Disabilità. Il ragazzo che si laureò in un batter d’occhi
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Disabilità. Il ragazzo che si laureò in un batter d’occhi

Si sposta su una sedia a rotelle, per uscire di casa ha bisogno di un accompagnatore e comunica con lo sguardo. Paolo Puddu non si considera un malato. E non vuole rinunciare ai suoi sogni: viaggiare e studiare.

Per festeggiare la laurea con 110 e lode e l’anno nuovo la destinazione è già scelta: le isole Canarie. I biglietti per tutta la famiglia sono quasi pronti. Resta da superare l’ultimo intoppo: la compilazione del modulo chiesto dall’Alitalia per imbarcare Paolo e la sua sedia a rotelle sul volo da Cagliari a Roma. Un modulo rompicapo che, a chi richiede «l’assistenza speciale», prescrive di scegliere tra le opzioni «wchr, wchc, meda, dpna» e di accludere una scheda redatta dal medico curante.

«Io non sono malato» rivendica Paolo Puddu, saettando lo sguardo sulla tavoletta seminata di lettere dell’alfabeto che è il suo strumento di comunicazione. Ha ragione. Puddu, 27 anni, sardo di Cagliari, non è affatto malato, è affetto da tetraparesi spastica, si sposta su una sedia a rotelle, ha bisogno di un accompagnatore per uscire di casa ma, col sostegno forte e pieno della sua famiglia, è deciso a vivere una vita bella e intensa e a coltivare le sue passioni, dallo studio ai viaggi. Così, la mattina di martedì 27 novembre, si è laureato in lettere, nel corso triennale dell’Università di Cagliari per operatori del turismo, con una tesi su un argomento che gli è caro, «Trasporti aerei e disabilità»; la sera ha festeggiato al ristorante con un centinaio di ospiti, comprese le sue insegnanti dalle elementari in su. Sabato 1° dicembre è uscito in barca, in una smagliante giornata, col padre Enrico, medico, la madre Susanna, farmacista, entrambi dipendenti pubblici, e la sorella Elena, 15 anni, campionessa di vela. Lunedì 3 dicembre si è presentato al tavolo dei relatori per una conferenza organizzata nella sua città in occasione della Giornata mondiale della disabilità. Martedì 4, a Roma, si è seduto sotto i riflettori nello studio Rai di Unomattina per raccontare la sua felicità di neodottore. Quarantott’ore prima, a Panorama, aveva confidato la sua emozione per quell’appuntamento in tv, il primo della sua vita: «Ho un po’ di paura».

Nel salotto di casa Puddu è la madre a dare voce alle parole del figlio, decifrandole lettera per lettera sulla tavoletta di plastica trasparente che da 12 anni è lo strumento principe della comunicazione tra Paolo e il mondo. È un rettangolo più o meno della dimensione di un tablet che il neodottore ha soprannominato «iPuddu», scherzando sulla sua somiglianza con un iPad.

Il giorno della laurea, al culmine di una maratona di 36 esami, dirigendo lo sguardo sull’una o l’altra lettera di quella tavoletta, con l’aiuto di un assistente, Puddu ha pronunciato un breve discorso e ha ascoltato emozionatissimo la sua proclamazione come dottore mentre la sorella minore scoppiava in lacrime. «Ci ha messo qualche anno in più, ma ce l’ha fatta» commenta con orgoglio il padre Enrico. C’è voluta la tenacia dell’intera famiglia per arrivare a questo risultato. «Sono determinato» tiene a dire di sé Paolo, dopo avere richiamato l’attenzione della madre con un piccolo tocco della mano. «In sardo determinato si dice barroso» sorride il padre.

