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George Frey/Getty Images
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Viva il carbone: la scelta di Trump contro l'ambiente

Perché l'Epa di Scott Pruitt (che nega il cambiamento climatico) cancella il Clean Power Plan, caposaldo della politica ambientale di Obama

Come previsto, l'Epa (Environmental Protection Agency), l'agenzia federale Usa per la difesa dell'ambiente, è pronta a cancellare il Clean Power Plan.

Nel Kentucky, in una piccola città chiamata Hazard, il capo dell'Epa, Scott Pruitt, ha detto che l'amministrazione Trump farà carta straccia del piano ambizioso voluto da Obama per ridurre le emissioni inquinanti che causano i gas serra nelle centrali energetiche degli Stati Uniti. Il Clean Power Plan puntava a ottenere questo risultato soprattutto tagliando drasticamente l'uso del carbone.

RETORICA E IDEOLOGIA

Pruitt, che si è più volte vantato nel negare l'evidenza a proposito di cambiamenti climatici, ha pensato bene di esercitarsi nella retorica che tanto è piaciuta nei distretti carboniferi del paese durante la campagna elettorale di Trump, dicendo: "La guerra contro il carbone è finita".

COLPO DEFINITIVO AGLI ACCORDI DI PARIGI

Cancellare il Clean Power Plan significherebbe assestare un colpo durissimo sia alla politica ambientalista di Obama, sia ridurre notevolmente le possibilità (già ora piuttosto remota) di rispettare gli accordi di Parigi sul clima. Accordi che peraltro Trump ha già detto di voler abbandonare.

Pruitt è un nemico acerrimo del Clean Power Plan (e dell'ambiente, certo: un paradosso per un capo dell'agenzia che dovrebbe difendere l'ambiente). Da Procuratore generale dell'Oklahoma aveva condotto personalmente battaglie legali contro questo provvedimento ambientale dell'amministrazione Obama e aveva aiutato altri stati dell'Unione a condurre battaglie legali simili.

SECONDO PRUITT IL CLEAN POWER ACT NON ERA LEGITTIMO

L'argomento forte usato dall'attuale capo dell'Epa nelle sue offensive legali e politiche al Congresso contro il Clean Power Plan è il seguente: l'amministrazione Obama avrebbe valicato i limiti legali del suo potere nel tentativo di limitare l'emissione di gas serra dalle centrali elettriche. Del resto, le cause sono state così tante che lo scorso anno la Corte Suprema ha deciso di bloccare l'applicazione delle regole del Piano ambientale per lasciare che i vari tribunali chiamati a giudicare potessero prendere decisioni in materia.

L'idea di Pruitt e di Trump è agire in due fasi. Prima cancellare il Clean Power Plan e poi rimpiazzarlo (un procedimento che finora con l'Affordable Care Act o Obamacare ha provocato solo un fallimento bruciante dopo l'altro per Trump e i suoi).

CANCELLAZIONE, E POI?

Il provvedimento di cancellazione arriverà nelle prossime ore. Cosa succederà poi e se effettivamente verrà preparato un piano alternativo, non è chiaro. Probabilmente l'agenzia chiederà parere di organismi e amministrazioni locali, imprenditori, esperti prima di decidere se e come regolare l'emissione di inquinanti. Questo processo allungherà i tempi per eventuale azione da parte dell'agenzia.

Ci sono anche aspetti legali legati a precedenti provvedimenti vincolanti dell'Epa, per esempio quello che nel 2009 aveva stabilito che le emissioni dei gas serra rappresentano un pericolo per la salute e il benessere dei cittadini.

Secondo l'amministrazione Trump la cancellazione del Clean Power Plan consentirà un risparmi di 33 miliardi di dollari nel 2030, visto che le varie aziende energetiche non dovranno sostenere i costi della conversione.

I FINTI RISPARMI DELLA SCELTA DI TRUMP

Secondo Bloomberg.com i conti fatti dalle due amministrazioni tengono però conto di due contesti diversi. Per l'Epa di Obama le considerazioni andavano fatto su costi-benefici a livello globale, mentre per quella di Trump, il quadro è solo quello interno agli Stati Uniti. Quindi, per i nuovi padroni del governo Usa, quel che conta è l'eventuale impatto del cambiamento climatico dentro i 50 Stati dell'Unione.

Bloomberg tuttavia fa notare che i documenti disponibili dimostrano che cancellare il Clean Power Plan comporterà la rinuncia a benefici pari a 18,8 miliardi di dollari dovuti alla maggiore efficienza degli impianti nel 2030 e ad altri 500 milioni di mancati benefici in efficienza energetica.

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Luigi Gavazzi