JFK:  il fotogramma 313
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JFK: il fotogramma 313

I 26 secondi del film di Abraham Zapruder sono i più famosi della storia. Le immagini che hanno scioccato l'America

Tanti anni dopo, i suoi parenti racconteranno che da quel giorno lui non prese mai più in mano una telecamera. Quelle immagini le aveva viste e riviste troppe volte. Così tanto da avere ricorrenti incubi notturni. Soprattutto quel fotogramma, il 313, lo aveva scioccato. Poteva essere altrimenti? Era il momento in cui il proiettile aveva fatto saltare la testa di John Fitzgerald Kennedy, il momento della morte del presidente, della fine dell'innocenza di un'America che aveva combattuto il male nella Seconda Guerra Mondiale e stava fronteggiando il nuovo nemico: l'Unione Sovietica. Era l'istante in cui l'uomo più potente della Terra, il più giovane (e bello) inquilino della Casa Bianca, il più affascinante e idealista leader politico da decenni a quella parte, teso verso un futuro di pace e prosperità, veniva colpito. E tutto questo finiva.

La storia del filmato

I 26 secondi, i 486 silenziosi fotogrammi a colori, girati in 8mm con una telecamera portatile Bell + Howell, compongono uno dei film più visti nella storia. Quell'assolata mattina del 22 novembre 1963, Abraham Zapruder, un sarto di origine russa, diventato piccolo imprenditore tessile, non aveva portato con sé la telecamera. Era stata una delle sue dipendenti a convincerlo a ritornare a casa per prenderla e filmare il corte presidenziale che sarebbe passato da Elm Street. Zapruder cercò il punto migliore per catturare le gioiose immagini della coppia regale che avrebbe poi fatto vedere ai suoi nipoti. Salito in piedi su di un muretto in cima al terrapieno, invece, catturò l'orrore.

Nella confusione che seguì all'attentato, il sarto tornò verso la sede della sua ditta - che si trovava nel'edificio accanto al deposito dei libri della Texas School - e incontrò un giornalista locale al quale disse di aver filmato la morte di Kennedy. Questi, a sua volta, rivelò la circostanza a Forrest Sorrels, un agente dei servizi segreti di Dallas. Il filmato venne stampato in tre copie nel locale stabilimento della Kodak. Due di queste furono consegnate agli inquirenti, mentre la terza fu tenuta da Abraham Zarpruder. La notizia della sua esistenza era già pubblica. I più veloci a raggiungere l'autore di quello storico filmato furono gli uomini della casa editrice che pubblicava Life. C.D. Jackson - l'editore - diede a Zapruder 150.000 dollari per i diritti. Il sarto accettò, ma a una condizione: il fotogramma 313 non doveva essere pubblicato. Non voleva che milioni di persone avessero gli stessi incubi che quell'immagine aveva provocato a lui. Gli americani l'avrebbero vista solo 12 anni dopo, in una trasmissione televisiva. E fu uno shock.

 

Tutti i fotogrammi, a parte il 313, vennero pubblicati una settimana dopo l'assassinio di Dallas su Life. Il filmato fu visionato dalla Commissione Warren, istituita per indagare sull'omicidio di JFK. L'autore venne interrogato dai suoi membri. Così come divenne una prova nel processo che il Procuratore Distrettuale di New Orleans Jim Garrison istituì contro Clay Shaw con l'accusa di essere stato parte del complotto governativo per uccidere Kennedy. Abraham Zapruder morì nel 1970 e cinque anni dopo, Life restituì i diritti alla sua famiglia. L'originale venne portato all'Archivio Nazionale e nel 1999, il Dipartimento della Giustizia pagò 16 milioni di dollari per la sua acquisizione, mentre i diritti sono rimasti agli eredi Zapruder, i quali hanno deciso di donare i proventi al museo di Dallas dedicato all'omicidio.

Le teorie del complotto

Abraham Zarpruder non avrebbe mai visto ciò che il suo filmato avrebbe rappresentato per la storia americana. Molte delle teorie della cospirazione sono nate grazie a quelle immagini. Oguno riesce a vederci dentro la conferma dei propri sospetti e dubbi, delle proprie granitiche certezze rispetto alla verità ufficiale, quella di un solo assassino. I fotogrammi, invece, che chiarire la dinamica dei fatti, seminano domande. L'impressione ottica della direzione da cui proviene lo sparo decisivo (secondo molti è frontale, mentre per altri si tratta di colpo sparato da dietro, dove dunque si trovava Lee Hoswald); il tempo impiegato per la sequenza di spari (tre, ufficialmente) che il film di Zarpruder immortala in 26 secondi, troppo pochi per un solo tiratore e con un'arma tanto poco maneggevole come il fucile ritrovato nel deposito della Texas School. Le ombre e le mosse, infine, dei personaggi sullo sfondo.

A questo proposito è significativa la storia di un film girato nel 2011 dal vincitore per il premio Oscar Errol Morris, "Umbrella Man". Nel video si cercano risposte alla domanda: "Ma cosa ci faceva un uomo con un ombrello aperto in una giornata di sole sul luogo della sparatoria?". Un segnale per i complottisti? Un fucile mascherato? Come ha spiegato lo stesso regista quell'uomo si chiamava Louie Steven Witt e si presentò di fronte alla commissione della Camera dei Deputati che indagò sugli omicidi politici degli anni'60 per raccontare che quell'ombrello aperto voleva essere un gesto di protesta contro il padre di JFK, Joseph Kennedy, ambasciatore a Londra negli anni'30 e sostenitore della politica di appeasement nei confronti del Terzo Reich di Adolf Hitler. E'sufficiente come spiegazione?

 

Cosa significano quelle immagini

Il filmato di Abraham Zapruder ritornò all'attenzione del grande pubblico quando uscì il film di Oliver Stone, "JFK, un caso ancora aperto". Era il 1991 e l'immagine di un Kevin Costner (che recitava la parte di Jim Garrison) spiegare alla giuria e al pubblico la teoria del complotto attraverso il racconto fotogramma per fotogramma dell'uccisione di Kennedy ebbe, a distanza di tanti anni, un forte impatto emotivo sugli americani.

Al di là di quello che il film ha potutto rappresentare per le indagini fatte nel corso degli anni - pochi sembrano credere alla versione ufficiale del tiratore solitario - quei 486 fotogrammi continuano a suscitare una grande emozione, ampliata dal silenzio in cui scorrono. Fissano nel tempo il traumatico passaggio da un'epoca all'altra, un salto della Storia. Ce ne saranno altre negli anni successivi a simboleggiare un momento (storico) degli Usa, il Vietnam, il Watergate, ma se ci sono delle immagini a cui possono essere paragonate sono quelli degli aerei che entrano, priam di esplodere, con il loro carico di morte nelle alte torri delle Twins Tower di New York, l'11 settembre 2001. Così come a Dallas, 40 anni prima, l'America, anche quella mattina, si svegliava da un sogno di invulnerabilità. Questo è quello che gli americani vedono nel fotogramma 313, quell'immagine da incubo.

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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