Minatori turchi, Erdogan aggredito dai parenti delle vittime
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Minatori turchi, Erdogan aggredito dai parenti delle vittime

Il premier è stato costretto a rifugiarsi in un supermercato di Soma mentre la folla inferocita prendeva a calci e pugni la sua vettura. Per molti questa è la fine della lunga era del governo islamico

In Turchia sono giorni di dolore e di rabbia. Il numero delle vittime dell'esplosione nella miniera di Soma a Manisa sarebbero 282. E' il più grande disastro industriale del Paese e i parenti dei morti e dei feriti incolpano il governo del premier Erdogan per la tragedia, che secondo i sindacati poteva essere evitata se solo Ankara avesse adottato le misure di sicurezza della convenzione internazionale C176, che la Turchia finora non ha ratificato. Manifestazioni anti-governative e scontri sono esplosi nelle principali città turche, da Ankara a Istanbul.

L'unione dei lavoratori minerari ha indetto uno sciopero generale, ma intanto la piazza se la prende con il premier e con il suo partito, l'AKP. Recep Tayyip Erdogan è arrivato ieri a Soma, dove in serata è esploso un altro incendio che ha complicato ulteriormente le operazioni di salvataggio. Decine di parenti delle vittime lo aspettavano e lo hanno accolto con fischi e grida, chiedendo le sue dimissioni. La vettura sulla quale viaggiava il premier è stata presa a calci e pugni ed Erdogan è stato costretto a rifugiarsi in un supermercato, per evitare di essere aggredito fisicamente dalla folla inferocita.

La Turchia è sotto shock e fa il giro della rete una fotografia nella quale una guardia del corpo del premier prende a calci il parente di una vittima della miniera di Soma. Il quotidiano Today's Zaman, che ha posizioni opposte a quelle di Erdogan e segue la linea del rivale del premier, Fetullah Gulen, pubblica in prima pagina il j'accuse nei confronti del partito islamico AKP, dichiarando che l'esecutivo è direttamente responsabile per i morti di Soma, per i quali è stato proclamato un lutto nazionale di tre giorni. 

"A Soma non è stato un incidente, ma un massacro della privatizzazione", ha dichiarato Hasan Basri Ozbey, il segretario del Partito dei Lavoratori. La miniera di Soma è stata privatizzata ed è gestita da un'azienda del cerchio magico di Erdogan, che non ha mai brillato per il rispetto degli standard di sicurezza, tanto che recentemente l'opposizione aveva formalmente chiesto di istituire una commissione d'inchiesta sugli incidenti che troppo frequentemente si sono verificati a Soma. Ma la richiesta è stata bocciata dalla maggioranza parlamentare e adesso Erdogan dovrà affrontarne le conseguenze, proprio a poche settimane da un appuntamento cruciale per il suo futuro politico: l'elezione del presidente della Repubblica.

Privatizzazioni "selvagge". Di questo è accusato il premier turco, sospettato di aver elargito licenze e favori a imprenditori "amici". Il quotidiano Hurryiet ricorda che nel 2012 proprio il neo proprietario della miniera di Soma si è vantato di avere ridotto da 130 a 24 dollari il costo di una tonnellata di carbone dopo la privatizzazione. Un risultato raggiunto anche grazie alla fabbricazione in casa dei trasformatori e attraverso tagli del costo del lavoro. Il tragico risultato è che oggi la Turchia di Erdogan è il Paese dell'area europea con il più alto tasso di incidenti industriali.

La maggioranza dichiara che negli ultimi anni sono stati effettuati i controlli di sicurezza alla miniera e che tutto risulta a posto. Ma ora dopo ora emergono dettagli agghiaccianti sulla mancata protezione per i minatori. A Soma sembra sia esploso proprio un trasformatore "fabbricato in casa" e i sistemi di sicurezza sono andati in tilt. Un black out elettrico ha bloccato gli ascensori. La ventilazione non ha funzionato.

L'incendio è divampato e quasi 300 minatori hanno perso la vita tra le fiamme o per soffocamento. Le gallerie della miniera stanno ancora bruciando Il premier turco ha cercato di calmare gli animi promettendo una inchiesta "fino in fondo" su quanto accaduto a Soma. Ma ha anche buttato benzina sul fuoco affermando che i disastri nelle miniere sono "usuali" e citando stragi analoghe in altre miniere in Europa, Stati Uniti e Cina.

Una difesa troppo debole di fronte alla rabbia dei sopravvissuti e dei parenti delle vittime. Per adesso nessun ministro del governo di Erdogan ha fatto un passo indietro rassegnando le dimissioni. Sarà difficile, se non impossibile, per il premier riconquistare il suo elettorato in vista della prossima tornata elettorale. Da Istanbul voci sempre più insistenti ormai dichiarano che la lunga era di Recep Tayyip Erdogan sta volgendo al termine. 

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Anna Mazzone