Luigi Faccia, l'irriducibile indipendentista veneto
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Luigi Faccia, l'irriducibile indipendentista veneto

«Ho fatto solo il mio dovere di patriota». Appena uscito dal carcere di Vicenza, dov'era stato rinchiuso il 2 aprile, parla l'ideologo dei nuovi Serenissimi e continua a dirsi «prigioniero di guerra».

«Ho fatto e sto facendo solo il mio dovere di veneto patriota». È appena uscito dal carcere di Vicenza Luigi Faccia, nato 60 anni fa a Conselve (Padova), l'ideologo dei 24 «indipendentisti veneti» arrestati il 2 aprile scorso su richiesta della Procura di Brescia. E oggi consegna a Panorama.it la sua prima intervista. 

In base a lunghe intercettazioni e continui pedinamenti, gli inquirenti bresciani avevano accusato Faccia e i suoi compagni di associazione sovversiva con finalità terroristiche: gli arresti avevano suscitato molto clamore anche per le fotografie del «tanko», il trattore trasformato in carro semovente e dotato di uno strano, improbabile cannone.

Un mese dopo gli arresti, il Tribunale del riesame di Brescia aveva molto attenuato quelle accuse. Ma mentre gli altri indagati tornavano in libertà, Facciaè rimasto in cella impedendo al suo avvocato Alessandro Zagonel di presentare una richiesta di scarcerazione. Non voleva «cedere alle forze d'occupazione», aveva spiegato. Non è la prima volta che gli capita: già arrestato nel 1997 tra i «Serenissimi» che dettero l'assalto al campanile di San Marco, a Venezia, in quel caso Faccia era stato condannato definitivamente a 4 anni e 9 mesi. E anche quella volta era stato l'ultimo a uscire di prigione.

Come si sente, signor Faccia?
Dopo quasi due mesi di isolamento non sono al massimo della forza.

Conferma di sentirsi «prigioniero di guerra»?
Sì.

Ma quindi lei è «in guerra» con l'Italia? 
Sto facendo solo il mio dovere di veneto patriota.

Come giudica le accuse che le vengono rivolte dalla Procura di  Brescia?
Svolgono con professionalità il loro lavoro di forze d'occupazione.

Ma avevate davvero intenzione di usare armi per le vostre finalità politiche?
No.

È vero che in una conversazione intercettata con Tiziano Lanza, un'altro degli indipendentisti, lei parlava del «cannone» e riferendosi a un primo test dell'arma ha detto che era «partita una stecca che ha tremato il capannone, una roba mostruosa»?
Sì.

Ma volevate usarlo davvero, il cannone? Per fare che cosa?
No. Era soltanto un deterrente che andava montato sul «tanko».

Quali sono le sue ambizioni ideologiche e politiche? Crede davvero in un Veneto libero, indipendente, autonomo? Uno Stato Veneto?
Io non ho ambizioni ideologiche o politiche, non mi riconosco in nessun partito: sono astrazioni che non mi appartengono culturalmente. La mia sola guida sono i valori della Veneta Serenissima Repubblica. Il Veneto è Nazione da oltre 3 mila anni, uno Stato Veneto è sempre esistito e solo momentaneamente è offuscato. Tra non molto riprenderà il suo ruolo di Nazione storica d'Europa.

Secondo lei fino a che punto di ribellione può, o meglio deve spingersi un indipendentista veneto?
Dipende dalla sua coscienza patriottica.

Lei crede che l'indipendentismo veneto possa avere un seguito maggioritario, nella sua regione?
Nelle lotte di liberazione non esiste la maggioranza o la minoranza. Questi termini sono sbagliati e privi di significato. Ci sono uomini che con coraggio si mettono al servizio del proprio popolo e difendono la dignità calpestata della propria Terra. Così sono nati quasi tutti gli Stati del mondo.

E com'è oggi la situazione nel suo Veneto?
Il sentire indipendentista è molto diffuso. Il referendum telematico di marzo ha dato ulteriore conferma a questa volontà. La spinta maggiore viene da lavoratori, artigiani, piccoli imprenditori, agricoltori.

Chi sono i vostri nemici?
Le caste dominanti: politico-imprenditoriali, finanziarie, burocratiche, sindacali, intellettuali. Sono sempre antivenete, salvo rarissime eccezioni. Non è un caso che i patrioti, oltre al carcere, abbiano dovuto subire ancora una volta la gogna mediatica. Il tutto per non dare dignità politica e patriottica al nostro sacrificio.

Cioè?
Ci hanno detto di tutto: poveracci, cretini, ubriaconi, 4 sfigati, golpe da mona, armata brancaleone, il tanko una pagliacciata, con tanto di risatine di compatimento. In queste ultime settimane abbiamo visto altre inchieste, altri arresti: ladroni e spreconi del pubblico denaro, tangentari incalliti. Sono mai stati offesi in questa maniera, loro?

Lei è uscito più tardi dei suoi compagni, e solo perché alla fine il suo difensore ha presentato una richiesta al tribunale del riesame che lei non voleva assolutamente firmare. Perché?
Io non volevo restare in cella. È lo stato occupante che mi ci ha trattenuto.

Non riconosce alcuna autorità alla magistratura italiana?
No, perché non è la mia magistratura.

Lei chiederà i danni allo Stato italiano per quella che ritiene una ingiusta detenzione?
Come patriota queste sono cose che non mi interessano. Comunque è difficile pensare a un eventuale risarcimento, quando gli inquirenti non avevano i soldi per la benzina nel momento di tradurmi in carcere...

Nel 1997 lei era tra i Serenissimi che dettero l'assalto a piazza San Marco, a Venezia: fu condannato a 4 anni e 9 mesi per l'occupazione del campanile, è stato l'ultimo a uscire di prigione (era a Lodi se non ricordo male). Nelle due occasioni, lei sembra essere sempre il più «duro» tra i suoi compagni: è così? 
No. Per nulla.

C'è chi dice che lei un po' cerchi l'aura del martirio in nome dell'indipendentismo: è così?
Non so chi dice queste stupidaggini. Sono 35 anni che mi batto per il Veneto. Ho sempre agito con l'esempio, la coerenza, il coraggio e la dedizione, come i nostri grandi eroi ci insegnano. Pur avendone avuto la possibilità, non ho mai cercato qualche accomodamento con il potere politico. Buffo, no? Sono anche in troppi quelli che lo contestano duramente, con proclami roboanti, slogan, minacce. Poi sono pronti ad accomodarsi, alla prima occasione. 

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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