Ci sono artisti che chiudono un tour. E poi c’è G-DRAGON, che a Seoul non ha semplicemente messo il punto finale a una tournée mondiale: ha riscritto, davanti a centinaia di migliaia di persone, il concetto stesso di potere simbolico nel K-pop. Il gran finale di Übermensch non è stato un encore come tanti. È stato un atto di sovranità culturale.
Dopo 39 concerti in 17 città e 12 Paesi, 825 mila spettatori complessivi e una scala produttiva da arena globale, G-DRAGON è tornato a casa — al Gocheok Sky Dome — per dimostrare una verità che l’industria conosce da tempo ma raramente osa pronunciare così chiaramente: il K-pop contemporaneo esiste anche perché lui ha insegnato come farlo esistere.
Seoul come capitale (simbolica) del suo regno
Dal 12 al 14 dicembre, il G-DRAGON 2025 WORLD TOUR [Übermensch] IN SEOUL : ENCORE, presentato da Coupang Play, ha condensato l’essenza di un viaggio artistico iniziato mesi prima. Non una semplice scaletta di hit, ma una costruzione narrativa precisa, calibrata, emotivamente crescente. “PO₩ER”, “MichiGO (GO)”, “Crayon”, “Crooked”: brani che non sono solo canzoni, ma capitoli di una mitologia pop che il pubblico conosce a memoria.
Il momento finale, affidato a “Untitled, 2014”, ha fatto ciò che solo i veri grandi sanno fare: fermare il tempo. Nessun artificio, nessun eccesso. Solo una voce, una storia condivisa e uno stadio intero sospeso.
Il ritorno dei BIGBANG: quando la storia sale sul palco
Il punto di non ritorno arriva con “HOME SWEET HOME”. Sul palco, a sorpresa, compaiono Taeyang e Daesung. Non è nostalgia. È continuità. È la dimostrazione che i BIGBANG non sono un ricordo da museo, ma un codice genetico ancora attivo nel DNA del K-pop.
“WE LIKE 2 PARTY” e “A Fool of Tears” trasformano il dome in una macchina del tempo emotiva, capace di parlare a generazioni diverse senza mai sembrare datata. In quel momento, Seoul non assiste a una reunion: assiste a un passaggio di testimone tra passato, presente e futuro — tutto concentrato nello stesso palco.
Übermensch: non un tour, ma una visione
Il concetto di Übermensch non è mai stato uno slogan. È stato un percorso. G-DRAGON lo ha tradotto in musica, scenografia, styling, ritmo. Ogni città ha avuto una configurazione diversa, palchi multidimensionali, LED wall monumentali, performance iconiche come la dragon bike. La moda — da sempre parte integrante del suo linguaggio — non ha accompagnato lo show: lo ha strutturato.
In un’industria che spesso confonde l’eccesso con la grandezza, G-DRAGON ha fatto l’opposto: ha usato la scala per dare senso, non per coprire il vuoto. Il risultato è stato uno dei pochissimi tour solisti K-pop capaci di reggere il confronto con i grandi colossi globali, da Nord America a Europa, senza perdere identità.
Il mondo secondo G-DRAGON
I numeri raccontano una storia impressionante: Tokyo e Osaka sold out totali dopo otto anni di assenza; Macau paralizzata da oltre 680 mila richieste di biglietti; Hanoi trasformata in un festival urbano con campagne cittadine a tema margherita; copertura mediatica internazionale, da Forbes agli OOH americani. Ma il dato più interessante non è quantitativo: è culturale.
Ovunque sia passato, Übermensch ha funzionato come un acceleratore di immaginario. Ha dimostrato che un solista K-pop può sostenere una narrativa globale complessa, stratificata, adulta. Senza compromessi. Senza diluirsi.
Parigi: la consacrazione europea
In questo disegno globale, Parigi ha avuto un peso specifico particolare. Non solo perché è stata una delle tappe europee più attese, ma perché ha rappresentato la piena legittimazione di G-DRAGON come artista globale capace di dialogare con il pubblico occidentale senza mediazioni. L’arena parigina ha risposto con un sold out netto, un’attenzione quasi museale alla costruzione visiva dello show e una partecipazione emotiva che ha superato la semplice dimensione del fandom.
A Parigi, Übermensch è apparso per quello che è davvero: un progetto artistico totale, leggibile anche fuori dai codici tradizionali del K-pop. Moda, performance, simbolismo e musica si sono fusi in un linguaggio comprensibile, potente, universale. Non adattato all’Europa, ma semplicemente portato in Europa, senza filtri. Un passaggio chiave che ha segnato il tour come qualcosa di più di una tournée asiatica “esportata”.
«Ho lavorato duramente. E il riscaldamento inizia ad aprile»
Nel suo saluto finale, G-DRAGON guarda già avanti: «Quest’anno ho lavorato davvero duramente. E anche voi. Il prossimo anno segna il 20° anniversario dei BIGBANG. Iniziamo a scaldarci da aprile». Non è un teaser. È una dichiarazione di intenti.
Il Übermensch Tour si chiude ufficialmente a Seoul, ma ciò che lascia aperto è molto più grande: una nuova definizione di longevità artistica nel K-pop. Non quella basata sul revival, ma sulla rilevanza continua.
E se c’era ancora bisogno di una prova, il finale di Seou l’ha fornita senza appello: G-DRAGON non è una leggenda “vivente” per modo di dire. È un re che governa il presente.
