Una ragazza affidabile
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Silena Santoni, ‘Una ragazza affidabile’ - La recensione

Un romanzo lucido e affranto sul tempo che passa, l’imprevedibilità del destino, il rapporto tra femminilità e sorellanza

Costruito abilmente come una di quelle sceneggiature che mescolano presente e passato per ricomporre il mosaico solo alla fine, l’esordio di Silena Santoni è un atipico thriller psicologico travestito da memoir familiare. In un groviglio affettivo sempre sul punto di esplodere, il peso della rimozione - il più tipico dei nostri meccanismi di difesa, il più imperfetto - ha modellato l'identità di Agnese e Micaela che dopo tanto tempo, a quasi sessant’anni, si ritrovano a Firenze per sistemare le carte di un’eredità.

Una bambina vecchia, una vecchia bambina

Alla metà di casa ereditata dalla zia, Agnese, sorella minore e voce narrante, ha deciso di rinunciare. Lei vive ad Ancona con il marito e due figlie ormai grandi. È il prototipo della donna realizzata, laureata e sposata, borghese, benestante: Una ragazza affidabile definisce se stessa, caricando però fin dal titolo quella parola - affidabilità - di una sfumatura scivolosa, inquieta. L’opposto, ancora a sessant’anni, è Micaela, libera e trasgressiva, spiantata ma emancipata (egocentrica, patetica, “cristallizzata in una dimensione di eterna adolescente” pensa di lei Agnese osservando la lunga treccia grigia che le incornicia il volto).

Le due sorelle sono il doppio l’una dell’altra. La breve, forzata convivenza fa esplodere il fuoco di un rancore scritto addirittura nella genetica delle donne di famiglia. Da nonna Agnese la maggiore ereditò la sfolgorante bellezza, la minore soltanto un brutto nome. Il permissivismo materno regalò a Micaela un’indole ribelle, ad Agnese una assennatezza precoce. La dicotomia, destinata a esplodere durante l’adolescenza, si traduce quasi sempre nel dominare gli altri o subirli. Micaela è una leader dal formidabile potere seduttivo, Agnese diventa ciccio bomba e si rifugia nello studio. Il narcisismo fallì con lei in pieno nella missione di regolare l’autostima.

Oggi però è tutto diverso. Il fallimento economico e sociale di Micaela è certificato dalla sua casa, dal suo lavoro di venditrice di carabattole ai mercatini di modernariato. D’altra parte nella vita si miete ciò che si è seminato, diceva il saggio Cicerone. Alla saputella Agnese piacciono le sentenze latine, che ha sempre sputato in faccia alla sorella anche per rimarcarne la distanza, la superiorità intellettuale. Ma allora perché “la montagna mi balza addosso come un animale domestico che non riconosce il padrone”, si chiede paventando un attacco di panico sul treno. Silena Santoni ricostruisce la psicologia delle sorelle con secche pennellate e similitudini come questa, raffinata, bellissima.  

Strategia della tensione emotiva

Mentre il diario di Agnese procede a zig zag, alternando il racconto delle giornate fiorentine alle schegge del passato, riaffiorano tumultuosamente l’insicurezza e l’invidia, l’attrazione e l’emarginazione, l’umiliazione, l’autodistruzione. "Pede poena claudo" diceva Orazio, per continuare a giocare con le citazioni. Il castigo (il senso di colpa) arriva, magari malfermo, lungo i percorsi tortuosi che muovono dalle macerie del tempo sotto cui era seppellito. E quando arriva costringe le sorelle a scoperchiare il nodo che ha imbrigliato le loro vite, e a guardarsi reciprocamente allo specchio. Scopriranno che l’angoscia primaria, quella legata al tempo che passa, le avvicina più di quanto siano disposte ad ammettere.

Il flashback di Agnese si sofferma in particolare sugli anni del liceo e dell’università, illuminando uno squarcio di anni Settanta tra idrolitina e circo Pizzica, Jimmy Fontana e Patty Pravo, austerità e discoteche improvvisate nelle cantine del centro storico fiorentino. I moti studenteschi del Settantasette nella Sapienza occupata, culminati nella battaglia tra militanti extraparlamentari e servizio d’ordine del sindacato durante il comizio di Luciano Lama, sono raccontati con vivida partecipazione, prestando una credibile voce alle varie anime del movimento. E non manca un accenno alla mortificante evoluzione di quell’epoca di lotte, che dalle aule universitarie consegnò molti nelle braccia rispettivamente della lotta armata e dell’eroina.

Firenze, cuore geografico di questo romanzo, vive anch’essa in dialettica con il suo passato. La città grigia di pietra e di bugnato e quella sfavillante di vetrine e multietnica di colori. Le viuzze buie e sudicie che in un’epoca non lontana sfociavano in Santa Croce e la cupola di San Lorenzo che ancora si staglia contro il cielo azzurro. Ma ci sono anche altri luoghi chiave dal punto di vista simbolico. La fuga nella basilica di San Francesco ad Arezzo dà ristoro all’anima di Agnese in subbuglio grazie alle forme armoniose di Piero della Francesca; il Catinaccio tinto di rosa che si rabbuia d’improvviso è la bella metafora di una meteoropatia sentimentale sempre in bilico fra estasi e disperazione. 

Un romanzo anticonformista

Una ragazza affidabile è un romanzo antimoralista. L’autrice non parteggia per le proprie (anti)eroine, non risolve le antinomie di sentimento e ragione, rabbia e pietà, ordine e fantasia, dipendenza e indipendenza, bene e male, eros e thanatos, femminilità e parentalità. Ed è un romanzo anticonformista. Non si cura di lasciar ruotare le figure maschili attorno all’ego drammaticamente rigonfio di Agnese e Micaela. Gli uomini qui sono un po’ come quei telamoni posti a sorreggere i pilastri degli edifici rinascimentali. Simboleggiano Atlante con il mondo tutto sulle spalle eppure non sono che un ornamento appena sbozzato, senza spessore. La complessità e le contraddizioni, le lacerazioni emotive e le meschinità sono tutte riservate al codice affettivo femminile. 

Per questo mi piacerebbe, in un sequel immaginario, che Santoni dedicasse qualche pennellata introspettiva anche ai protagonisti maschili. Per esempio Gianfranco, il marito di Agnese, l’adulto senza una sbavatura a cui lei riserva i surrogati della passione: il rispetto, la cura dei figli, la stima, la solidità economica. È, almeno lui, appagato? Oppure Sergio, il cugino dal ciuffo biondo sempre dalla parte dei giusti, oggetto d’amore idealizzato ma poi vinto dal richiamo della carne. Oppure il commissario della caserma altoatesina, braccato dal raffreddore e dalla solitudine, che sempre per uno di quegli scherzi del caso diventa l’unico custode della fragile verità di una ragazza, Una ragazza affidabile

Silena Santoni
Una ragazza affidabile
Giunti
276 pp., 18 euro

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Michele Lauro