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(Ansa)
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Per la giustizia picchiare la moglie è una reazione poco garbata, non un reato

La Rubrica - Lessico Familiare

Nel ‘bestiario’ giuridico di questo fantastico quanto eclettico Belpaese, non potevamo non incorrere nella vicenda di un uomo salentino che, dopo aver sorpreso la moglie in compagnia di un ‘amico’, l’aggrediva con calci e pugni.

Niente di nuovo sul fronte occidentale, direte voi, citando il titolo del famigerato romanzo di guerra di Erich Maria Remarque: sono cose che non dovrebbero accadere ma purtroppo accadono.

La natura umana è preda di passioni e non tutti sanno governarle con monastico autocontrollo.

Per fortuna che c’è la giustizia”, concluderete.

Siete proprio sicuri?

Il Tribunale di Lecce si è superato assolvendo l’uomo che, seppur autore di una “una reazione poco garbata” e “sopra le righe”, non può ritenersi imputabile del reato di violenza.

Per giustificare l’ingiustificabile non manca l’ingrediente principale di questo tipo di pronunce, ossia la delegittimazione della vittima: “Una sola ecchimosi per giunta al braccio come riportato in foto e nel referto medico poteva derivare da mille ragioni ed anche da un semplice involontario strattonamento e comunque lungi dall’integrare una forma di aggressione fisica”.

Un film già visto.

Come nella celeberrima “sentenza dei blue-jeans” del 1998 dove gli Ermellini arrivano a statuire l’incompatibilità fra questo indumento e la violenza sessuale, assolvendo il presunto stupratore che non avrebbe potuto – sostenevano i giudici - sfilare i jeans attillati alla vittima senza il suo consenso.

Tale assurda tesi fu poi fortunatamente rettificata ma fu necessario attendere otto anni quando la stessa Cassazione si espresse in modo esattamente opposto, sentenziando come l'indossare pantaloni stretti e aderenti non possa essere considerato ostacolo allo stupro.

Quest’impostazione ‘pro reo’ la si rinviene anche in quell’altra pronuncia del 2018 in cui la Suprema Corte escludeva l’aggravante a due stupratori che avevano abusato di una donna ubriaca, sostenendo che, nel caso di uno stupro, se la vittima è brilla per avere assunto volontariamente sostanze alcool, alla pena non può essere aggiunta l’aggravante della condizione della donna.

Insomma, siccome la condizione di ubriachezza non fu ‘imposta’ dagli autori di violenza, la pena doveva essere ridotta.

Per non parlare, poi, dell’incredibile sentenza con cui – qualche anno fa - la Corte di Appello di Torino annullò la condanna di primo grado, assolvendo un imputato di stupro perché la vittima, lasciando la porta del bagno socchiusa, avrebbe indotto l’imputato a “osare“.

Non si può affatto escludere” – era scritto nella motivazione – “che al ragazzo, la giovane abbia dato delle speranze, facendosi accompagnare in bagno, facendosi sporgere i fazzoletti, tenendo la porta socchiusa …si trattenne in bagno, senza chiudere la porta, così da fare insorgere nell’uomo l’idea che questa fosse l’occasione propizia che la giovane gli stesse offrendo. Occasione che non si fece sfuggire”.

Vabbè.

Assurda anche una sentenza Tribunale di Busto Arsizio che, nel 2022, escluse la sussistenza del reato di violenza sessuale, perché la vittima avrebbe impiegato troppo (circa 20 secondi) a opporsi ai palpeggiamenti.

Una sorta di punizione a chi non ha i riflessi di un gamer professionista e viene travolto dallo shock.

Ma l’apoteosi la tocca la Corte d’Appello di Ancona quando assolse due uomini autori di stupro sul presupposto che la vittima fosse «troppo mascolina» e quindi «non abbastanza attraente per subire uno stupro»: per fortuna l’anno scorso la Cassazione ha poi ribaltato il verdetto e lavato l’onta di una pronuncia che fa davvero dubitare della nostra magistratura.

Italia patria dell’impunità.

Non è un caso che all’estero abbiano una precisa percezione del nostro Paese come una nazione dove tutto è concesso e questo costituisce un grosso freno allo sviluppo e, al contempo, un incentivo a piazzare qui attività criminose che altrove verrebbero più severamente perseguite.

Infatti l’Italia spicca in taluni reati come – fra gli altri - le truffe (maglia nera) e i borseggi (primatista incontrastata).

Il tam-tam di Striscia la Notizia sui furti con destrezza in metro a Milano misura l’impotenza italica nel condannare e mettere gli autori (meglio, le autrici) in condizioni di non nuocere alla comunità.

Vien da chiedersi come si possa invertire la rotta se nemmeno di fronte a fatti eclatanti dove qualunque persona di buon senso batterebbe il martelletto sentenziando una sicura condanna, si elaborano ardite tesi per assolvere il colpevole.

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Daniela Missaglia

Avvocato matrimonialista e cassazionista, è specializzata in Diritto di famiglia e in Diritto della persona. Grazie alla sua pluridecennale esperienza è spesso ospite in trasmissioni televisive sulle reti Rai e Mediaset. Per i suoi pareri legali interviene anche su giornali e network radiofonici. Info: https://www.missagliadevellis.com/daniela-missaglia

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