giuseppe conte
(Ansa)
Politica

Il M5S non vota il dl Aiuti. Governo appeso ad un filo

Dopo una giornata febbrile i grillini, sempre più divisi, decidono di uscire dall'aula. Aria di elezioni anticipate

Telefonate, incontri, chat roventi, dubbi, incertezze; e tanta, tanta paura. Mancano poche ore al voto decisivo sul Dl Aiuti in Senato, voto in cui il Movimento 5 Stello dovrebbe prendere una linea certa sulla sua permanenza nella maggioranza. E a tarda sera arriva la decisione: i grillini usciranno dall'aula. Niente voto. "Siamo gli unici ad incalzare il governo - ha detto Conte - positive le aperture di Draghi, ma non bastano". Si va quindi a grandi falcate verso la crisi di Governo ed elezioni anticipate.

Una decisione arrivata dopo il Consiglio Nazionale dei 5Stelle convocato alle 20. Fin dal mattino l’unica cosa evidente è che i grillini hanno capito di essere chiusi in un angolo e senza via d’uscita. A ribadire l’accerchiamento ci hanno pensato in mattinata per primo Matteo Salvini, poi il coordinatore di Forza Italia, Tajani ed alla fine persino il segretario del Pd, Enrico Letta. Tutti e tre pronti a schierarsi in linea con le parole di ieri di Draghi e a ribadire che «se il M5S dovesse votare contro ed uscire dal Governo si va al voto».

Eventualità che oggi molti pentastellati vorrebbero per forza evitare. Presentarsi già in fase calante davanti agli elettori per lo più con la responsabilità della fine dell’esecutivo si trasformerebbe in un bagno di sangue. «sai che soddisfazione essere tornati duri e puri ma con l’8% dei voti, un decimo dei parlamentari e senza un ministro….» commentava amaro oggi un parlamentare incerto se restare o correre anche lui tra le braccia di Di Maio.

Perché c’è modo e modo anche di fare opposizione. Un conto è Giorgia Meloni che ha raccolto i voti persi dalla Lega e quello di protesta arrivando a posizionarsi nei sondaggi (ma anche nella realtà) come forza di maggioranza relativa nel centrodestra che, in caso di voto oggi, andrebbe a comandare. Un conto è farlo, per pochi mesi e da soli.

Si, soli. Perché oltre a conte anche Enrico Letta non sta vivendo ore tranquille. Il Partito Democratico infatti, in caso di crisi di governo ed urne anticipate per colpa grillina, si troverebbe davanti ad un bivio: allearsi con chi ha fatto cadere Draghi e sperare di pareggiare le elezioni o mollare l’ex alleato andando incontro a sconfitta certa?

Un dubbio pesante e anche per questo si spiega come dal Nazareno, dove in mattinata si è tenuta l’assemblea congiunta dei parlamentari, abbiano cercato per tutta la giornata una mediazione, senatore dopo senatore per evitare lo strappo. «Faccio appello alla responsabilità di tutti» ha detto Letta nel pomeriggio.

E proprio nel pomeriggio c’è stato l’ennesimo contatto, stavolta telefonico, tra Draghi e Conte, telefonata durante la quale il premier avrebbe ribadito le sue rassicurazioni ed i punti in comune del suo programma di governo con le richieste grilline; una porta aperta, insomma, ma non a qualsiasi costo.

Persino il Vaticano ha detto la sua sulla delicata situazione politica: «Nello scenario attuale, più un governo è stabile, più riuscirà a fare fronte alle tante sfide che dobbiamo affrontare oggi. Dal conflitto può derivare una crisi generalizzata, alimentare ed energetica, quindi è evidente che serva un governo in grado di far fronte alle difficoltà del presente, alcune epocali» ha dichiarato il segretario di Stato, card, Parolin.

In serata poi la nuova assemblea dei gruppi parlamentari del M5S (che anche oggi hanno perso un deputato, Berti, che passa con Di Maio dopo aver votato si al Dl Aiuti contro le indicazioni di partito) e la decisione finale. Si dice che Conte era pronto a restare accanto a Draghi ma che la maggioranza interna abbia preso il sopravvento. Nessuno però è disposto a mettere la mano sul fuoco su quanto accadrà a Palazzo Madama. Potrebbe ancora succedere di tutto. Ma la crisi non è mai stata così vicina.

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Andrea Soglio