"Ministro, mio figlio non era "choosy". La querelo"
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"Ministro, mio figlio non era "choosy". La querelo"

Intervista al padre di Norman Zarcone, dottorando in Filosofia che si è ucciso per protestare contro le baronie universitarie: "Adesso basta con gli insulti ai giovani"

Basta offese e insulti alle nuove generazioni. Al ministro del Lavoro, Elsa Fornero il termine “choosy” è costato un esposto alla Procura della Repubblica di Palermo.

Questa volta “l’uscita” di un ministro del governo sulle qualità o meglio sulle non qualità dei giovani italiani, non si è portata dietro solamente una scia di polemiche e contestazioni ma persino un esposto presentato dal padre di Norman Zarcone, un dottorando in Filosofia del Linguaggio che si è tolto la vita nel 2010, per protestare contro le ''baronie universitarie''.  

“Norman non era né un bamboccione, né uno sfigato e tanto meno un ragazzo choosy, schizzinoso, come lo avrebbe definito il ministro del Lavoro, Fornero- spiega a Panorama.it, Domenico Claudio Zarcone - d'estate faceva il bagnino, 12 ore al giorno, in un circolo nautico di Palermo per apprendere l'etica del lavoro e soprattutto per rendersi parzialmente autonomo dalla sua famiglia”.

Norman, occhi neri e sorriso raggiante di un ventenne, subito dopo la sua laurea in Filosofia, oltre a fare il bagnino era riuscito ad iscriversi all’Ordine dei Giornalisti e a scrivere testi per brani musicali. Insomma era uno dei tanti giovani italiani che stava cercando faticosamente di adattarsi ad una società che, oggi, offre poco. O comunque meno occasioni e opportunità che nel passato.

"Non è più concepibile - sottolinea Claudio Zarcone - che esponenti del governo continuino ad usare termini come "bamboccioni", "sfigati",  "choosy" riferendosi ai nostri giovani, poiché viene offeso il percorso individuale, umano e professionale di un'intera generazione di talenti che non godono di particolari guarentigie o di un nome altisonante”.

“In questo modo tutti i giovani della generazione di mio figlio ma anche le loro famiglie  vengono delegittimate, frustrate e mortificate-  continua  il padre di Norman - l'affermazione di un ministro della Repubblica, non necessaria, non richiesta, fuori dalle righe, appare ingiusta e palesemente lesiva della dignità di tutti i giovani che, nonostante i titoli scolastici ed accademici conseguiti con merito e profitto, maturati anche con grandi sacrifici, personali e familiari, non ottengono riscontro sociale e non riescono ad inserirsi nel mondo del lavoro".

Nel 2010 Norman Zarcone col suo gesto estremo  volle mandare un messaggio preciso e diretto alle Istituzioni ma anche alle giovani generazioni: “non piegatevi alle logiche di potere, non genuflettetevi mai”. Insomma un messaggio di meritocrazia.  

"La maggior parte dei giovani italiani non è “schizzinosa” e anch’essa desidera di godere della possibilità di realizzarsi. Ritengo, pertanto, che le parole espresse continuamente da rappresentanti del governo siano un’offesa alla memoria di mio figlio, al mistero del suo gesto e al dramma umano di coloro che condividono la medesima, tragica situazione”.

Con queste definizioni, secondo Claudio Zarcone, il figlio  viene ucciso ogni volta: “Ogni volta che con arroganza e superficialità si offendono i tanti altri Norman d’Italia con epiteti e affermazioni fuori luogo. Non tutti, infatti, possono spendere un nome importante, o  parentele altrettanto importanti. Tutto ciò non è più tollerabile. E voglio ricordare
ai nostri politici che ci si può uccidere anche per delegittimazione e frustrazione, oltre che problemi economici e, ripeto, non è più tollerabile nell’attuale e delicatissimo contesto sociale".

Il drammatico e tragico gesto di Norman ma soprattutto le motivazioni che lo spinsero al suicidio, hanno commosso anche il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il quale ha voluto conoscere e incontrare la famiglia in forma privata.Non solo. Il dramma di Norman e di un’intera generazione ha varcato anche i confini italiani interessando persino il Presidente della Repubblica francese, François Hollande.

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Nadia Francalacci