Kim Jong-un vince la "Seconda Guerra di Corea"
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Kim Jong-un vince la "Seconda Guerra di Corea"

Dopo aver evitato il test-suicida, ha imposto ai nordcoreani e alla comunità internazionale le sue condizioni

La foto di questa settimana ci riporta in Corea del Nord, davanti alla mega-statua che è stata al centro dei festeggiamenti del "Giorno del Sole", vale a dire del 101esimo anniversario della nascita del fondatore del regime, il "Presidente Eterno" Kim Il-sung.

Un anniversario celebrato con una parata decisamente sotto tono rispetto agli standard nordcoreani. Niente sprechi, niente canti, niente fiori, balli e discorsi ufficiali, ma un "sobrio" pellegrinaggio tra le statue e i ritratti dei massimi esponenti della dinastia Kim sparsi nei vari angoli del paese. Del resto, Pyongyang pareva essere sul punto di lanciare un missile nucleare facendo così scoppiare la Seconda Guerra di Corea...

E invece, quando abbiamo scritto che il messaggio del 5 aprile, con il quale Kim Jong-un aveva specificato che avrebbe potuto non essere in grado di garantire la sicurezza delle sedi diplomatiche dopo il 10 aprile, poteva essere letto in chiave positiva abbiamo avuto ragione. Il 10 non c'è stato nessun test e, ancora più importante, non ne sono stati organizzati nemmeno il 15, il giorno dell'anniversario, contrariamente a quanto era stato fatto l'anno scorso.

Niente test ma festeggiamenti all'insegna della massima sobrietà. Perché? Beh, anche se forse Kim Jong-un aveva escluso la guerra sin dal primo momento, la situazione era talmente degenerata che il rischio nucleare c'è stato davvero. Altrimenti Stati Uniti, Giappone, Cina, Russia e Corea del Sud non avrebbero improvvisamente modificato il modo in cui per decenni hanno gestito le provocazioni (e le crisi da esse innescate) della famiglia Kim.

E' indubbio che sarebbe stato fuori luogo celebrare l'anniversario dei padri della patria con il solito sfarzo quando il paese avrebbe potuto essere da un momento all'altro inghiottito da un conflitto nucleare. Allo stesso tempo, quando nemmeno nel giorno dell'anniversario è stato lanciato il pericolosissimo missile posizionato sulla rampa di lancio una decina di giorni fa è stato chiaro per tutti che l'impasse era stata superata.

Grazie alla mediazione statunitense? A quella cinese? A un ripensamento di Kim Jong-un? Questo non lo sapremo mai, ma ciò che ci interessa è che nonostante la propaganda ufficiale continui a ribadire la necessità di "rispondere con la forza alle provocazioni dei capitalisti occidentali interessati a distruggere il regno coreano", il giovane dittatore è riuscito a trovare un modo per salvare la faccia ed evitare il conflitto suicida. Ponendo le sue condizioni: la revoca delle sanzioni delle Nazioni Unite e la fine delle esercitazioni militari congiunte tra la Corea dl Sud e gli Stati Uniti, oltre alla richiesta di scuse per tutti gli atti provocatori che Pyongyang avrebbe sopportato nelle ultime settimane.

Per quanto la Corea del Sud abbia già liquidato come "assurde" e "incomprensibili" le richieste di Kim Jong-un, basteranno pochi giorni per capire chi sono i vincitori di questa crisi. Il Nord ha chiesto tre cose: le scuse, la revoca delle sanzioni e la fine delle esercitazioni. Forse le scuse non arriveranno mai (ma questo non sarebbe un problema per la propaganda che potrebbe scriversele da sola), ma le esercitazioni senza dubbio verranno interrotte (del resto, come è sempre stato, si sarebbero comunque concluse a fine mese, anche se questo particolare non verrà mai rivelato ai nordcoreani), e le sanzioni potrebbero essere revocate per confermare che anche la comunità internazionale è disposta a collaborare per preservare pace e stabilità in Corea.

Quindi insomma, a prescindere da quello che succederà, possiamo già dire che Kim Jong-un ha raggiunto i suoi obiettivi, ed è ora percepito come leader forte e carismatico dal suo popolo, e come interlocutore potenzialmente problematico dal resto del mondo. Trasformandosi da probabile sconfitto a grande, e certo, vincitore.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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