L. Ronzulli: "Si all'informazione, no al carcere per i giornalisti"
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L. Ronzulli: "Si all'informazione, no al carcere per i giornalisti"

L'europarlamentare del pdl durante il dibattito sulla libertà d'informazione ha richiamato l'attenzione sul caso Mulè

On. Licia Ronzulli, perché portare all'attenzione dell'europa la condanna per il direttore ed i giornalisti di Panorama per omesso controllo e diffamazione?

"Nel corso della Sessione Plenaria del mese di giugno sono intervenuta per richiamare l'attenzione sul caso del direttore Mule' e la normativa italiana che sanziona la diffamazione e l'omesso controllo con il carcere.  Ieri, nel corso del dibattito sulla liberta' di stampa e il diritto dei cittadini ad essere informati ho nuovamente chiesto alla Commissione Europea, rappresentata in aula dalla commissaria Reding, la necessità di riformare ed innovare  l'attuale sistema con l'obiettivo di garantire la liberta' d'informazione per tutti: operatori e cittadini.
 
Ho ancora una volta sollevato il caso del direttore Mulé e le norme italiane eccessivamente punitive; purtroppo ancora oggi numerosi Stati Europei prevedono il carcere per i giornalisti condannati per diffamazione.  Il dibattito ha affrontato anche il recente caso della chiusura della televisione pubblica greca e le sue conseguenze sul diritto d'informazione. Per poter presentare l'interrogazione orale ho dovuto raccogliere 50 firme tra i colleghi, ricevendo sostegno, oltre che dalla delegazione pdl, soprattutto da spagnoli, francesi e tedeschi. Il capogruppo PPE Daul é stato uno dei primi firmatari mentre nessun europarlamentare del Pd ha sostenuto questa iniziativa. Pertanto nel corso della Sessione Plenaria di Settembre si terrà un dibattito sulla depenalizzazione del reato di diffamazione".

Ecco l'intervento al Parlamento Europeo:

"Nel corso dell'intero dibattito abbiamo parlato del diritto dei cittadini a essere informati e del diritto alla libertà di espressione per i giornalisti.
Se si parla di stato di diritto dell'Unione Europea tutti i valori e i principi devono essere tutelati e garantiti nelle riforme.
Per una volta sono d'accordo con il collega Cohen-Bendit. C'e' bisogno di una riforma, una riforma globale però che assicuri i diritti di tutti: consumatori e operatori.
Purtroppo ancora oggi troppi Paesi Membri adottano normative eccessivamente rigide e non rieducative per il reato di diffamazione o addirittura di omesso controllo.
A questo proposito anch'io porto un caso italiano. Tra 59 giorni per il direttore Giorgio Mule' si apriranno le porte del carcere, colpevole di omesso controllo.
Il carcere non rispetta il diritto dei cittadini a essere adeguatamente informati e non tutela l'onore dei soggetti coinvolti.
Riformiamo ed innoviamo!
Si a sanzioni forti che prevedano la radiazione se la diffamazione è certa e provata. No ad ogni misura punitiva che limiti la libertà di stampa".

Questo invece il testo dell'Interrogazione con discussione presentata sempre da Lici Ronzulli il 4 giugno

"Ancora troppi Paesi Membri dell'Unione Europea adottano nei confronti del reato di diffamazione normative eccessivamente rigide e punitive. In Francia, ad esempio, è previsto il carcere nel caso in cui la persona offesa appartenga a una categoria specifica stabilita dalla legge, causando delle discriminazioni pesantissime e creando una tutela “a due velocità” dell'onore dei cittadini. Allo stesso modo la Germania prevede pene detentive che possono elevarsi fino a cinque anni, e in Spagna fino a due anni. In Italia negli ultimi mesi due direttori di giornale sono stati condannati a pene detentive poiché dichiarati colpevoli del reato di diffamazione o omesso controllo. In particolare il 26 settembre 2012 al direttore Alessandro Sallusti è stata comminata la pena di 14 mesi di reclusione per diffamazione, mentre il 23 maggio 2013 il direttore Giorgio Mulè è stato condannato a 8 mesi di carcere, senza sospensione condizionale della pena, per il reato di omesso controllo, cosi come i giornalisti Andrea Marcenaro e Riccardo Arena condannati a un anno di reclusione. Lo scorso 29 maggio il rappresentante per i Media dell'OSCE, Dunja Mijatovic ha affermato la necessità anche per l'Italia di intervenire per una rapida riforma della legge, depenalizzando il reato di diffamazione. La stessa rappresentante ha sottolineato che in una moderna democrazia nessuno dovrebbe essere imprigionato per quello che scrive. Sul tema in più di un’occasione anche la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha sentenziato che la reclusione per il reato di diffamazione è sproporzionata e dannosa per una società democratica, ricordando che i tribunali civili sono in grado di rendere giustizia a chi si ritiene danneggiato nella propria reputazione. Prevedere la reclusione per il reato di diffamazione impedisce la completa realizzazione del principio di libertà di espressione, con gravi ripercussioni sull’efficacia e la completezza della comunicazione in tutta Europa. Alla luce di quanto affermato, quali iniziative concrete intende portare avanti la Commissione Europea per sensibilizzare gli Stati membri sull'importanza di approvare norme equilibrate in materia, in grado di garantire piena libertà di espressione, il diritto dei cittadini ad essere adeguatamente informati e, al contempo, la tutela dell'onore dei soggetti coinvolti? Quali azioni ha intenzione di portare avanti la Commissione Europea affinché gli Stati Membri possano adottare spontaneamente linee guida comuni che depenalizzino il reato di diffamazione?"

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