Rifiuti, ecoballe senza fine
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Rifiuti, ecoballe senza fine

Mentre Roma affonda nell'immondizia a Taverna del Re, il sito di stoccaggio più grande della Campania, ci sono milioni di tonnellate di rifiuti

A Napoli, che di quelle balle ne ha prodotte la maggior parte, per il Friday for future, lo sciopero scolastico per il clima ideato dai follower di Greta Thunberg, il corteo si è così ingrossato che ha dovuto cambiare destinazione, da piazza Dante (troppo piccola) a piazza Cavour (ora nel centro storico, ma un tempo grande collettore di acque piovane). Uno striscione su due aveva impresso uno slogan sulla Terra dei fuochi.

Passata la manifestazione, in via Toledo, qualcuno sui social ha documentato tra le polemiche lo stato in cui i manifestanti avevano lasciato una delle strade più importanti di Napoli. Tutto materiale che finirà compattato e impacchettato a Taverna del Re, o chissà dove, visto che ad agosto, in piena stagione turistica, una ecoballa, forse caduta nel 2015 dalla motonave Ivy al largo dell’isola di Cerboli, Canale di Piombino, è stata trovata dalla Capitaneria di Porto di Portoferraio a mezzo miglio marino al largo di Capo Calvo, nella costa sud-est dell’isola d’Elba, tra Capoliveri e Porto Azzurro, in piena area del Santuario dei mammiferi marini.

Altre ecoballe per magia finiscono incenerite, quasi tutte certificate, poi, con una causa di autocombustione. Perché, qui, in ogni pezzetto di terra lasciato incontrollato per un attimo dallo Stato, arriva la camorra. «A munnezza è oro» disse profetico Nunzio Perrella, in una delle sue tre vite (quella da boss pentito), a un giovanissimo Franco Roberti, tra i primi magistrati a occuparsi in quest’area di traffico di rifiuti. Nella sua prima vita Perrella era un mammasantissima dei clan e quegli intrallazzi li conosceva benissimo. Nella terza vita ha cercato popolarità (come se in quest’area gli mancasse) e si è trasformato in una Iena: con una telecamera nascosta ha fatto l’esca per una video inchiesta di Fanpage che fece arrabbiare Vincenzo De Luca.

L’ex sindaco di Salerno, ora governatore della Campania, a ogni intervista dà una nuova data per smantellare la grande discarica. È fissa nella mente dei cittadini l’immagine dell’11 giugno 2016 con De Luca e Matteo Renzi, allora premier, all’ingresso dell’area delle piramidi di monnezza. In quei giorni la Regione Campania aveva bandito una gara per lo smaltimento di una prima partita da 789 mila tonnellate: otto lotti, valore complessivo 118 milioni di euro. Sei le ditte impegnate nell’operazione, ma a tre anni di distanza le tonnellate rimosse sono ferme a nemmeno 60 mila. «Via le ecoballe dalla terra dei fuochi» disse Renzi con la sua solita spocchia. «Ripuliremo la Campania in tre anni. Via la camorra dalla gestione dei rifiuti».

Qualcuno tra chi era con loro già ridacchiava. E, infatti, se si prova a ricordare ai napoletani quel siparietto di Renzi si ottiene sempre questa risposta: «Chill’, Renzi, è ’nu parlettiero». Termine dialettale che indica uno smargiasso.

Il comitato dei ministri del Consiglio d’Europa è preoccupato. Solo una minima parte delle ecoballe è stata rimossa e a giugno ha sollecitato le autorità italiane ad attuare senza ritardi il piano per lo smaltimento, affrontando i problemi evidenziati dalla Corte di Strasburgo nella condanna 2012 per aver costretto i cittadini di Somma Vesuviana a vivere tra i rifiuti. Il governo dovrà fornire entro il 16 dicembre informazioni dettagliate sul sistema di smaltimento, inclusa la capacità degli impianti. Inoltre, le autorità devono assicurare che i cittadini possano fare ricorso contro la cattiva gestione del sistema. Nel frattempo bisogna pagare una multa: 120 mila euro al giorno.

E questa è la parte più costosa dell’operazione. La più spericolata è legata ai terreni: in 14 anni sono stati pagati 24 milioni di euro, quasi 2 milioni l’anno, per remunerare i proprietari dei siti che ospitano la discarica. I parlamentari della Commissione sul ciclo dei rifiuti della passata legislatura, oltre a ricostruire i costi per gli affitti, si sono occupati delle vicende giudiziarie dei proprietari con cui Fibe Impregilo stipulò i contratti.

I loro curriculum sono di tutto rispetto: si va dai segnalati per associazione mafiosa ai fiancheggiatori dei boss dei casalesi. A Santa Maria la Fossa, per esempio, Luigia Fontana e Giuseppina Martinelli, titolari di due particelle catastali, hanno incassato circa 3 milioni di euro. La Commissione scoprì che le due sono coniugate con i fratelli Giuseppe e Pasquale Mastrominico, imprenditori, condannati nel 2015 in primo grado a otto anni di reclusione, dato che si barcamenavano nei rapporti tra Antonio Iovine e il gruppo di «Sandokan». Storie di Gomorra a parte, il sindaco di Napoli, che è anche presidente della Città metropolitana, più che del passato preferisce parlare del presente, perché la crisi dei rifiuti si sta ripresentando con una seconda, drammatica puntata.

La chiusura dell’inceneritore di Acerra ha messo di nuovo in crisi il sistema. E come fa sempre da otto anni, ritira fuori la storia dei «siti di compostaggio». Un progetto che la sua amministrazione non è mai riuscita a realizzare. E annuncia di nuovo: «C’è stata una svolta e siamo già in fase molto avanzata. L’obiettivo è realizzarli entro la fine del mio mandato». Un paio d’anni.

Quello del compostaggio è il tema del momento. Anche De Luca annuncia la costruzione di 15 impianti. Ma le ecoballe? Raffaele Cantone, ex presidente dell’Anac, commenta deluso: «Le ecoballe sono ancora lì. Sfregio enorme per questo territorio». E ricorda che il governo Renzi stanziò 250 milioni: «Allora, tre anni fa, si disse che in breve temo quel fiume nero che si vede dall’alto si sarebbe prosciugato. Non è accaduto». Ma Renzi, si sa, è un «parlettiero». E gli altri? Al momento si fanno tante chiacchiere, ma «per rimozione e smaltimento», sentenziano dall’associazione ambientalista Liberamente insieme, «ci vorranno 19 anni». 

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Fabio Amendolara