Con altri genitori di bambini disabili, i Puddu hanno fondato nel 1990 l’Abc, l’Associazione bambini cerebrolesi di Cagliari. Li univa il rifiuto di mandare i propri figli in istituto e la convinzione che anche ai più gravi dovesse essere consentito di crescere in famiglia. «Abbiamo combattuto molto per fare rispettare i diritti dei nostri figli» sottolinea Enrico Puddu. Non è stato per niente facile. «Paolo è andato a scuola fin dall’asilo » racconta la madre «a ogni inizio d’anno, però, ci proponevano per lui un programma differenziato. Altrimenti si stanca, ci dicevano. Ma noi abbiamo insistito perché fosse trattato come tutti gli altri. E soprattutto come la persona intelligente che è. Certo, non parlava. In famiglia ci capivamo al volo, ma a scuola era diverso. Ho passato gran parte degli anni delle elementari a insegnare agli insegnanti come comportarsi con Paolo».

Un aiuto, per fortuna, è venuto dallo Stato, con la legge 162 del 1998, che riguarda il sostegno alle persone con disabilità. «Nel 2000 la Regione Sardegna l’ha recepita» ricostruisce Enrico Puddu. «A quel punto si poteva prevedere un progetto personalizzato per ciascun disabile e ottenere un finanziamento. Per nostro figlio abbiamo chiesto l’assistenza educativa, un aiuto perché potesse frequentare la scuola». Quell’aiuto ha significato due assistenti a tempo pieno e, per Paolo, l’opportunità di una carriera scolastica tranquilla fino alla licenza media. Per le interrogazioni, gli insegnanti proponevano una griglia di risposte multiple: facendosi capire senza parole, l’alunno Puddu era in grado di indicare quella giusta.

Quando si è trattato di scegliere una scuola superiore, Paolo ha optato per il liceo classico. «E lì l’hanno tenuto fermo un anno, inchiodato in un banco senza neppure salutarlo» ricorda il padre. Allora si è deciso di orientarsi verso l’Istituto professionale per gli studi sociali. A quegli anni risale l’incontro con Claudio Imprudente, un disabile bolognese che utilizzava una tavoletta trasparente con le lettere stampate per comunicare. Paolo adottò di slancio lo strumento. A scuola si era appassionato al settore del turismo. «Babbo, compra un albergo» chiedeva a suo padre. Sogno impossibile, date le finanze di casa. Ma ancora oggi Paolo confida che gli piacerebbe la gestione di un albergo.

Nel frattempo fa tutt’altro. Su segnalazione dell’Abc, il Comune di Cagliari lo ha inserito tra gli esperti chiamati a verificare l’accessibilità dei trasporti urbani per i disabili, poi lo ha incaricato di valutare lo stato delle barriere architettoniche in città. Come socio dell’associazione fondata dai suoi genitori Paolo ha grandi progetti. Vuole diventare il presidente. «O aiutare il capo» detta via tavoletta, e ride a lungo.

Non ha ancora deciso, invece, se continuare gli studi. Le sue materie preferite sono sempre state «storia e storia dell’arte». Potrebbe iscriversi all’università per il biennio della laurea specialistica, scegliendo appunto storia dell’arte. «Ottobre», segnala, è la data ultima per presentare la domanda. Ci penserà. Per ora, ammette, si sente «un po’ stanco». Preferisce dedicarsi ai suoi hobby: seguire la sua pagina su Facebook, che aggiorna con l’aiuto della sorella, guardare le partite del Cagliari, la sua squadra del cuore, leggere e viaggiare. Sull’ultima pagina della sua tesi si legge: «Spesso gli enti aeroportuali non vedono di buon occhio le associazioni delle persone con disabilità oppure non le considerano competenti».

Qualche anno fa, proprio a Cagliari, una socia dell’Associazione bambini cerebrolesi in partenza per Milano venne lasciata a terra da una compagnia aerea. Sul volo che la donna aveva prenotato, le spiegarono, era proibito, per disposizione scritta della compagnia, «l’imbarco di pacchi, animali e disabili». Per Paolo l’idea per la sua tesi di laurea, una rassegna della legislazione italiana ed europea sulla disciplina della disabilità nei trasporti, è scattata quel giorno. Le compagnie aeree sono avvertite: il dottor Puddu è pronto a scendere in pista, lasciarlo a terra non sarà facile.

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Bianca Stancanelli