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Reggio Calabria, i Bronzi contesi e un museo nuovo di zecca da inaugurare

Rush finale per la riapertura del Museo della Magna Grecia di Reggio Calabria. E intanto Firenze vorrebbe ospitare i Bronzi

Da combattenti a spettatori di un conflitto dai contorni talvolta surreali che non risparmia nemmeno l’ipotesi di un loro trasloco a Firenze, i Bronzi di Riace assistono alle ultime fasi della corsa ad ostacoli per riaprire l’antica casa, il Museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria, chiuso dal 2009 per restauri.

E' uno sprint finale che si condensa nei cinque milioni di euro appena stanziati dalla Regione, che andranno a gara per realizzare l’allestimento e l’impiantistica museale. Una somma che si aggiunge  ai quasi diciotto milioni messi a disposizione dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e ai sei del CIPE.

A queste condizioni il museo dovrebbe schiudere le sue porte entro l’anno. Ed entro l'anno i Bronzi –spostati nella sede del Consiglio Regionale della Calabria di Palazzo Campanella, in una sala di vetro dove sono stati restaurati sotto la vista del pubblico- dovrebbero trovare la collocazione definitiva.

In gioco c’è la credibilità della Regione, e soprattutto della soprintendente ai Beni Archeologici della Calabria Simonetta Bonomi: “a Natale apriremo la sala dei Bronzi, e entro la primavera presenteremo tutta la sede museale al completo. Senza ritardi: abbiamo dei precisi tempi contrattuali da rispettare ”.
In gioco però sembra esserci anche la patria potestà sui Bronzi stessi, dopo che la controversa proposta di Franco Cardini di “riportare” i due guerrieri a Firenze –qui furono restaurati e esposti dal ’75 all’80, e qui potrebbero trovare secondo lo storico una cornice espositiva più consona- ha scatenato un serrato botta e risposta tra il sindaco Renzi e il sottosegretario ai Beni Culturali Roberto Cecchi, favorevoli all'idea, e la Regione Calabria che l’ha definita come “impraticabile e impercorribile”.

Nessun atto o lettera formale ancora, ma sulle rive dello Stretto si assiste allo spettacolo con un misto di ilarità e un velo di apprensione.

Nuccio Schepis –restauratore reggino che, per due anni insieme a Paola Donati dell’ICR di Roma, ha minuziosamente rimosso la terra di fusione rimasta all’interno delle due statue– accoglie la polemica come un buon pretesto per ricordare ai reggini il valore di ciò che la città custodisce. E concorda con lui il professore Daniele Castrizio, parte di uno zelante gruppo di docenti universitari attenti nel monitorare i destini dei Bronzi, che però non esista a dichiararsi pronto alla guerra per difendere i due, purtroppo inermi, guerrieri, “come quando abbiamo strenuamente impedito che venissero spediti alla Maddalena in occasione del G8 del 2009”.

La polemica si placherebbe, forse, visitando il museo. Che promette, una volta aperto, di essere una sede di lustro per i due capolavori.

Paolo Desideri con lo studio ABDR (stazione di Roma Tiburtina, nuovo Teatro dell’Opera di Firenze) ha definito il progetto di restauro iniziale, stilato dalla Direzione regionale per i Beni Culturali, imprimendo una nuova personalità all’edificio.

Il museo nato dalla matita di Marcello Piacentini nel 1932, è ora più leggero ma non meno monumentale.

I quattro piani del palazzo si visiteranno in senso discendente, seguendo un percorso a ellisse che si snoda dall'alto verso il basso attorno ad un’alta corte interna: che è la vera novità del museo, un vano coperto a vetro e sostenuto da una complessa struttura reticolare di acciaio e carbonio –la cosiddetta tensegrity mutuata dall’interior design e adatta ad una vasta superficie di copertura- che farà da piano calpestabile al rooftop, munito di servizi di ristorazione.

I materiali, la struttura, tutto in questa corte centrale è stato pensato per creare un sistema di climatizzazione naturale, a impatto zero, generata per “effetto camino” grazie alla differenza di temperatura che si crea tra il tetto battuto dal sole e l’aria fresca degli scantinati. Un principio di bioclimatica che interessa tutto il museo.

La corte centrale è stata poi trasformata in “Piazza”, il nome dell’installazione dell’artista Alfredo Pirri che ha rivestito le pareti con superfici ritagliate e retrocolorate di un rosso quasi impercettibile, con l’effetto lieve di una luce aurorale che impregna l’aria.  
“Un palcoscenico –dice Pirri- dentro cui muoversi, stare, guardare e talvolta assistere al miracolo di tre tende che si aprono come un sipario per lasciare vedere i tre gioielli custoditi nelle stanze del museo: i Bronzi e la Testa del Filosofo”.
Un palcoscenico che misurerà la capacità di Reggio di tenersi stretta i suoi tesori.

Studio ABDR

Una nuova spazialità all'interno del museo

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