La riforma costituzionale sarà la riforma dei privilegi speciali
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La riforma costituzionale sarà la riforma dei privilegi speciali

Le modifiche rendono intoccabili le Regioni a statuto speciale. Per Giovanni Maria Flick, presidente della Consulta, è uno dei motivi per votare No

di Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte costituzionale

Io non credo che la riforma costituzionale sia autoritaria: credo sia sbagliata. Aggiungo che trovo paradossale il fatto che anche chi la propone ne riconosca gli errori, sostenendo al tempo stesso la sua necessità e urgenza "perché bisogna cambiare".

In realtà mi sembrano molti i punti deboli della riforma. Uno di quelli più fragili e discutibili riguarda le cinque Regioni a statuto speciale, che nel nuovo testo vedono confermati, se non addirittura resi perenni, i loro privilegi: questi forse erano giustificati in un diverso periodo storico, ma ormai sono divenuti in buona parte anacronistici e paradossali, con buona pace della copertura internazionale (l'accordo De Gasperi-Gruber) per quelli dell'Alto Adige. Non si capisce pertanto, se non in chiave soltanto politica, la scelta di chi ha proposto il nuovo articolo 117 della Costituzione, che torna ad accentrare nello Stato un gran numero di competenze legislative (decentrate in misura eccessiva nel 2001) escludendo soltanto Val d'Aosta, Trentino-Alto Adige, Sicilia, Sardegna e Friuli Venezia Giulia.

È una scelta incomprensibile, se non alla luce dello scambio parlamentare evidentemente avvenuto tra la conferma dei privilegi e la minaccia di chi diceva: "Se ci toccate, non avrete i nostri voti". C'è chi sostiene che la riforma sia irrealizzabile in quanto non risolve il problema dell'incompatibilità tra lo status di consigliere previsto dagli statuti delle Regioni a statuto speciale e quello di senatore previsto ora dalla legge costituzionale di riforma. È però una polemica che a mio avviso non può scoppiare, perché ha decisamente le "polveri bagnate".

La nuova legge costituzionale, infatti, modifica implicitamente la legge statutaria precedente, prevedendo lo status di senatore e quindi superando l'incompatibilità stabilita negli statuti; a meno di voler creare una elegante controversia giuridica sul carattere speciale della legge precedente e quello generale della riforma. Certo, alla faccia della semplificazione perseguita, un po' più di chiarezza non avrebbe nuociuto.

Quello che invece la riforma garantisce diventerà praticamente intoccabile è tutto il resto di quegli stessi statuti. Nelle norme transitorie, all'art. 39 delle nuove disposizioni finali (capoverso 13), si legge infatti che gli statuti delle Regioni autonome non possano essere modificati se non "sulla base di intese con le medesime Regioni e le Province autonome". Quindi, se nulla faranno le cinque Regioni autonome, nulla potrà accadere loro. E non credo proprio i tacchini abbiano voglia di tirarsi il collo spontaneamente, per il Giorno del ringraziamento... (testo raccolto da Maurizio Tortorella)

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