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Ita conferma la scelta di Airbus, la nuova flotta sarà "made in Europe"

Mentre continuano le polemiche sindacali la nuova compagnia aerea italiana fa altri passi avanti verso la piena operatività

Alla fine la notizia tanto attesa è stata confermata: la nuova compagnia italiana Ita ha firmato una lettera di intenti per l'acquisto di 28 nuovi aeromobili Airbus, precisamente dieci A 330Neo destinati al lungo raggio, sette A220 (Bombardier C-Series re-brandizzati) per il trasporto regionale e undici A320Neo. L'industria si impegna a mantenere tempi di consegna certi e di conseguenza ad adattare la produzione delle sue linee di assemblaggio, mentre il committente a non cambiare fornitore. C'è poi l'accordo con Air Lease Corporation per altri 31 aeroplani che porta a 56 nuovi velivoli il piano di rinnovo flotta di Ita, e tra questi ci sarebbero anche alcuni A350-900, ritenuti tra i più moderni velivoli esistenti nella loro classe, quella del lungo raggio. Bocche cucite, ovviamente, sulle condizioni economiche praticate in questo contratto, ma c'è da ritenere che siano migliori rispetto a quelle che venivano praticate nei confronti di Alitalia, come hanno voluto sottolineare da Ita. Proprio sul numero delle società di leasing la nuova compagnia mostra un approccio differente rispetto all'Alitalia del periodo di amministrazione straordinaria, riducendone il numero del 50%. E se il programma industriale funzionerà, entro il 2025 la flotta "all Airbus" dovrebbe passare da 52 a 105 aeromobili. Il valore complessivo dell'accordo è di 1,5 miliardi di euro.

La scelta di Airbus come fornitore unico può essere dettata da tanti aspetti, dalla rapidità di addestrare gli equipaggi che già operavano con il costruttore europeo (le abilitazioni dei piloti dagli A319-A320 al 320Neo sono rapide e quindi più economiche), la gestione degli equipaggi diventa così più flessibile e la fornitura di ricambi come l'assistenza alla manutenzione ne risultano facilitate. Poi c'è il discorso della produzione europea e, non ultimo, il fatto che i nuovi aeroplani consumano oltre il 25% in meno di quelli attuali, con un significativo risparmio dei costi del carburante e quindi un minore impatto dal punto di vista ecologico. In questo senso è bene ricordare che durante lo stop dei voli causato dalla prima ondata della pandemia, il governo francese, azionista di Airbus come anche di Air-France, vincolò gli aiuti al vettore di bandiera alla rottamazione dei velivoli più vecchi (di 20-25 anni) e alla loro sostituzione con versioni aggiornate.

Ogni scelta è una scommessa e rappresenta un compromesso, ed è inutile nascondere che sul piano industriale quella di Ita per Aribus ha anche risvolti negativi: l'Italia non ha partecipazioni nel colosso aerospaziale di Tolosa, seppure una ventina di aziende nazionali del comparto siano fornitrici di componenti e attrezzature, mentre il concorrente americano Boeing fa costruire a Grottaglie (Taranto) quasi il 15% del suo velivolo di punta B-787 Dreamliner da Leonardo divisione aerostrutture. E l'unica compagnia italiana che oggi ha una flotta di Boeing 787 è la piccola (ma modernissima) Neos. Gli americani sono sempre stati favorevoli ad ampliare la loro presenza in Italia in termini di commesse, quindi a favorire la nostra situazione

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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