Le reunion difficilmente sortiscono buoni risultati. Il (raro) caso più recente? I Faith No More: a distanza di 18 anni dall’ultimo album, la band di culto tra gli anni Ottanta e Novanta ha pubblicato il 19 maggio Sol Invictus (Reclamation/Ipecac/Self), cd strepitoso che li catapulta di nuovo nell’Olimpo del rock. Dice il batterista Mike Bordin, 52 anni, fondatore del gruppo di San Francisco nel 1982: “Domani ci aspetta l’unica data italiana (Sonisphere Festival, all’interno del Postepay Milano Summer Festival, Assago Arena Mediolanum Forum, ndr). Sarà fantastico essere di nuovo travolti dal vostro entusiasmo: è dal 2009 che non suoniamo da quelle parti!”.
È vero che l’idea per il nuovo disco è nata proprio durante l’ultima tournée?
“Sì, on the road abbiamo scritto un pezzo, Matador, che abbiamo proposto subito nei concerti; da lì è scoccata la scintilla per continuare a comporre”.
Com’è stato l’impatto di ritrovarvi sul palco dopo 14 anni?
“Uno choc! Sera dopo sera, però, l’intesa tra noi cinque è tornata perfetta e gli strumenti hanno ricominciato a sprigionare un’energia incredibile. Insomma, sembrava che non ci fossimo mai separati”.
In questi mesi state recuperando il tempo perduto: avete programmato oltre cinquanta date, tra Nord America ed Europa.
“Il numero minimo: la voglia di fare ascoltare ai nostri fan i pezzi inediti era esagerata”.
Perché?
“Perché siamo super orgogliosi di Sol Invictus. L’abbiamo realizzato con le nostre mani dall’inizio alla fine: l’abbiamo registrato e mixato nel nostro studio a Oakland, pubblicato con la nostra etichetta e a produrlo è stato Billy (Gould, il bassista, ndr). Lavorare senza pressioni ci ha permesso di esprimerci nella massima libertà. Risultato: il disco è esattamente come l’avevamo concepito”.
Cioè?
“Molto diverso dai precedenti: sarebbe stato troppo facile ripetere i riff che ci hanno portati al successo! L’album contiene tracce melodiche che si alternano a pezzi più dark e aggressivi ed è eclettico anche nei testi».
Il brano che interpreta meglio lo spirito del cd?
“Motherfucker. Lancia un messaggio politico forte – parla del senso di responsabilità che tutti noi non applichiamo abbastanza – e possiede la grinta di Epic, la hit con cui avevamo scalato le classifiche mondiali. Ormai è un vero e proprio inno da cantare a squarciagola: scommetto che su Motherfucker i cori di voi italiani, siete il pubblico più appassionato del pianeta, saranno altrettanto potenti”.
La prima cosa che farà quando atterrerà a Milano?
“Ordinerò un tiramisù o un gelato: i vostri dessert sono unici. Poi mi organizzerò per una visita”.
Dove?
“All’Expo! Abbiamo la fortuna di fare tappa nella città che ospita questo mega evento, sarebbe un peccato non approfittarne: quando mi ricapita l’occasione?”.
