DONNE GAZA
(Ansa)
Dal Mondo

Altro che patriarcato italiano. Questa la condizione delle donne a Gaza

Spiegazione attraverso un report delle Nazioni Unite dello stato delle cose nella terra di Palestina per il gentil sesso che ha pochi diritti

I diritti delle donne nella Striscia di Gaza hanno incontrato notevoli ostacoli al progresso con l’ascesa al potere di Hamas nel 2007. Sebbene le donne costituiscano circa il 50% della popolazione di Gaza, la loro influenza nella maggior parte dei campi è limitata e i loro diritti fondamentali sono sistematicamente negati. Secondo i dati forniti da UN Women da quando la guerra è iniziata circa 838.100 donne e bambine sono sfollate dalle loro case, 2.610 sono rimaste vedove e di conseguenza hanno dovuto prendere in mano le redini della famiglia. Circa 50.000 sono le cittadine incinte, mentre 5.522 dovrebbero partorire nel prossimo mese.

IL REPORT


REPORT state-of-palestine-womens-centre.pdf

Il ruolo delle donne in una società dominata da Hamas è stato delineato nella sua carta del 1988: si afferma che le donne musulmane sono importanti «in quanto creano uomini e svolgono un ruolo importante nel guidare ed educare la nuova generazione». Nonostante le donne abbiano ottenuto risultati limitati da quando Hamas è salito al potere, la discriminazione di genere si è complessivamente intensificata. Ma anche di questo nelle manifestazioni le «femministe proPal» non ne parlano. Il «documento politico» aggiornato di Hamas del 2017 afferma che «le donne hanno un ruolo centrale nella formazione del presente e del futuro e nella costruzione del sistema politico», ed effettivamente questa è la narrazione che Hamas utilizza alla quale credono in molti.

Malgrado l’aumento dell’istruzione femminile negli ultimi decenni, in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza oggi lavora soltanto una donna con più di quindici anni su dieci. Un dato che mostra che la stragrande maggioranza delle donne disoccupate, ovvero di chi cerca lavoro, sono giovani (sotto i 34 anni) e con un alto livello di istruzione (il 93% ha quanto meno il diploma delle scuole superiori, mentre appena un terzo dei maschi disoccupati ha ottenuto lo stesso grado di istruzione). A parità di competenze, una donna ci mette il doppio del tempo rispetto a un uomo a trovare un lavoro (20 mesi contro i 10 dei maschi). Come scrive Terra Santa.net «Il tasso di disoccupazione giovanile (fascia tra i 15 e i 29 anni) alla fine del 2022 superava il 33% con un picco del 60% Gaza) con le giovani donne disoccupate al 53%». Non decolla nemmeno l’imprenditoria femminile: solo il 9% delle imprese private è gestito da donne. Le donne non possono possedere nulla dato che la rigida applicazione della legge della Shari’a stabilisce che le donne hanno diritto solo alla metà dell'eredità degli uomini. In realtà la situazione è molto peggiore: circa l'88% delle donne dichiara di non aver ricevuto alcuna parte dell'eredità a cui aveva diritto.

Dove non esistono leggi per limitare le opportunità delle donne, le norme sociali sono spesso altrettanto forti. A partire dal 2013, Hamas ha istituito la segregazione di genere nel sistema educativo, comprese l’UNRWA e le scuole cristiane, e ha iniziato a imporre un codice di abbigliamento «modesto» nei luoghi pubblici. Il degrado sociale delle donne ha raggiunto persino il livello della diffamazione, con vari media di Gaza che pubblicano contenuti dannosi o incitano contro le donne, come quando il giornalista affiliato ad Hamas Isam Shawar ha affermato che «le donne sono responsabili della diffusione dell’influenza suina».

Altro tema che dovrebbe interessare le femministe nostrane è quello legato agli abusi fisici, sessuali e verbali che gran parte delle donne di Gaza subiscono quotidianamente nel silenzio generale. A Gaza non c’è nessuna legge che proibisca la violenza contro le donne all’interno della famiglia, inclusa la violenza sessuale. Quando le donne riescono a presentare un reclamo ufficiale, spesso scoprono che alle loro denunce non viene prestata adeguata attenzione e spesso vengono completamente ignorate. In tal senso la polizia non pubblica il numero di denunce che riceve ogni anno, nel manifesto tentativo di scoraggiare le donne dal ricorrere alle vie legali e incoraggiarle a risolvere le questioni all'interno della loro famiglia. Quindi doppia beffa.

In questo contesto gli organi amministrativi responsabili della gestione di queste questioni, vale a dire la polizia, i tribunali o i consulenti scolastici, non intervengono per indagare su questioni così delicate con discrezione, e le donne per questo possono diventare oggetto di pubblico ridicolo, vergogna e abuso quando loro le storie si diffondono.

