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E Lissner stecca al San Carlo

E Lissner stecca al San Carlo

Il sovrintendente dello storico teatro lirico napoletano è diventato bersaglio degli attacchi del governatore campano Vincenzo De Luca. Il motivo? Secondo le accuse, spese eccessive, stipendi non giustificati e una discutibile gestione dei finanziamenti. A difenderne l’operato (e a garantire ulteriori fondi) è invece il sindaco della città, Gaetano Manfredi. Un duello all’ultimo euro che sta diventando sempre più politico.


Servirebbe un nuovo Giuseppe Verdi o un Giacomo Puccini per musicare il melodramma che sta andando in scena al Teatro di San Carlo, il lirico napoletano fondato nel 1737. Non il Nabucco, non la Turandot, tanto meno l’Aida sarebbero in grado di sostenere il paragone: lo scontro tra il governatore campano, Vincenzo De Luca, e il sindaco del capoluogo, Gaetano Manfredi, è un’esplosione di acuti, assolo e colpi di tamburo che fan tremare l’aria. Con il primo deciso a prendere a cannonate – come un novello Horatio Nelson – l’attuale sovrintendente del Massimo, Stéphane Lissner, ex della Scala di Milano e dell’Opéra di Parigi; e il secondo impegnato in retroguardia a difenderlo e a mettere in salvo gli arredi buoni.

Il campo di battaglia sono i conti dell’ente che, secondo la Regione, non tornerebbero. Tanto che il rappresentante di Palazzo Santa Lucia nel consiglio di indirizzo della Fondazione, il professor Riccardo Realfonzo, ha recentemente bocciato il bilancio di previsione 2023 con una relazione durissima. Il documento, a suo dire, «evidenzia inefficienti utilizzi delle risorse, irregolarità di natura contabile, appostamenti non giustificati di risorse, possibili violazioni delle norme». E la stessa previsione «di un piano di assunzioni di personale» risulterebbe «di dubbia compatibilità con la normativa in materia e discutibile sostenibilità economico-finanziaria».

Contestate – nel rapporto – anche le previsioni in aumento delle entrate da bigliettazione e abbonamenti a fronte della chiusura del teatro, causa lavori, nei primi tre mesi del 2023, e «l’incoerenza tra somme dichiarate a credito della Fondazione e somme verificate a debito di enti terzi» oltre che gli «ingenti extra costi collegati ai contratti della dirigenza apicale». Per Lissner e il direttore generale, Emmanuela Spedaliere, nominata nel 2021, la spesa è di circa 400 mila euro all’anno: 240 mila per il sovrintendente (cui, sembra, sarebbe stato riconosciuto un bonus di 36 mila euro per l’alloggio, di cui però si sono perse le tracce nella sezione «amministrazione trasparente» del sito del teatro) e 150 mila per il direttore generale. Un profilo quest’ultimo che, tuttavia, non è previsto nello statuto della struttura. E che, già un anno fa, fece scatenare la cavalleria rusticana dello Sceriffo.

«Se qualcuno immagina di concepire il San Carlo come bottega privata si sbaglia» disse il presidente. «La Regione non è più disponibile a finanziare marchette, abusi d’ufficio, conflitti d’interesse e pretende una gestione rigorosa». E aggiunse: «Abbiamo verificato che il soprintendente ha deciso di attribuire a una persona che lavorava al San Carlo uno stipendio di 150 mila euro l’anno. È intollerabile che in una situazione di difficoltà economica qualcuno abbia lo stomaco di portarsi lo stipendio a 150 mila euro e di nominare una figura inutile».

Dal canto suo, Lissner sembra tranquillo – anche a dispetto dell’esposto firmato dagli uffici regionali alla Corte dei conti – per le autorizzazioni alla promozione della Spedaliere ottenute a suo tempo dal ministero della Cultura. Lo stesso cui oggi si sono rivolti i parlamentari di Forza Italia, Annarita Patriarca e Franco Silvestro, annunciando una interrogazione. «Bisogna fare assolutamente chiarezza sulla gestione economico-finanziaria del Teatro San Carlo» hanno scritto. «Invitiamo il ministro Gennaro Sangiuliano ad attivare tutti gli strumenti ispettivi in suo potere per verificare quanto denunciato dal rappresentante della Regione Campania nel comitato d’indirizzo della Fondazione». I rilievi, secondo i due esponenti azzurri, «delineano uno scenario di incertezza e di debolezza della struttura che non possono rischiare di minare la difficile fase di ripresa post-Covid».

Non mancano poi i veleni: un «corvo» ha inviato un dettagliato elenco alle autorità di controllo di presunte irregolarità in cui si parla anche di contratti facili ottenuti dal figlio di una manager della Fondazione. E Manfredi? Sta con Lissner. Tanto che, con un’aria di sfida, dopo aver convinto Unicredit a firmare un contratto di «main sponsor», ha addirittura invitato De Luca ad andarsene dal consiglio della Fondazione, se non è d’accordo su come si spendono i soldi (pubblici). «Nessuno è indispensabile, fatta eccezione del ministero che è il grande contributore» ha tagliato corto il primo cittadino. Che, quanto a soldi, è stato tutt’altro che parco con il San Carlo. Di fatto salvandone i bilanci. La Città metropolitana di Napoli, nel «previsionale 2022», aveva immaginato un finanziamento di 5,3 milioni di euro per il Massimo. Stesse cifre, all’incirca, che anche la Regione ha inserito in manovra, ma che non è detto che arrivino. Già da due anni, infatti, De Luca ha ridotto i contributi al San Carlo nel Piano strategico per la cultura passando dai 4 milioni del 2021 ai 2 milioni del 2022. Un taglio che certamente sarà confermato pure per il 2023. Appare inevitabile, insomma, che al San Carlo «nessun dorma» sogni tranquilli.

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