Riforma della scuola: perché i precari sono diffidenti
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Riforma della scuola: perché i precari sono diffidenti

Continuità didattica, scatti, meritocrazia, lavoro a chiamata: le perplessità di Giuseppe Palatrasio, insegnante di sostegno e leader dei precari - La riforma della scuola - Videomessaggio -  Sondaggio

«Certo che sarei contento se, dopo 9 anni di precariato di cui 6 come insegnante abilitato, riuscissi ad avere un contratto a tempo indeterminato. Ma, vede, noi insegnanti, a questa politica degli annunci, siamo  assuefatti. Ne abbiamo sentite troppe di roboanti promesse in questi anni che, all'atto pratico, sono stati svuotate o addirittura ritirate. E allora siamo diffidenti. Vogliamo stare a vedere le ricadute pratiche prima di dare carta bianca a Renzi».

Giuseppe Palatrasio, insegnante di sostegno negli istituti superiori di Milano e provincia e leader del Coordinamento precari della scuola 3 ottobre, uno dei movimenti auto-organizzati più attivi del nostro Paese, non nasconde le sue perplessità di fronte a questa annunciata riforma della scuola del governo Renzi. 

«Ma soprattutto noi insegnanti ci chiediamo: qual è la contropartita? Se è vero che molti di noi potranno rimodulare il proprio progetto di vita sulla base di un contratto stabile, che cosa ci stanno chiedendo in cambio? Un contratto stabile ma anche un po' flessibile che non garantisce nessuna continuità didattica per poter seguire i nostri alunni? L'introduzione del lavoro a chiamata in due o tre istituti diversi, come sembra di leggere dietro la dicitura burocratica di organico funzionale? I nostri timori nascono qui: mica siamo scontenti se dopo dieci anni riusciamo ad avere un posto di lavoro meno precario di quello attuale che ogni 30 giugno veniamo licenziati per poi forse essere riassunti all'apertura del nuovo anno scolastico. Ma ne abbiamo prese troppe di fregature in passato per metterci a fare la ola». 

Qual è la vostra impressione?
C'è una perplessità legata alla dinamica salariale in un Paese che ha già gli insegnanti peggio pagati d'Europa e che peggiorerebbero ulteriormente la propria condizione se vengono tagliati gli scatti di anzianità. Ci dicono che vengono introdotti, al loro posto, non meglio definiti criteri meritocratici che giocoforza premierebbero una platea ridotta del corpo docenti, già malpagato. Noi, naturalmente, ci chiediamo quali criteri, con quale metro di valutazione. L'impressione è che, al di là del fatto positivo degli investimenti nella scuola, stanno buttando un po' di fumo negli occhi della gente

Eccoli, gli insegnanti contro la meritocrazia...
No, non siamo contrari in astratto alla valutazione degli insegnanti se questo è inteso come qualità della scuola ma è il discorso ideologico che c'è dietro che ci preoccupa: c'è uno Stato che bolla la sua classe insegnante come "poco meritevole" tanto che deve "incentivarla" togliendo a tutti gli scatti di anzianità e dando qualcosa ai pochi giudicati meritevoli. È lo stesso Stato che crea le classi pollaio, taglia materie e laboratori, taglia sul sostegno, taglia sul tempo pieno. Tutto questo non concorre a diminuire la qualità della scuola? Chi valuta allora il "merito" dello Stato nel suo lavoro nei confronti della scuola pubblica e dell'educazione in generale? Viene il sospetto che l'insegnante più meritevole per lo Stato sia  quello che con il suo lavoro e il suo impegno sia capace di "supplire" - e senza protestare - alle mancanze del sistema scolastico ed educativo che dovrebbe assicurare lo Stato

Non vorrà negare che spalmare gli aumenti su tutti penalizzi quelli che fanno bene il proprio lavoro ...
 Una cosa è dire che ci sono insegnanti cattivi o che non si sono aggiornati, cosa su cui tutti possiamo essere d'accordo, un'altra è introdurre fasce di merito e disparità nel corpo docenti legata a criteri di giudizio tanto vaghi quanto capricciosi, come la valutazione di un dirigente o l'acquisizione di crediti solo perché hai insegnato in quella scuola e non in quell'altra. Nel secondo caso crei solo differenze che non solo minano il senso di comunità e appartenenza dei docenti ma nel complesso peggiorano anche l'offerta complessiva di un istituto...

La mobilità nel provvedimento significa insegnare laddove ce n'è bisogno e dove esistono buchi di organico: contrari anche a questo?
La flessibilità contrattuale, così intesa, non garantisce nessuno, né gli insegnanti né gli alunni. L'introduzione degli organici funzionali, al di là del linguaggio burocratico, significa che un insegnante, ancorché stabilizzato, possa essere a disposizione di due-tre istituti contemporaneamente, a seconda delle varie esigenze. Che ne è della continuità didattica, del diritto dei ragazzi di avere gli stessi insegnanti in tutto il ciclo?  Quindi formalmente diventi di ruolo, di fatto lavori solo quando ne hanno bisogno i vari istituti. Chiedo ancora al governo: quando non lavori vieni pagato lo stesso?

L'obiezione è semplice: è un primo passo dopo molti anni. Perché state sempre sulle barricate?
Alt. Sarebbe stupido non vedere la novità: dopo molti anni vengano annunciati investimenti e non tagli. Ma voglio ricordare a tutti che solo qualche anno fa, nel 2008, con il ministro Gelmini,  furono tagliate 150 mila cattedre e tolti 8 miliardi di euro per la scuola. Li abbiamo sentiti, noi che ci lavoriamo, quei provvedimenti che hanno impoverito la scuola, qualsiasi fosse il colore dei governi che si sono succeduti. E sappiamo che cosa hanno significato, come lo sanno i genitori: classi pollaio, la mancanza di carta igienica, di fogli per i nostri alunni, di strumenti. Non è che Renzi inverte la rotta. Renzi cerca solo di dare un assetto un po' più stabile a una casa dove erano stati tolti tutti i mobili, se mi passa la metafora, con evidenti ricadute sulla qualità didattica di cui tutti si sono accorti. A cominciare dalle scuole elementari che, fino a qualche anno fa, erano l'eccellenza in Europa, con tre insegnanti per classe, e oggi, con l'introduzione del maestro unico, sempre più povere e prive di risorse...

Obiettano che il problema del sovraffollamento delle classi verrebbe ridimensionato
No, stabilizzerebbero solo quelli che già ci lavorano nella scuola. Non è un’iniezione nuova di risorse, ma semplicemente il tentativo di fermare l'emorragia a fronte anche delle necessità del turn over. Ma poi c'è un altro elemento che ci fa paura...

Quale?
Non si capisce bene quali sono i criteri di reclutamento, se per concorso ex novo o per graduatoria. Ad oggi, se prima non vengono stabilizzati gli insegnanti precari che già insegnano, fare nuovi concorsi significherebbe mettere uno contro l'altro l'insegnante con dieci anni di precariato alle spalle con l'aspirante insegnante che è appena uscito dall'università. Una guerra tra poveri. Ed è anche su questo aspetto che ci attendiamo risposte. Siamo qui ad attendere

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Paolo Papi