Andrea Bacci
Fiorenzo Sernacchioli
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L'ascesa dell'imprenditore amico dei Renzi

Ha ristrutturato casa al premier ed è stato in affari con il padre Tiziano. Ora per Andrea Bacci è pronta una super-poltrona

Per Matteo ha fatto di tutto: ha finanziato le sue scalate politiche, gli ha ristrutturato casa, ha pre­stato soldi a babbo Tiziano, ha fatto da raccordo con l’imprenditoria toscana. E Renzi non ha mai dimenticato, trovandogli sempre il posto giusto. Adesso, ha scritto Il Fatto quotidiano, per Andrea Bacci si profilerebbe una poltrona ancora più prestigiosa e cruciale: amministratore delegato di Telecom Sparkle, società che gestisce le comunicazioni con l’Asia e l’Oriente.

Una nomina che formalmente dovrebbe essere decisa dall’azionista privato: Telecom, appunto. Ma che sarebbe perorata dal governo, vista l’importanza strategica di Telecom Sparkle, che investirà 400 milioni nei prossimi tre anni. Chi allora meglio di un fidatissimo, anche se del tutto avulso al ruolo?

Moda, immobiliare, logistica, alberghi, calcio. Bacci, 54 anni, guida un gruppo che fattura circa 70 milioni l’anno. Il fiore all’occhiello è la A.B. Florence, ramo pelletteria di lusso, acquisita nel 2007. Mentre foriera di gioie e dolori è la Lucchese, squadra di calcio di Lega Pro, di cui l’imprenditore fiorentino è patron e presidente.

La rete: da Renzi a Boschi (padre)
Andrea Bacci non è solo il petalo più ruvido e da
­naroso del giglio magico. È l’epicentro di un sistema di potere e affari che parte dal presidente del Consiglio, passa da Renzi senior e prosegue con Banca Etruria. Fino ad arrivare a lambire Pier Luigi Boschi, padre del ministro della Riforme Maria Elena, e i suoi imprudenti summit con ex massoni e piduisti.

I rapporti tra Bacci e la famiglia del premier cominciano più di trent’anni fa. Nel 1988 con Tiziano Renzi crea la Raska: un’azienda di recupero crediti che fallisce nel 1993. In quegli anni Bacci e papà Renzi tentano altri business: come l’acquisto, il 13 giugno 1990, di un suolo agricolo a Rignano sull’Arno: "Appezzamento di terreno di forma irregolare in località Pian dell’isola, sito tra la strada comunale e il fiume Arno" dettaglia l’atto di compra­vendita consultato da Panorama. L’idea è di realizzare un distributore di gas. Non se ne fa nulla.

Così Bacci e Renzi senior, il 18 giugno 2007, vendono l’appezzamento a Nerina Keeley, rampolla di una florida dinastia di imprenditori sudafricani. E, guarda un po’, all’epoca moglie di un altro rignanese oggi all’onore delle cronache: Valeriano Mureddu. Cioè l’uomo d’affari a cui, nell’estate 2014, si rivolge Pier Luigi Boschi, allora vice presidente di Banca Etruria, per avere dei consigli sulla gestione dell’istituto. E Mureddu, che si dichiara massone, lo mette in contatto con colui che ritiene un padre putativo: Flavio Carboni, a processo come capo della P3, l’uomo dei misteri italiani.

I due incontri organizzati da Mureddu non portano a nulla. Ma resta la sbalorditiva coincidenza: Boschi, per una consulenza tanto delicata, chiede aiuto a Mureddu, che si dice "amico di Tiziano". Da cui, sette anni prima, tramite l’ex moglie, compra un’inutile striscia di terreno.

La figura di Lorenzo Rosi
C’è un altro intreccio che, passando per Bacci, porta a Banca Etruria. Il tra­mite, stavolta, è Lorenzo Rosi, indagato per conflitto d’interessi dalla Procura di Arezzo nell’inchiesta sul crac dell’istituto di credito aretino, di cui è stato presiden­te fino a febbraio 2015. Quando, dopo il commissariamento della banca, rassegna le dimissioni assieme a papà Boschi.

Rosi è amministratore unico della Egnazia shopping mall, di cui è socio Bacci, che vuole costruire e gestire un outlet di lusso a Fasano, in Puglia. Un altro filo che parte da Banca Etruria arriva invece a Matteo Renzi. Quello dei finanziamenti alla fondazione Open, braccio armato del pre­mier. Che, come denunciato da Giovanni Donzelli, con­sigliere regionale in Toscana di Fratelli d’Italia, ha ricevu­to una donazione di 15 mila euro da Intesa aretina scarl, partecipata proprio dall’istituto aretino.

