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L’annus horribilis dei teatri

L’annus horribilis dei teatri

La lirica che chiude «per pandemia», dalla Scala di Milano al Massimo di Palermo. La prosa, da Nord a Sud, senza prospettive anche nel 2021. Fino a quando il teatro italiano potrà resistere?


Non era mai successo dal Dopoguerra. Il Covid ha fatto calare il sipario anche alla Scala di Milano. La serrata imposta a cinema e teatri fino al 24 novembre, con l’ultimo Dpcm del governo, non ha risparmiato nemmeno la maggiore istituzione lirica del mondo. Al momento nessuno sa cosa accadrà dopo quella data e nemmeno il 7 dicembre, apertura della stagione con la Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti. La Prima rischia di saltare.

Intanto il Piermarini ha cancellato la presentazione del calendario. Troppe incertezze, ha detto il sovrintendente Dominique Meyer. Decine di positivi tra coristi e orchestrali avevano già obbligato a rivedere il programma, ma era rimasta l’intenzione di annunciare il nuovo calendario. Poi la doccia gelata della chiusura, che mette in forse persino il tradizionale appuntamento di Sant’Ambrogio.

La Prima è un appuntamento iconico per la lirica ma anche importante per il bilancio del teatro perché ha sponsor specifici e biglietti costosi. La Scala ha un budget di circa 130 milioni che dopo il primo lockdown, con tre spettacoli su 15 andati in scena, pensava di portare a 90 milioni, con un equilibrio tra minori entrate e riduzione delle spese, per chiudere il 2020 in pareggio.

La sospensione di novembre costringe a rivedere i conti. Le principali fonti di finanziamento del teatro meneghino sono la biglietteria (il 30% del pubblico è straniero) e gli sponsor, mentre le sovvenzioni pubbliche hanno un peso minoritario. Quindi se il pubblico diminuisce gli effetti sono pesanti. Finora, fanno sapere dalla Scala, gli sponsor hanno confermato il loro sostegno ma la crisi economica potrebbe compromettere, in futuro, la capacità delle imprese di contribuire alla cultura.

Dopo il lungo lockdown da marzo a giugno, un altro mese di stop rischia di essere fatale per un settore già in ginocchio. E se per il cinema la situazione è grave, per il teatro è drammatica. Una decisione presa dal governo, nonostante i sacrifici delle strutture per adeguarsi ai protocolli sanitari e i dati che dimostrano la sicurezza in cui si svolgono gli spettacoli. Un monitoraggio dell’Agis su 347.262 spettatori di 2.782 spettacoli tra lirica, prosa, danza e concerti, nel periodo dal 15 giugno ai primi giorni di ottobre, ha rilevato un solo caso di contagio da Covid.

L’Agis ha dovuto ulteriormente abbassare le stime disastrose per la fine del 2020. Un annus horribilis, con mancati incassi per 151 milioni (oltre il 76%) a circa 46 milioni, a fronte degli oltre 197 milioni del 2019. Per la lirica le perdite sono di circa 81,7 milioni (-76,66%): da 106,6 milioni di botteghino del 2019 a 24,8 milioni del 2020.

Un bilancio pesantissimo per un settore che conta 142.000 occupati, l’1,6% della forza lavoro del Paese. Nessuno azzarda previsioni su quel che accadrà dopo il 24 novembre, al termine del blocco. Ma si teme già per il 2021. Fa paura l’imprevedibilità della pandemia e la scia nera che si porta dietro, la crisi economica generalizzata e con essa il rischio del crollo degli abbonamenti e della perdita degli sponsor, il calo del turismo culturale.

«Si parla tanto del 2020, che comunque abbiamo fronteggiato anche grazie ai fondi speciali dello Stato, ma il bilancio di previsione per il 2021 prevede per le 12 fondazioni liriche una perdita d’incassi di 61 milioni di euro» dice preoccupato il presidente dell’Anfols, l’associazione degli enti lirici e sovrintendente del Teatro Massimo di Palermo, Francesco Giambrone. «Non possiamo presentare la stagione 2021 perché la perdita da biglietteria è così elevata che non ci sono le condizioni per compilare il bilancio di previsione. Andiamo avanti alla giornata».

Giambrone sottolinea la grave situazione degli artisti scritturati, che quando lo spettacolo è cancellato perdono il cachet e non hanno neanche un ammortizzatore sociale. Gli fa eco il sovrintendente della Fenice di Venezia, Fortunato Ortombina, che spiega cosa significa bloccare per un mese l’attività. «Per novembre avremo mezzo milione di mancati incassi invece di un guadagno di 2,5 milioni». In tempi normali la Fenice conta 150 spettacoli l’anno e pubblico da ogni parte del mondo.

Il 2020 si chiuderà con perdite per 8,5 milioni di euro rispetto agli 11 milioni attesi di botteghino. Ortombina però non ci sta ad alzare bandiera bianca: «Daremo continuità alla programmazione. Forse con lo streaming come abbiamo fatto a giugno. Ha funzionato bene, nessuno spettacolo è stato annullato. Il pubblico ci è stato molto vicino. Mai come in questo periodo abbiamo sentito di essere un bene per la collettività».

Sullo streaming ha puntato il Petruzzelli di Bari che fino al 24 novembre, metterà gli eventi, gratuitamente, sulla pagina web della Fondazione e sulla piattaforma Facebook, mentre il Massimo di Palermo manda in onda i concerti con coro e orchestra su una web tv. A Milano, l’Elfo ha anticipato le prove di progetti futuri. «Noi non ci fermiamo, non sarà un mese vuoto. Le prove degli spettacoli continuano. Inoltre, per dare un segnale sul valore e la funzione pubblica del teatro, viene rafforzato l’ambito educational» spiega il neodirettore del Piccolo di Milano, Claudio Longhi. «La pratica teatrale vive solo in presenza ma si può comunque alimentare una riflessione con letture ad alta voce e laboratori di drammaturgia online».

Longhi però non nasconde la sua preoccupazione: da febbraio a giugno i mancati incassi sono ammontati a 2,134 milioni, mentre per gli spettacoli annullati dal 24 ottobre le perdite saranno di oltre 75.000 euro di biglietti venduti e circa 38 mila di biglietti prenotati.

Per molti teatri, il Dpcm significa continuare il blocco mai interrotto da marzo. È stata la scelta a Roma del Teatro Eliseo, dell’Ambra Jovinelli, del Brancaccio e dell’Olimpico che nel dubbio sull’evoluzione della pandemia avevano posticipato l’apertura all’autunno. Il Teatro di Roma riprende l’attività in streaming e in voce con Radio India, una stazione radiofonica aperta durante il lockdown con gli artisti delle compagnie Oceano Indiano al Teatro India. «La stagione online ha registrato più di un milione di contatti e 500 mila visualizzazioni. Riprendiamo questa esperienza, in attesa di tornare sul palcoscenico. Il futuro fa paura» afferma il consulente artistico del Teatro di Roma, Giorgio Barberio Corsetti.

Contro nuovi blocchi, allo scadere del Dpcm i teatri privati alzeranno un sipario di protesta, in presenza e virtuale, con una maratona di 24 ore di incontri, in contemporanea dal palco del Teatro Sistina a Roma e in altre dieci città. Tra scaramanzia e protesta, per farsi finalmente ascoltare.

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