Renzi si è fermato a Perugia
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Renzi si è fermato a Perugia

L'avanzata del premier e del Pd non è arrivata nel capoluogo umbro. Ecco perché il ballottaggio tra Boccali e Romizi è tutto da vedere

di Matteo Spina

Perugia è un paradosso politico. In eterna controtendenza. Se infatti in passato, nel periodo di massimo splendore di Berlusconi, il centrodestra non era mai riuscito a mettere in difficoltà il potere rosso cittadino, oggi, proprio mentre Renzi riesce anche ad aprire le acque del mare, Perugia va per la prima volta al ballottaggio per l’elezione del sindaco: Boccali (Pd) contro Romizi (Forza Italia). 

Il 25 maggio si è scritta una storia inconsueta e inaspettata se si pensa che nel 2004 Renato Locchi (comunista storico), al secondo mandato, fu eletto con oltre il 66% dei voti e che 5 anni fa lo stesso Boccali aveva indossato la fascia tricolore già al primo turno. Come e perché è successo? La prima spiegazione va cercata nel candidato azzurro e nelle sue  qualità. Andrea Romizi, che ha superato il 26% dei voti, andando  ben sopra la percentuale presa dalla liste.  è un giovane avvocato, classe ’79, con alle spalle già due legislature da consigliere, figlio di una famiglia borghese con un nonno autore di un apprezzato vocabolario di greco. E’ di bella presenza, di buone maniere, moderato ma inflessibile. E’ stato scelto come candidato sindaco solo i primi di aprile dopo una serie di nomi, di investiture e di passi indietro che non facevano ben sperare. Nonostante questo Romizi ha cominciato a lavorare, mettendo in primo piano la sua faccia da bravo ragazzo, da cattolico senza integralismi, i suoi toni pacati, i punti del programma e poche polemiche strumentali, arrivando anche a criticare un certo tipo di opposizione fatta dalla sua parte politica che spesso non era stata in grado di avanzare proposte. 

La seconda ragione del successo di Andrea Romizi sta nei fatti e nelle insufficienze del sindaco uscente. Ironia della sorte e secondo paradosso, a dare una spallata al centrosinistra è stato Michele Santoro,  che nella puntata di Announo di giovedì scorso, c’è andato giù duro sulla storia di Perugia capitale della droga. Un’immagine in gran parte eccessiva, stereotipata, che nasce con l’omicidio Kercher e che la città non è più riuscita a togliersi di dosso. Tant’è, ma il colpo è duro e non l’ha inflitto la destra, ma la sinistra che più rossa non si può.

L’ordine pubblico a Perugia era degenerato ben prima di Boccali, ma i perugini, di natura pazienti e flemmatici, hanno aspettato a lungo prima di farla pagare alla sinistra. Palazzo dei Priori ha lanciato dure accuse contro Santoro: ha parlato di strumentalizzazione e di  atteggiamenti “delinquenziali”, mentre Romizi si è detto dispiaciuto di quell’ immagine cittadina ma ha anche invitato l’amministrazione uscente a non nascondersi dietro il vittimismo.

  La vera resa dei conti, comunque, si avrà tra una settimana. Intanto il giovane avvocato azzurro cuce nuove alleanze. La lista ecologista. che ha preso il 4 per cento, lo appoggerà. L’extracomunitario Dramane Wagué, fondatore del Pd, che ha raccolto quasi il 3 per cento, sta con la penna pronta per firmare un’intesa. I grillini invitano a partecipare al voto in nome del cambiamento. E a Perugia cambiamento non fa rima con sinistra. C’è  poi quella bella fetta di perugini che hanno scelto di non andare a votare. Gente senza speranza che non immaginava la sconfitta di un uomo di sinistra nella rossissima Perugia. E se si recassero alle urne l’8 giugno? Gli azzurri, ma anche tanti altri, per la prima volta, cominciano a scommetterci.

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