Teiere, unicorni e miracoli

C’è un vizio di fondo, mi pare, nella piega che da qualche tempo in qua ha preso la discussione pubblica tra teisti e atei a proposito di Dio. Al di là delle obiezioni per così dire politiche, che meriterebbero (e …Leggi tutto

C’è un vizio di fondo, mi pare, nella piega che da qualche tempo in qua ha preso la discussione pubblica tra teisti e atei a proposito di Dio. Al di là delle obiezioni per così dire politiche, che meriterebbero (e meriteranno) altre riflessioni, è la discussione fondamentale che risulta spesso insensata fin dal suo porsi, e per insensata intendo ferma a un nodo non solo irresolubile, ma affrontato con strumenti concettuali del tutto inadeguati da entrambe le parti.

Tanti argomenti antiteisti che trovano dimora retribuita su libri, giornali e mezzi assortiti di pubblicazione suonano come il celebre argomento della teiera di Bertrand Russell: chi sostiene che Dio esista è paragonabile a chi ribalti – fallando logicamente – l’onere della prova della sua non esistenza sugli interlocutori atei, esattamente come chi dicesse che in orbita nei cieli vi fosse una teiera così piccola da non poter essere rilevata nemmeno dai più accurati strumenti di osservazione a disposizione dell’umanità. Una versione più lisergica dell’argomento equipara la convinzione dell’esistenza di Dio a quella dell’esistenza di un unicorno rosa invisibile. Un Russell in minore d’oggidì, l’ineffabile Piergiorgio Odifreddi, celiava tempo fa in modo analogo circa il fatto che – se davvero la Madonna fosse ascesa al cielo – dovremmo poterla osservare con qualche telescopio o, in mancanza di tale riscontro, dichiarare insensata tutta la questione.

Argomenti come questi mi fanno venire in mente un prete che conobbi da ragazzo, il quale si diceva convinto che gli atei fossero ciechi e sordi. “Non è evidente” – chiedeva retoricamente, di solito durante qualche passeggiata in montagna – “che Dio esiste? Non risplende nel creato? Non è l’universo tutto un grande miracolo che dimostra la sua esistenza?”

Insomma: la questione di Dio è tale che possa ritenersi risolta, in un senso o nell’altro, attraverso l’osservazione (o la non osservazione) di un factum positum? Constatata la mancanza di tracce astronomiche della Madonna ascendente al cielo, possiamo ritenere chiusa la questione di Dio? O, al contrario, ritenerla evidentemente risolta dal fatto stesso che l’universo c’è e, talvolta, risplende di innegabile bellezza?

Mi interesserebbe, finalmente, cominciare a discuterne con qualcuno che rispondesse no a tutte queste domande.

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Marco Beccaria

Marco Beccaria è nato a Milano nel 1967. Sa fare passabilmente tre cose:  insegnare filosofia e storia al liceo, discutere oziosamente di massimi  sistemi e il master di Dungeons & Dragons. Meno bene riesce a  giocare a pallacanestro e ad andare in bicicletta, il che non gli  impedisce di trarre godimento da entrambe le attività. È sposato con  Raffaella e vive tra i colli piacentini e Milano.

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