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(Ansa)
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Tarfusser: «La mia battaglia, vinta, per la revisione del processo a Olindo e Rosa»

Il magistrato Cuno Tarfusser risponde alle domande sulla revisione del processo della strage di Erba, che aveva portato alla condanna all’ergastolo di Olindo Romano e Rosa Bazzi

La Corte d'Appello di Brescia ha accolto il ricorso per la revisione del processo sulla strage di Erba, che aveva portato alla condanna all’ergastolo di Olindo Romano e Rosa Bazzi, ritenuti colpevoli in tutti e tre i gradi di giudizio per gli omicidi di Raffaella Castagna, Youssef Marzouk, Paola Galli e Valeria Cherubini, oltre che per il tentato omicidio di Mario Frigerio, avvenuti l'11 dicembre 2006. La prima udienza per la revisione della sentenza, richiesta dai loro avvocati quasi 18 anni dopo la strage, si terrà il 1º marzo 2023. Durante questa fase, verrà esaminata anche la revisione richiesta del sostituto procuratore generale di Milano, Cuno Tarfusser, che sarà posta al vaglio dei giudici della corte di Appello di Brescia. Un intervento di 58 pagine costato a Tarfusser un procedimento disciplinare del CSM.

«Devo dire che quando ho saputo della revisione del processo della strage di Erba mi sono venuti i brividi» commenta Cuno Tarfusser.

È soddisfatto?

«La soddisfazione professionale è davvero enorme. Oltretutto mi ripaga di molte cattiverie e angherie che ho dovuto subire, immagino per invidia e gelosia, da quando quattro anni fa sono rientrato in Italia dopo essere stato per undici anni giudice della Corte penale internazionale».

Cosa non l’ha convinta degli atti del processo?

«Più leggevo e studiavo gli atti della "strage di Erba", più mi rendevo conto della debolezza delle tre prove che avevano determinato la condanna all'ergastolo. Questa debolezza è diventata inconsistenza alla luce dell'analisi delle prove con metodologie e tecnico scientifiche sviluppatesi in questi ultimi 15 anni nelle diverse brache della scienza forense e della tecnica investigativa. Quindi più studiavo più mi convincevo che quelle tre prove non giustificavano la condanna. Ora, con l'accoglimento della richiesta di revisione, la Corte d'appello di Brescia ha aperto la porta ad un processo e alla valutazione serena, distaccata e approfondita delle prove vecchie e nuove. Io sono molto fiducioso nella decisione che prenderà la Corte d'appello. La riapertura del processo (nel quale non ho un ruolo attivo) è stata una tappa fondamentale, ora bisogna celebrarlo».

Esattamente di quali elementi parliamo?

«Io ho fatto il pubblico ministero per tanti anni e in questi anni ho avuto modo di trovarmi ad investigare su gravissimi fatti di sangue. Quindi, leggendo gli atti di Erba due cose mi sono subito saltate agli occhi e mi hanno indotto ad approfondire ulteriormente: il fatto che a coordinare l'indagine sia stato colui che, credo per decenni, ha comandato la locale Stazione Carabinieri e quindi, a mio avviso, non era né "terzo", né "tecnico", e la circostanza che gli interrogatori dei due fermati, Rosa e Olindo, fossero stati condotti da ben quattro pubblici ministeri alla presenza anche del citato comandante la Stazione Carabinieri e quindi fossero stati condotti in una situazione di grande squilibrio e pressione, anche considerando il loro basso grado d'istruzione».

La riapertura del processo potrebbe anche cambiare l’eventuale esito del provvedimento disciplinare a suo carico…

«Il provvedimento disciplinare in cui sono incolpato di avere violato i doveri di correttezza, equilibrio e imparzialità e di avere violato il regolamento interno dell'ufficio è aperto, e ovviamente mi difenderò. Sono assolutamente sereno, convinto di non avere fatto altro che il mio dovere e con serenità e fiducia attendo il giudizio disciplinare».

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Linda Di Benedetto