barcellona diventa la casa dello studente migliore d’Europa. Lo ha certificato una ricerca condotta da un gruppo di osservatori – sociologi, educatori, architetti, pedagogisti, economisti messo insieme dal quotidiano Le Figaro, il giornale della buona borghesia francese – colpiti dal numero di giovani che dall’Esagono vanno a completare una parte del loro curriculum oltreconfine; e dal fatto che la Spagna è diventata la prima opzione degli oltre 100 mila francesi che studiano all’estero.
Un fenomeno cui non sfuggono gli italiani, che dopo la clausura forzata dovuta al Covid hanno ripreso i voli della sapienza. La Spagna è in testa alle preferenze anche dei nostri ragazzi. Lo conferma una ricerca europea, così commentata dal vicepresidente della Luiss (l’università di Confindustria) Attilio Oliva: «Gli studenti vedono all’estero università che funzionano, investono, fanno bene ricerca, valorizzano i talenti. È questa la grande attrattiva che richiama oltreconfine. E sarebbe un bene se fosse solo sprovincializzazione, ma si rivela un preoccupante segnale se indica, come credo, sfiducia nelle nostre università».
Una sfiducia peraltro largamente immotivata, visto che le città italiane non si piazzano affatto male come conferma anche la ricerca francese. Resta il dato che gli studenti italiani aderenti ai programmi Erasmus sono circa 20 mila, ma ce ne sono quasi il doppio che l’università in Italia nemmeno la iniziano: s’iscrivono direttamente oltreconfine. E qui, come mette in evidenza il dossier di Le Figaro, emerge un problema: crescendo esponenzialmente i costi, all’estero vanno solo i figli delle famiglie che se lo possono permettere. Un parziale correttivo è dato dalle borse di studio che ricevono molti studenti del quarto anno delle superiori. È un numero in crescita: nel 2022 si è avuto un aumento del 15 per cento rispetto al 2019. Secondo Intercultura, almeno un terzo degli studenti italiani mostra questa propensione. Il 67 per cento predilige l’Europa – e di questi, quattro su dieci vanno in Spagna – un quarto opta per Stati Uniti e Canada, ma sono quelli che se lo possono permettere, perché un anno di soggiorno all’estero costa da minimo 11 mila fino a 20 mila euro e oltre.
I rimanenti scelgono altre mete con una certa prevalenza dell’America latina o di realtà anglofone – come Malta – che consentono una buona preparazione linguistica e costano meno della Gran Bretagna. Concorrente assai temibile della Spagna – dentro l’opzione Europa – è l’Irlanda. Gli studenti che tornano e vengono esaminati per vedere se in vista della maturità hanno carenze si laureano nel 90 per cento dei casi. Allora, per non sprecare un’occasione conviene documentarsi bene sulle mete migliori. La ricerca francese offre questo spaccato. Sono state prese in considerazione 30 città europee (considerando anche la Gran Bretagna) tra le più grandi e facilmente raggiungibili – i piccoli atenei o quelli storici non stanno nell’elenco, è un peccato soprattutto per l’Italia che ha autentici gioielli – e sono stati assunti alcuni parametri per decidere dov’è meglio studiare: qualità della didattica, sicurezza delle città, opportunità di lavoro mentre si studia, costo e qualità della vita con una forte incidenza del clima sulla valutazione.
Facendo una tripartizione generale, si può dire che i Paesi anglosassoni sono i migliori per formazione, ma i più cari e con qualità della vita meno alta. Nei Paesi dell’ex blocco sovietico s’impara meno, ma si spende poco, quelli mediterranei sono gli Stati con il mix più equilibrato. Barcellona primeggia in virtù proprio di queste caratteristiche: buona scuola, ottima qualità della vita, spese ragionevoli, buon livello di sicurezza. Berlino è la seconda in classifica: ci sono validissime istituzioni formative, ma si spende molto e non si vive benissimo, anche sotto il profilo della sicurezza. La preparazione migliore la offre Londra, che occupa la terza piazza, ma è la più cara in assoluto e ha una qualità della vita non eccelsa. Quarta un’altra spagnola, Valencia, che sopravanza Madrid (quinta) perché ha una migliore qualità della vita. Amburgo, terza per livello d’istruzione (in questa classifica comanda Londra seguita da Berlino) precipita al settimo posto perché molto cara e non accogliente.
I detrattori delle università italiane leggendo questa ricerca si dovrebbero ricredere. Roma è ottava (settima per valore dell’insegnamento) ma premiatissima per benessere della vita (è sesta) anche se scivola sulla sicurezza. Budapest è nona in virtù dei costi, Milano quindicesima, ma è settima per qualità degli studi, e sopravanza Atene che però ha un primato interessante: è la città dove si vive meglio. Insomma, quando Socrate inventò il ginnasio peripatetico (apprendere camminando all’aria aperta) aveva visto lungo… Torino e Napoli sono quindicesima e sedicesima, appaiate in tutto tranne che per la qualità della vita dove prevale Napoli, però fortemente penalizzata sul fronte delle occasioni di lavoro. La soddisfazione è che precedono Bruxelles: la «capitale» delle istituzioni europee è solo diciassettesima: costa cara, non ha un alto grado di sicurezza e il suo livello didattico è abbastanza scarso.
