Simboli ad alta fedelta’

Voi tutti saprete, se siete anche minimamente informati sulla cosa, che le Marche sono una regione assai spezzettata e plurale, e che questa evidenza fisica, storica e geografica si ripercuote poi per forza di cose anche sull’identità e sull’autopercezione di …Leggi tutto

Voi tutti saprete, se siete anche minimamente informati sulla cosa, che le Marche sono una regione assai spezzettata e plurale, e che questa evidenza fisica, storica e geografica si ripercuote poi per forza di cose anche sull’identità e sull’autopercezione di sé che abbiamo noi abitanti di quella regione. In particolare, per venire al punto, è complesso fare qualsiasi discorso rappresentativo di un livello regionale; ed è pressoché impossibile trovare un simbolo condiviso da tutti.

Non a caso, lo stemma della Regione Marche è un papocchio indecoroso, sia nella forma sia nella sostanza: nella sostanza, perché raffigura un picchio, animale totemico dei Piceni, popolo che ha abitato e plasmato la zona meridionale delle Marche ma che non ha alcuna relazione identitaria né con la parte al di sopra dell’Esino, che fu invece popolata dalla tribù gallica dei Senoni, né con la città di Ancona, che è pur sempre il capoluogo regionale; nella forma, invece, è proprio brutto e fatto male. D’altronde questi rilievi sono già stati sollevati da molti altri, e la questione prima o poi – si spera – verrà risolta con l’adozione di un nuovo blasone.

Il problema è, appunto, cosa metterci (siamo gente difficile)? Lasciamo stare tutte quelle vecchie cose araldiche, quegli scudi smaltati e colorati, che sono gradevoli da vedere – con i loro pali d’argento in campo rosso, rastrellati d’argento, coronati d’alloro o di quercia, adorni di leoni rampanti o quel che è – ma che non vogliono più dire nulla da quel dì. La soluzione democristiana, e in linea teorica non campata in aria, sarebbe quella di aggiungere al picchio un gallo, facendo così tutti contenti. Ma anche questa idea è a forte rischio di pasticcio grafico; in più, siamo chiari, chi è interessato a picchi o galli nel 2013? Sono simboli graficamente validi, richiamano qualcosa? A mio parere no.

Qualche tempo fa sono capitato ad Urbino e sono andato a visitare l’Oratorio di San Giovanni, gioiello del gotico internazionale, grazie soprattutto agli affreschi dei fratelli Salimbeni di San Severino Marche; mi vergogno di dire che finora, alla mia età, non l’avevo visto, ma sono contento comunque di aver messo fine a una tale mancanza. Quello che volevo dire, in ogni caso, è che le mirabili pitture sono piene di cani: ce n’è uno nella Crocifissione e almeno tre nelle varie scene della Vita di San Giovanni Battista. Questo, dopo qualche giorno, mi ha fatto concludere che la risposta alle domande sollevate sopra, e che in apparenza non hanno alcuna attinenza col gotico, è “Cane”.

Un cane sarebbe infatti un ottimo simbolo per la regione Marche, sia per la simpatia che esso istintivamente suscita, sia per le interessanti ripercussioni sul marketing e il merchandising (siti internet, produzione di pupazzi, ecc.), sia soprattutto perché è effettivamente corretto in senso storico: da un certo punto in avanti, infatti, diciamo dopo la “normalizzazione” quattro-cinquecentesca delle Marche pontificie, la regione – prima, paradossalmente, famigerata a causa della proverbiale infidelitas Marchianorum – diviene nota per la propria fedeltà, raffigurata in certe carte storiche proprio dall’allegoria del cane (vedi per esempio https://www.mbmaps.net/mappe/100/276.jpg).

Ma non pretendo di avere ragione, anche se in effetti ce l’ho, e di aver fornito ai creativi della mia regione l’idea giusta, anche se l’ho fatto. Mi accontento invece di stimolare il dibattito su un tema che ha la sua importanza, e che un domani mi dedichino una saletta nei palazzi del potere locale e forse una scalinata stretta e pittoresca in qualche borgo di collina.

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Tommaso Giancarli

Nato nel 1980, originario di Arcevia, nelle Marche, ho studiato Scienze  Politiche e Storia dell'Europa a Roma. Mi sono occupato di Adriatico e  Balcani nell'età moderna. Storia e scrittura costituiscono le mie  passioni e le mie costanti: sono autore di "Storie al margine. Il XVII  secolo tra l'Adriatico e i Balcani" (Roma, 2009). Attualmente sono di  passaggio in Romagna.

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