Apple e Facebook in difesa della privacy sfidano le autorità
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Cyber Security

Apple e Facebook in difesa della privacy sfidano le autorità

Dura presa di posizione dopo il Datagate: porte chiuse alla NSA. Ma sarà vero?

I big della rete hanno espresso da tempo la volontà di limitare l’accesso ai dati dei propri utenti da parte delle agenzie di sicurezza. Etichettate come complici della NSA subito dopo il Datagate, le aziende hanno cercato di difendere a più riprese la propria innocenza, affermando come le azioni della National Security Agency fossero al di fuori delle proprie autorità, quasi impossibili da identificare se non fosse stato per le rivelazioni di Edward Snowden della scorsa estate.

Nell’ottica di aumentare il distacco dal governo dopo lo scandalo, Apple, Facebook e Google stanno aggiornando le proprie politiche di sicurezza, con l’obiettivo di informare tempestivamente le persone sulla quantità e qualità di informazioni richieste dagli organi di controllo fatta eccezione di casi "particolari" in cui un ordine del giudice stabilisca il mantenimento del segreto per specifiche indagini (come nei casi di terrorismo).

Allo stato attuale sembra questa la posizione più condivisa dalle compagnie coinvolte nel Datagate: non verranno seguiti i “suggerimenti” del governo statunitense, dell’NSA e partner, di tenere la bocca chiusa circa la richiesta di informazioni, come era avvenuto in passato quando la scusa del terrorismo poteva effettivamente reggere. Le aziende che hanno già cominciato ad informare la propria utenza su ciò che i governi e le agenzie vogliono (attraverso i cosiddetti “rapporti di trasparenza”) hanno capito che in precedenza gli investigatori, grazie al silenzio sulla richiesta dei dati, riuscivano a monitorare persone anche non indagate, violando i principi basilari della privacy. Ora non più.

Uno degli avvocati della Perkins Coie, che rappresenta diverse compagnie hi-tech, ha detto al Washington Post: “E’ un decisione che serve a fermare la raccolta sfrenata dei dati a costo zero”. Il metodo non implicava infatti alcun onere per chi otteneva le informazioni, se non quello di spulciarle dopo averle ottenute con una semplice richiesta con oggetto: “sicurezza nazionale”.

Ovviamente il Dipartimento di Giustizia non è d’accordo, convinto che la nuova presa di posizione dei big della rete non farà altro che rallentare le indagini e mettere in pericolo le vittime di reati. “In questo modo c’è il rischio di una distruzione delle prove o di azioni di intimidazione nei confronti dei testimoni” – ha detto Peter Carr, portavoce del Dipartimento, tirando in ballo un vero caso di polizia in cui le informazioni digitali potrebbero aiutare ad arrestare i colpevoli.

C’è da dire che le scelte delle singole aziende non influenzeranno le richieste fatte al tribunale del Foreign Intelligence Surveillance Act che regola (o avrebbe dovuto regolare) l’accesso della NSA e dei federali ai dati dei navigatori. Nonostante si attenda ancora da parte di Obama l’attuazione di nuove norme che regolamentino il raggio d’azione delle agenzie di spionaggio, le procedure in questi mesi hanno seguito l’iter abituale. Quello che è cambiato è che le aziende coinvolte hanno deciso di mettere a conoscenza i propri clienti del particolare iter e di ciò che comporta.

Secondo fonti vicine ad Apple, Facebook e Google, entro fine mese cominceranno ad essere diffuse le nuove norme di sicurezza che prevedono, tra l'altro, la ricezione di una email di notifica quando il proprio account diventa oggetto di richiesta di informazioni da parte di una struttura competente.

Qualcosa, rispetto al passato, si sta muovendo. I governi democratici hanno sempre reso noto agli individui, durante casi giudiziari, l’accesso a documenti sensibili, perquisizioni e sequestri. Purtroppo questa pratica non è sopravvissuta al passaggio al mondo digitale. Le aziende che gestiscono il traffico mobile, le piattaforme social e i servizi di chat ed email non avevano l'usanza di dire ai clienti quando gli investigatori raccoglievano i loro dati e con quale obiettivo. Ma l'aria pare essere cambiata ed ora potrebbero cominciare finalmente a farlo. 

 

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Antonino Caffo

Nato un anno prima dell’urlo di Tardelli al Mondiale, dopo una vita passata tra Benevento e Roma torno a Milano nel cui hinterland avevo emesso il primo vagito. Scrivo sul web e per il web da una quindicina di anni, prima per passione poi per lavoro. Giornalista, mi sono formato su temi legati al mondo della tecnologia, social network e hacking. Mi trovate sempre online, se non rispondo starò dormendo, se rispondo e sto dormendo non sono io. "A volte credo che la mia vita sia un continuo susseguirsi di Enigmi" (Guybrush Threepwood, temibile pirata).

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