Un diritto abominevole
ANSA/ANGELO CARCONI
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Un diritto abominevole

Perché ricorrere a una madre surrogata è malvagio, crudele e quindi inumano

Nella sua riflessione sulla maternità surrogata, Stefano Zecchi pesca non a caso una parola: mostruoso. Perché si tratta, secondo l'etimologia, di un "fenomeno contro natura fra gli uomini o nella natura". A questa definizione ne va aggiunta un'altra, a mio parere: ricorrere a una madre surrogata è estremamente malvagio, crudele e quindi inumano. Non conosciamo se e quanto Nichi Vendola e il suo compagno abbiano pagato la donna che ha partorito per conto loro il bambino, sappiamo per certo che hanno deciso di schiaffeggiare deliberatamente la legge italiana che vieta il ricorso a questa pratica. Hanno raggiunto il loro scopo perché fanno parte di una oligarchia ricca che ha permesso loro di calpestare il diritto italiano sfruttando i vicoli bui dell'ambiguità ipocrita che una legislazione internazionale lascia purtroppo aperti.

Una madre surrogata costretta dalle sue misere condizioni a firmare un contratto che prevede mille clausole per la sua "prestazione" rappresenta l'abominio dell'amore per un figlio. In queste fabbriche della California e o del Canada dove si vende il diritto a "soddisfare i tuoi sogni" (Fulfill your dreams) non c'è da "leggere attentamente" alcuna avvertenza, non ci sono "controndicazioni": il bambino non ha diritti. È un prodotto. Impera la crudeltà che recide il legame indissolubile che si crea con il cordone ombelicale, non ci si cura della simbiosi tra madre e figlio nell'atto in cui quest'ultimo si nutre dal suo seno, si rigetta alla radice l'idea che ci sia un patrimonio affettivo impiantato nei primi mesi di vita e destinato a rimanere per sempre. Nulla di tutto ciò. Al bando i sentimenti, al diavolo i diritti del bambino.

Andate su un qualsiasi sito americano, leggete la maniacale attenzione nell'elencazione dei costi. Alcuni esempi. La donna riceverà 4 mila dollari appena arriverà la conferma del battito del feto, un'altra paccata di dollari quando sarà scongiurata la minaccia di aborto, un assegno mensile di 4 mila dollari per tutta la gravidanza rinforzato di ulteriori 200 dollari per far fronte alle spese del parcheggio o del taxi quando dovrà recarsi dal dottore o se deve acquistare vitamine, senza dimenticare che tra la tredicesima e la sedicesima settimana bisognerà bonificare altri mille dollari per rifare il guardaroba della gestante. Il contratto sarà perfezionato sette giorni dopo il momento del "delivery", cioè del parto, quando sarà consegnata la merce, che molto incidentalmente è un essere umano indifeso, con il saldo dell'ultima rata. In questo impazzimento totale che pretende il trionfo dell'egoismo e la supremazia di "soddisfare i propri sogni" su ogni altro diritto, occorre recuperare il bene della ragione. Basterebbe in verità il buon senso, ma quello ahimé lo abbiamo già irrimediabilmente smarrito.

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Giorgio Mulè