La morte di Sara Di Pietrantonio: 3 aspetti centrali della vicenda
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La morte di Sara Di Pietrantonio: 3 aspetti centrali della vicenda

I protagonisti della morte della giovane, bruciata viva per mano dell'ex fidanzato, lasciato solo tre giorni prima

L'indifferenza uccide quanto il fuoco

Una ragazza agita le braccia sul ciglio della strada, forse sta litigando con il fidanzato. Forse. Avrà bisogno di aiuto? Chissà. Una cosa è certa: è tardi e non c'è tempo di pensare. Così, la si guarda come se fosse una comparsa in una scena di un film e si prosegue via. Verso casa. In questo modo, all’alba di domenica mattina nel quartiere Magliana alla periferia di Roma, Sara Di Pietrantonio, 22 anni, è morta due volte. Per mano del suo fidanzato che non potendola più avere, o meglio possedere, la cancella dalla sua vita dandole fuoco e, poi, la seconda volta a causa dell'indifferenza di chi passa, guarda ma non si ferma. Non chiama la polizia. Non si pone domande. Perché è tardi. Sono le 3 del mattino.

"Ho visto quella ragazza bionda che si sbracciava ma non ho capito che stava chiedendo aiuto. E così ho tirato dritto", rivela l'ultimo testimone ad aver visto in vita Sara. Questo giovane, un ragazzo di 20 anni, che è stato sentito in questura perché passato a pochi metri dall'accaduto qualche minuto prima che l'omicidio avvenisse, non ha delle colpe dirette: "Pensavo solo che stavano discutendo animatamente. Solo l'indomani, i miei amici, quando stavo giocando a calcetto mi hanno detto: hai visto cosa è successo a quella ragazza? E lì ho capito tutto. Ho ricollegato tutto alla ragazza bionda che si sbracciava".

Il dolore insuperabile della madre

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La morte di un figlio per un genitore non è superabile perché non è nella natura delle cose. Ed è uno di quei dolori dal quale non ci si riprende mai. La mamma di Sara, Tina, come tutti coloro a cui hanno portato via un figlio con la violenza dovrà fare i conti con due ferite che non si rimargineranno. Il dolore della "culla vuota", della mancanza perpetua, e quello dell'immagine del ritrovamento della sua bambina.

Istanti che la terranno ancorata a quella notte. Lei che dà l'allarme non vedendo rientrare sua figlia dopo che le aveva inviato un messaggio per tranquillizzarla, lei che esce di casa e va a cercarla insieme a uno zio, lei che si avvicina al gruppo di vigili del fuoco impegnati a spegnere il fuoco su una autovettura. Lei che riconosce la Toyota in fiamme come quella di Sara. Lei che si dispera perché la ragazza non è nell'abitacolo ma che nello stesso istante tira un sospiro di sollievo perché potrebbe essere salva da qualche altra parte. E poi il buio, alcuni passanti che segnalano un altro focolaio tra i cespugli e Sara che non c'è più. Ora c'è solo un corpo disteso per terra, semicarbonizzato, vicino a un parcheggio di un ristorante a pochi metri da casa.

Il possesso a tutti i costi

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Si dice che una perdita attraversi cinque fasi. Il rifiuto, la rabbia, il patteggiamento, la depressione e l'accettazione. Il dolore può essere causato da una morte, ma anche dall'abbandono. Vincenzo Paduano, 27 anni, guardia giurata, ex-fidanzato di Sara Di Pietrantonio, e ora omicida, non ha patteggiato con se stesso il rifiuto della sua fidanzata, non ha accettato che lei si allontanasse, che si rifacesse una storia, che continuasse a vivere lontana.

Vincenzo Paduano, nella sua sofferenza malata, ha accettato di uccidere: si è rifornito d'alcol, ha pedinato la sua ex fidanzata, l'ha ammazzata con freddezza cospargendo prima l'auto e poi la giovane di liquido infiammabile. Calmo e gentile, così lo hanno descritto i parenti della studentessa romana che lo aveva incontrato solo due giorni prima. Perché la furia che covava non era stata ancora risvegliata totalmente. Alcuni amici di Sara parlano di tampinamenti perché "non voleva rassegnarsi", dicono. Forse la ragazza aveva paura di lui e non si esclude che per questo motivo avesse cambiato alcune delle sue abitudini.

Così, mentre si attende di capire quello che forse non si potrà mai comprendere, oltre ai "semplici" fatti, stamattina all'Università Roma Tre, quella frequantata dalla ragazza, le lezioni si sono interrotte per studenti e professori. In nome di Sara, di più vite rovinate, dell'indifferenza collettiva.

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