
Jackson Pollock, Number 17, 1950

Jackson Pollock, Untitled, c. 1950

Jackson Pollock, Untitled, c. 1933-1939

Mark Rothko, Untitled (Blue, Yellow, Green on Red), 1954

Adolph Gottlieb, The Frozen Sounds, Number 1, 1951

Bradley Walker Tomlin, Number 2 – 1950, 1950

Willem de Kooning, Door to the River, 1960

Helen Frankenthaler, Blue Territory, 1955

Arshile Gorky, The Betrothal, II, 1947

Philip Guston, Dial, 1956

Franz Kline, Mahoning, 1956

Lee Krasner , Untitled, 1947

Hans Hofmann, Fantasia in Blue, 1954

Jackson Pollock, Number 27, 1950, 1950

“Pollock e la scuola di New York”, l’allestimento nell’Ala Brasini del Vittoriano, Roma, 16 ottobre 2018
In mostra al Vittoriano uno dei nuclei più preziosi della collezione del Whitney Museum di New York: Jackson Pollock, Mark Rothko, Willem de Kooning, Franz Kline e gli altri rappresentati della Scuola di New York irrompono a Roma con tutta l’energia e quel carattere di rottura che fece di loro gli artisti – eterni e indimenticabili – del nuovo astrattismo Made in USA
Quando
La mostra apre al pubblico dal 10 ottobre 2018 al 24 febbraio 2019 nei seguenti giorni e orari:
Dal lunedì al giovedì dalle 9.30 alle 19.30
Venerdì e sabato dalle 9.30 alle 22.00
Domenica dalle 9.30 alle 20.30
La biglietteria chiude un’ora prima
Dove
Ad ospitare “Pollock e la scuola americana” il Complesso del Vittoriano Ala Brasini in Via di S. Pietro in Carcere, Roma
Perchè è interessante
Curata da David Breslin e Carrie Springer con Luca Beatrice, divisa in 6 sezioni, attraverso circa 50 capolavori – tra cui il celebre “Number 27”, la grande e iconica tela di Pollock lunga oltre 3m – la mostra è un susseguirsi di colori vividi, armonia delle forme, soggetti e rappresentazioni astratte che immergono e guidano i visitatori in un contesto artistico unico e originale: l’espressionismo astratto.
In mostra il frutto di una “rivoluzione” nata nel maggio del 1950, quando il Metropolitan Museum di New York organizzò un’importante mostra di arte contemporanea escludendo la cerchia degli “action painter”: questo scatenò la rivolta degli esponenti del movimento e proprio in questo clima di insurrezione e stravolgimento sociale l’espressionismo astratto divenne un segno indelebile della cultura pop moderna, attraverso il particolare connubio tra espressività della forma e astrattismo stilistico, elementi che influenzarono sensibilmente tutti gli anni 50’.
“Action painting” (“Pittura d’azione”) significa innovazione, trasformazione, rottura degli schemi e del passato e questa straordinaria mostra permette di riscoprire non solo il fascino di tale movimento, ma anche di rivivere emozioni e sentimenti propri di quegli artisti che hanno reso unico un capitolo fondamentale della storia dell’arte.
Jackson Pollock, chi è il padre dell’ “espressionismo astratto“
Considerato all’unanimità uno dei maggiori rappresentanti dell’ “action painting”, Jackson Pollock nasce a Cody, Wyoming, nel 1912
Le cronache riferiscono di un’infanzia difficile e itinerante, per i continui spostamenti della famiglia tra California e Arizona ai tempi della Grande Depressione, quando il padre era costretto a cercare lavoro dove capitava
Il giovane Jackson ha un carattere ribelle, ingestibile sia dalla famiglia sia dalla scuola, poco incline al rispetto delle regole e afflitto sin dall’adolescenza da ripetuti problemi di alcolismo: eppure, quando dipinge, è evidente a tutti il suo strepitoso e prematuro talento.
Alla metà degli anni Trenta incontra e si innamora di Lenore Krasner – anche lei artista – che sposerà solo nel 1945: quando la coppia si trasferisce a Springs, Long Island, la Krasner si dedica alla carriera del marito, diventando la sua principale promoter.
Ed è qui, in un nuovo studio ampio come un capannone industriale, che Pollock scopre il “dripping”, ossia un modo di dipingere del tutto inedito, un mix tra la ritualità di una danza indiana primitiva e la modernità di un’arte pre-performantica: le dimensioni dei quadri sono sempre più grandi, al punto da coinvolgere tutto il corpo nella realizzazione. Grazie alle foto e ai brevi filmati del regista tedesco Hans Namuth, ancora oggi restiamo affascinati e colpiti da come Pollock lavorasse alla pittura, stravolgendola rispetto ai canoni ordinari.
A quel punto Pollock è un artista di successo, tra i preferiti di Peggy Guggenheim, ma la sua vita sregolata e assurda interrompe prematuramente una sfolgorante carriera: l’11 agosto 1956, dopo l’ennesima notte brava, si schianta al volante della propria auto. Con lui muore una giovane donna, un’altra resta gravemente ferita.
Sono passati oltre sessant’anni dalla sua fine, eppure il mito di Pollock resta inscalfibile e sempre attuale: a lui e alla sua arte è dedicata tutta la prima sezione della mostra romana