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(Ansa)
Tecnologia

Scommesse, la tecnologia è un prezioso alleato del gioco illegale

Il volume di affari è enorme per le piattaforme fuorilegge che garantiscono l'anonimato e sfruttano app di messaggistica come Telegram e WhatsApp

Un pianeta invisibile che viaggia al fianco del mondo reale, si basa sull'anonimato e muove un volume di affari che l'Agenzia delle Dogane dei Monopoli quantifica in circa 18,5 miliardi di euro di scommesse clandestine. È la realtà del gioco illegale online, che ruota attorno a migliaia di piattaforme non autorizzate ma spesso collegate a siti legali. Grazie ai vantaggi che garantiscono a chi è caccia di sistemi efficaci per ripulire soldi o, più semplicemente come i calciatori finiti nel filone del 'calcio e scommesse' (altra storia rispetto al calcio-scommesse del passato), emozioni forti da tenere nascoste in virtù di una professione che vieta il gioco, questi portali hanno proliferato con il passaparola, privilegiando determinati ambienti in cui bisogna agire nell'ombra e mantenere il riserbo assoluto.

Negli ultimi giorni sono diventati popolari portali come worldgame365.me ed evoz9.fx-gaming.net, siti su cui avrebbero scommesso Tonali e Zaniolo. Ma si tratta soltanto della cima della piramide, nel senso che è molto lungo l'elenco delle piattaforme non autorizzate dall'Autorità dei monopoli di Stato (Aams), che quindi sono privi di controlli e non tutelano chi scommette. Ma perché questi portali sono così diffusi?

Va considerato che i sistemi illegali permettono di scommettere su qualsiasi sport e non richiedono nessuna forma di registrazione o dati da fornire, poiché tutto è imperniato sull'anonimato e perciò sono sufficienti un account e una email fittizia per iniziare a puntare senza limitazioni. La tecnologia è un alleato prezioso per chi gestisce il gioco illegale, perché di norma si sfruttano applicazioni di messaggistica come Telegram e WhatsApp per far interagire gli scommettitori con il banco. Nei canali privati dell'app, con le comunicazioni protette dalla crittografia end-to-end (solo chi invia e riceve il messaggio può leggere il contenuto), vengono diffuse le quote e definite le puntate, con gli amministratori che poi inviano i link che rimandano al portale utilizzato per scommettere.

A livello tecnico, si può facilmente intuire quali siano le piattaforme illegali, che di norma non hanno un dominio italiano (.it), proprio perché non in linea con le normative di gioco previste dall'Agenzia delle Dogane dei Monopoli. I meno avvezzi potrebbero non accorgersi delle differenze, anche perché questi siti riportano le consuete diciture delle piattaforme regolari, con un distinguo importante: invece di licenze rilasciate dalle autorità italiane, si rifanno a enti esteri, con preferenza per Malta e i paesi caraibici, non proprio noti per le leggi stringenti e relativi controlli nel settore del gioco online. Sfruttano, quindi, una vetrina pressoché intoccabile che può far cadere facilmente in errore, mentre dall'altro lato assicura la privacy che cerca chi vuole muoversi senza lasciare tracce.

Si può intuire, dunque, quanto gli affari siano floridi per le organizzazioni che gestiscono le scommesse illegali, considerato che chi si rivolge a queste piattaforme è un malato di ludopatia che gioca senza sosta, oppure un criminale interessato a ripulire fondi provenienti da attività fuorilegge. Il problema è che a rimetterci è l'intera collettività, perché il gioco illegale riduce la quota destinata allo Stato: secondo un recente studio firmato Luiss Business School di Roma e Ipsos, la cifra sottratta alle casse dell'erario è superiore a 1 miliardo di euro.

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Alessio Caprodossi