provette sangue
(Humanitas)
Salute

L'algoritmo che «cura» le malattie del sangue

L'intelligenza artificiale aiuterà nelle diagnosi e nelle terapie: è il progetto GenoMed4All dell'ospedale Humanitas di Rozzano

Per chi teme, in futuro, di essere curato da un medico robot, chiariamo subito che questo non è uno scenario neanche lontanamente verosimile. Di certo, però, l'intelligenza artificiale è destinata a «collaborare», e sempre di più, con i medici. Per aiutarli a fare diagnosi precise e dettagliate, e a mettere a punto terapie personalizzate.

Con questo obiettivo è appena partito, a gennaio 2021, il progetto GenoMed4All di cui l'ospedale Humanitas di Rozzano, con il suo AI Center, è il coordinatore scientifico e clinico. Finanziato dalla Comunità europea con 10 milioni di euro, il progetto, che durerà quattro anni, coinvolge 70 centri di riferimento europei, tra cui una ventina in Italia, ed è il più grande piano europeo di intelligenza artificiale (A.I.) nel campo dell'ematologia, ossia le malattie del sangue: leucemie, linfomi e mielomi, ma anche patologie come l'anemia mediterranea e l'anemia falciforme, che sono ereditarie.

Che cosa farà esattamente la A.I. in questo programma internazionale, e in che modo aiuterà i medici? A spiegarci tutto è Matteo Della Porta, responsabile Leucemie e Mielodisplasie di Humanitas e docente di Humanitas University. «La diagnosi clinica di queste malattie di per sé è semplice. La sfida è differenziare i farmaci individuando il trattamento più efficace per ogni singolo paziente. La strategia di una terapia personalizzata consentirà di evitare molti fallimenti delle cure, contribuendo anche a una maggiore sostenibilità del sistema sanitario. È su questo che le nuove tecnologie possono dare una mano fondamentale».

In GenoMed4All, il punto di partenza è un data base vastissimo di dati biologi e clinici provenienti da migliaia di pazienti colpiti da malattie del sangue (anche grazie al coinvolgimento del network europeo EuroBloodNet per le malattie ematologiche rare). Una piattaforma tecnologica permetterà di condividere fra i partner che aderiscono al progetto tutta questa massa di informazioni sui malati, e ad analizzare e «interpretare» i dati sarà l'Intelligenza Artificiale.

Sofisticati algoritmi porteranno a diagnosi basate sul profilo molecolare e genetico della malattia nel singolo paziente, che verrà così curato secondo il profilo genomico della sua patologia. Un passo decisivo in più verso la tanto decantata (ma ancora difficile da attuare) medicina di precisione.

«Il fil rouge che collega tutte queste malattie del sangue, oncologiche o no, è la genomica» continua Della Porta. «Sappiamo che fra le cause ci sono alterazioni del Dna, ereditarie o acquisite. E proprio la genomica è la base per i programmi di medicina personalizzata».

Per fare un esempio: nel caso delle leucemia, si sa che esistono tantissime varianti genetiche diverse in ogni paziente. «E queste informazioni, grazie agli algoritmi, ci diranno meglio quale potrà essere la prognosi» spiega Della Porta. «Inoltre avere la "carta d'identità molecolare" della singola malattia ci aiuterà a scegliere meglio il trattamento, un farmaco utile piuttosto che un altro invece da evitare».

Un secondo punto fondamentale è la capacità dei «cervelloni» di studiare un numero amplissimo di geni e di individuare le mutazioni che hanno un ruolo chiave. «Negli ultimi anni, si è scoperto che nel 10 per cento dei casi la leucemia può presentare mutazioni ereditarie, responsabili di una predisposizione individuale un po' come succede nel caso del tumore alla mammella» continua lo scienziato. «E, dal momento che il trattamento si basa spesso sul trapianto di midollo, sapere che la leucemia di quel paziente è causata da un'alterazione genetica ereditaria è importante per la scelta del donatore. Potremo infatti scartare, fra i potenziali donatori della famiglia, quelli che hanno la mutazione, altrimenti il rischio è che la leucemia possa in futuro ripresentarsi».

Il progetto GenoMed4All, come si diceva, durerà quattro anni, un bel po' insomma. Il motivo: ottenere una validazione prospettica (ossia a lungo termine) e indipendente dell'efficacia di questi algoritmi. «È un passaggio clinico fondamentale, che ci permetterà di capire quali algoritmi funzioneranno davvero e quali no» conclude DellaPorta. «Quelli buoni li potremo applicare ai pazienti, quelli inutili li scarteremo».

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Daniela Mattalia