El Bulli, quello che è stato il più famoso ristorante al mondo, pioniere della cucina molecolare, si trasforma e diventa un museo: elBulli 1846, dove il numero indica quanti sono i piatti inventati dallo chef fondatore, Ferran Adrià. La sede storica di Cala Montjoi, in Spagna, sarà quindi un laboratorio di divulgazione e didattica, generatore di idee per l’alta ristorazione.
Che Ferran Adrià fosse un artista lo aveva già decretato Roger Bürgel, curatore di Documenta 12, a Kassel, nel 2007, quando invitò il pioniere della cucina molecolare a partecipare, da protagonista, a una delle più importanti manifestazioni d’arte contemporanea. El Bulli, sopra Cala Montjoi, lungo la Costa Brava, era, all’epoca, il ristorante più famoso del mondo e Ferran Adrià, alla sua guida, uno dei cento personaggi più influenti del pianeta, secondo la rivista Time.
Da ragazzo voleva diventare calciatore, ma la sorte riservò a lui il ruolo di rivoluzionario dell’alta cucina. Ha decostruito le ricette, modificato la texture delle materie prime, creato nuovi equilibri e nuovi contrasti di sapori, sovvertito regole, giocato col paradosso e introdotto a tavola una semantica tutta nuova.
Un creativo. Un vero eccentrico. Il suo estro si è espresso in ravioli liquidi, uova cotte a freddo, gelatine calde e spume di tutti i gusti. La tavolozza dei suoi piatti non ha mai avuto argini.
Non stupisce, allora, che lo spazio del ristorante, chiuso ormai 12 anni fa, sia risorto recentemente come sede museale. «El Bulli non chiude, si trasforma» aveva annunciato lo chef catalano a un gruppo di studenti di Valencia poco prima che ai tavoli del leggendario ristorante venisse servita l’ultima cena. Era il 30 luglio 2011.
A due anni dal fermo del locale, Adrià e lo storico socio e direttore di sala Juli Soler costituivano una fondazione privata, con l’obiettivo di salvaguardare l’eredità del ristorante come fondo documentario, laboratorio di divulgazione e didattica e organo generatore di idee per l’alta ristorazione.
La conversione del ristorante in museo ha richiesto molto tempo. La lunga gestazione del progetto, la burocrazia lenta e, da ultimo, la crisi pandemica hanno giocato a sfavore. Ora, però, almeno per i tre mesi della stagione estiva in cui il museo apre al pubblico, Cala Montjoi torna a stuzzicare l’appetito di molti. Ma non cercate di prenotare un coperto. La nuova denominazione del luogo, elBulli1846, celebra il numero delle ricette create dal ristorante sotto la conduzione di Ferran Adrià. E già questo ci fa intendere che all’interno non ci sarà una ricetta numero 1847 pronta a titillare i nostri organi gustativi. Ci sono la cucina, notevolmente ingrandita per esigenze museali, la sala da pranzo, la terrazza, ma nessun servizio ristorante. E neppure la caffetteria. Le pietanze sono riproduzioni perfette realizzate con la tecnica giapponese del sampuru e le stoviglie sono sotto teche di vetro.
Lo spazio occupa una superficie complessiva di quattromila metri quadrati e il percorso museale, che si sviluppa tanto al coperto quanto negli spazi esterni, si compone di 69 installazioni artistiche che stimolano il visitatore a interrogarsi sul significato di innovazione, sul quali Ferran Adrià ha focalizzato la sua ricerca in campo culinario.
Una vasta raccolta di documenti, libri, fotografie, ritagli di giornale, trofei, oggetti e menu, esposta con scrupolo filologico, ci consegna il racconto della storia di El Bulli, testimonia l’immensa fama di cui ha goduto e l’eco che ha lasciato il suo passaggio. Le opere esposte comprendono anche un centinaio di disegni realizzati da Ferran Adrià e alcuni manichini che rendono omaggio ai «bullinianos», ovvero i collaboratori e tutti coloro che, negli anni, hanno partecipato alla rivoluzione di un calciatore mancato, di sommo talento. n
(I biglietti d’ingresso sono acquistabili online su elbullifoundation.com).