Il mondo piange la morte del papà del kebab
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Il mondo piange la morte del papà del kebab

Kadir Nurman, un turco emigrato in Germania, nel 1972 aprì il suo primo negozio di "spiedino verticale"

Esistono luoghi che hanno forti radici gastronomiche e che fotografano meglio di altri il multiculturalismo che caratterizza l'Europa. Uno di questi è il quartiere di Kreutzberg a Berlino. Una selva di negozietti turco-curdi che vendono kebab a qualsiasi ora del giorno e della notte.

I tedeschi ne vanno fieri e dicono: qui è nato il celebre spiedino gigante che miete vittime (del gusto) in tutto il mondo. Oggi, il papà della carne grigliata che viene da Oriente è morto . Kadir Nurman aveva 80 anni e fino all'ultimo ha seguito personalmente le sue attività, in Germania e non solo.

La storia di Kadir Nurman, un turco emigrato in Germania negli anni Sessanta, è la stessa della nutrita comunità turca che da anni risiede in territorio tedesco. Una comunità chiusa, dove i bambini parlano turco e hanno difficoltà a imparare il tedesco e dove l'integrazione non è ancora pienamente compiuta.

Ma se ci si trova a passeggiare per le strade di Berlino sembra di trovarsi in uno dei quartieri periferici di Istanbul. Stesso vociare, stesse insegne coloratissime e, soprattutto, stessi ristoranti che vendono fieramente il loro doner kebab (letteralmente: carne grigliata che gira)

Nurman bey non ha mai brevettato il suo spiedino verticale, ma secondo gli "storici" del cibo fast-food è sicuramente lui ad aver lanciato nel mondo la moda del kebab. Nel 1972 si trasferì da Stoccarda a Berlino e qui aprì il suo primo chioschetto. Lungimirante e con un'incredibile capacità imprenditoriale, il signor Nurman aveva intuito che il tempo cominciava a correre veloce e che molti impiegati e manager non potevano permettersi una pausa pranzo troppo lunga. Quindi cominciò a vendere la carne grigliata e lasciata rosolare su uno spiedo gigante, insieme a un po' di insalata e alle immancabili patate che rappresentano il cuore della cucina teutonica. 

Fu boom immediato. Gli affari cominciarono ad andare a gonfie vele e Kadir Nurman aprì altri chioschi in tutta la città. Non solo. Oggi la Germania è la prima esportatrice di kebab nel mondo. Il business è fondamentalmente nelle mani dei curdi, che producono la carne a Berlino e poi la spediscono ovunque, dagli Usa all'Australia e alla Russia. Un business miliardario, che ha preso piede anche in Italia, dove l'80% dei consumatori della "carne arrostita" sono italiani.

Secondo una recente inchiesta di Millionaire.it con la crisi che avanza i giovani laureati di casa stanno cominciando a puntare su attività "sicure" e tra queste la più gettonata è quella dei "kebabbari". Aprire un chiosco è facile e costa poco e i guadagni sono garantiti. Ne esistono diverse varianti in tutto il mondo, a seconda dei gusti locali. Cambiamenti in corsa, continui, che però fanno sì che il kebab sia a tutte le latitudini e le longitudini il cibo più apprezzato per gli spuntini (o i pranzi) veloci.

Sedicimila negozi attivi in tutto il mondo e nuovi franchise all'orizzonte. Come nel caso del 25enne Afandi Oh che, sulla scia di Kadir Nurman, ha fatto del suo kebab una catena di fast-food e ha in progetto di aprire 200 nuove sedi in tutta l'Asia, a cominciare dall'Indonesia, entro il prossimo anno.

Ma nel giorno in cui si ricorda l'impresa gastonomico-titanica di Kadir Nurman, non si può dimenticare quello che l'ottantenne papà del kebab andava dicendo proprio agli sgoccioli della sua vita: questo kebab moderno non mi piace più, è troppo pieno di spezie e aromi che lo rendono un'altra cosa rispetto alla mia carne grigliata.

E come dargli torto? Il papà del kebab era un purista dello spiedino, un tradizionalista legato a sapori che non ci sono più. Oggi il business ha modificato radicalmente anche il kebab. Se in meglio o in peggio si può scoprire solo assaggiandolo.

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Anna Mazzone