Il business degli outlet
Sono i centri commerciali a unire, ancora una volta Bacci a Tiziano Renzi. Il tramite tra i due è, almeno dal punto vista societario, Luigi Dagostino, imprenditore originario di Barletta, che si definisce "ide­atore del business degli outlet di lusso". È lui il direttore generale di Nikila invest, mentre la sua compagna, Ilaria Niccolai, detiene il 95 per cento delle quote. Nikila, direttamente o attraverso sue partecipate, progetta e costruisce i centri commerciali "The mall": quello di Reggello, vicino a Rignano sull’Arno, è nato nel 2001; quello di Sanremo, in Valle Armea, è ancora in costruzione; mentre a Fasano è fermo alla fase progettuale.

Con l’outlet toscano, a pochi chilometri da casa sua, Renzi senior lavora da sempre. Mentre per i progetti in Liguria e in Puglia è stato nominato con­sulente da Dagostino. Il padre del premier ha partecipato perfino agli incontri con i sindaci dei Comuni interessati, scatenan­do polemiche e perplessità. Il rapporto tra i due s’è ulteriormente consolidato lo scorso novembre, quando è stata costituita la Party, di cui detengono il 40 per cento sia Renzi che la Nikila. Che è socia anche di Bacci: stavolta nella Egnazia shopping mall, amministrata dall’ex presidente di Banca Etruria, Rosi. Mentre nella Mall Re, partecipata dalla Nikila e dalla Staridea Investments Limited di Cipro, l’imprendi­tore fiorentino è stato vice presidente fino ad agosto 2013.

Il ruolo di Bacci nel business dei centri commerciali è però ben più importante di quello che tra­spare dalle visure camerali. La sua Coam, un’impresa di costruzioni nata nel 2002, ha realizzato l’ amplimento, avvenuto negli ultimi anni, di "The mall" a Reggello. E, dal marzo 2015 è al lavoro in Valle Armea (Sanremo), per sistemare ed edificare l’area di 25 mila metri quadri su cui sorgerà l’outlet, per cui è previsto un investimento di 35 milioni.

Ristrutturazioni milionarie
La Coam, comunque, non ha solo commesse mi­lionarie. A fine 2004, per esempio, Matteo Renzi decide di affidare all’azienda di Bacci la ristrutturazione della villa di famiglia a Pontassieve, appena comprata per 660 mila euro. Le "opere di straordinaria manuten­zione, consistenti in modifiche distributive interne" cominciano il 15 ottobre 2004. La ristrutturazione si protrae a lungo: il 5 aprile 2005 viene chiesta una variante. E la comunicazione di fine attività viene presentata il 25 luglio 2006: un anno e sette mesi dopo l’inizio dei lavori.

Ed è sempre Bacci nel febbraio nel 2010 a chiedere l’e­licottero al costruttore Riccardo Fusi, poi condannato a due anni per concorso in corruzione aggravata. Il velivolo serviva a portare Renzi a Milano. Non se ne fa nulla alla fine. Ma l’episodio, che emerge dalle intercettazioni nell’inchiesta sugli appalti della "Cricca", esemplifica la prodigalità di Bacci. Che ha sempre sponsorizzato le iniziative politiche dell’amico Matteo: dalla campagna per diventare sindaco di Firenze fino alla creazione di Big Bang, la fondazione che è servita a scalare la politica nazionale.

Ma Bacci ha aiutato pure Renzi senior a liberarsi dalla fideussione che gravava sulla Chil, l’ex azienda di famiglia ceduta nel 2010: operazione che ha portato la Pro­cura di Genova a indagare Tiziano Renzi per bancarotta fraudolenta. "Soldi che ho poi restituito con assegni tracciabili" ha spiegato il padre del presidente del Consi­glio, interrogato il 4 dicembre 2014. Una sequela di attenzioni mai dimen­ticate. A settembre 2006, due mesi dopo la fine dei lavori di ristrutturazione nella sua villa, Renzi, allora presidente della Provincia di Firenze, nomina Bacci ammi­nistratore delegato di Florence multimedia: una partecipata che orienta e sovvenziona stampa e tv. Bacci si dimette il 3 marzo 2010. Poco più di due mesi dopo, il 18 mag­gio, viene richiamato da Renzi, diventato sindaco di Firenze, alla Silfi, società del Co­mune che si occupa di illuminazione. Bacci rimane al vertice del cda fino al luglio 2014.

Adesso il premier lo vorrebbe addi­rittura alla guida di Telecom Sparkle. La notizia, rivelata da Francesco Bonazzi sul Fatto quotidiano, non è stata smentita né dall’esecutivo né dalla Telecom. A seguire l’operazione sarebbe stato incaricato un altro sempiterno fedele: Luca Lotti, sotto­segretario alla presidenza del Consiglio. I rumors sulla nomina di Bacci, tra l’altro, seguono di poco quelli sulla supercon­sulenza per la sicurezza nazionale che il governo vorrebbe affidare a Marco Carrai, l’ennesimo intimo e fidato di Renzi. Che, comunque vada, ha rivelato definitivamen­te le sue ossessioni: circondarsi di amici, piazzarli in posti strategici e controllare le informazioni che scottano.

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Antonio Rossitto