Come si legge nel report del 2021 Il femminicidio nella società palestinese, redatto dal Centro femminile di assistenza e consulenza legale (WCLAC), Forum delle ONG palestinesi per la lotta alla violenza contro le donne (aL-Muntada) in assenza delle leggi necessarie e dei meccanismi di applicazione della legge, la violenza contro le donne continua a ritmi allarmanti. Nel 2018 il 16,7% delle ragazze intervistate di età compresa tra 12 e 17 anni ha riferito di aver subito violenza fisica o psicologica da parte di insegnanti o compagni di classe. L'indagine sulla violenza del 2019, condotta dall'Ufficio centrale di statistica palestinese (PCBS), ha rilevato che il 29% delle donne palestinesi, attualmente o mai sposate, ha subito una qualche forma di violenza (psicologica, fisica, sessuale, sociale o economica) da parte del marito negli ultimi dodici mesi. La prevalenza era significativamente più alta a Gaza (38%) che in Cisgiordania (24%). Durante la COVID-19 i casi di GBV e femminicidio segnalati sono aumentati notevolmente, soprattutto durante i periodi di blocco. Il WCLAC prosegue il documento ha documentato 37 casi (18 in Cisgiordania e 19 nella Striscia di Gaza) rispetto ai 21 del 2019. Tra i 149 casi di femminicidio documentati dal 2015 al 2020, la percentuale più alta si è registrata nel 2020, raggiungendo il 25% di tutti i casi. In uno studio analitico condotto dalla WCLAC su tutti i 76 casi di femminicidio in tre anni (2016-2018), la WCLAC ha osservato che il 41% erano donne sposate, mentre il 42% erano donne sole e l'8% erano vedove. La maggior parte delle vittime di femminicidio erano giovani donne e ragazze; il 37% aveva tra i 18 e i 29 anni, mentre il 18% aveva meno di 18 anni. Tra le donne sposate, quasi la metà aveva figli (64 bambini e un gemello non ancora nato sono stati vittime di questi omicidi). Nel 27% dei casi il colpevole era il fratello o i fratelli, in una percentuale uguale, pari al 23% per ciascuno, erano mariti e padri, seguiti dal 14% di figli della vittima, e il restante 4% dei colpevoli erano zii e matrigne.

Una forma di violenza di genere che ha ricevuto una notevole pubblicità è il delitto d’onore, l’omicidio di donne e di ragazze accusate «di condotta sessuale immorale». I delitti d'onore sono tacitamente consentiti dal governo di Hamas, se non esplicitamente condonati. Secondo l'articolo 18 del Codice penale n. 74 del 1936, possono essere previste pene ridotte quando l'imputato ha commesso il fatto, al fine di evitare «un danno irreparabile al suo onore». Nei casi in cui gli uomini vengono processati con l'accusa di delitto d'onore, spesso affermano che si trattava «di legittima difesa», inclusa la protezione del loro onore, e saranno condannati a tre anni di prigione o meno. Ancora un altro esempio delle condizioni oppressive che le donne devono affrontare nella Striscia di Gaza è la pratica comune dei matrimoni precoci. Il 29% delle donne a Gaza si è sposato prima dei 18 anni e il 13,4% prima dei 15 anni. Questi numeri risaltano in Medio Oriente, dove il 18% delle ragazze si sposa prima dei 18 anni e solo il 3% prima dei 18 anni.

Sempre a beneficio di coloro che vanno in piazza a difendere il regime di Hamas occorre ricordare che donne a Gaza devono anche affrontare pratiche discriminatorie all’interno del sistema giudiziario. Infatti, secondo la legge islamica, applicata in gran parte dalle autorità di Hamas, la testimonianza di una donna vale la metà di quella di un uomo. Anche le leggi sull'adulterio sono codificate in base al sesso; l'adultero viene punito con sei mesi di reclusione, mentre l'adultera con due anni di reclusione. Allo stesso modo, una donna deve pagare il marito per divorziare da lui, ma un uomo può divorziare dalla moglie gratuitamente per qualsiasi motivo. Questa politica mirava in realtà a «migliorare» la condizione delle donne, che in precedenza non potevano avviare una procedura di divorzio se non in circostanze molto specifiche.

Il «Codice di modestia» di Hamas

Oltre alle forme di oppressione di genere sopra menzionate, come detto Hamas applica anche il «codice di modestia» che limita pesantemente le libertà fondamentali di espressione e di movimento. Un codice di abbigliamento normativo che Hamas ha tentato di sancire come legge impone che le donne debbano indossare l’hijab, il copricapo islamico, mentre si trovano a scuola, nei tribunali o sulle spiagge. Le donne di Gaza hanno riferito di essere state avvicinate «dalla polizia della modestia», che prova a far rispettare il codice di abbigliamento attraverso l'intimidazione. Il codice della modestia prevede anche il divieto di guidare motociclette, fumare in pubblico, imparare a guidare senza la presenza di un uomo, rivolgersi a un parrucchiere uomo e persino presentare denunce di incesto. Gli effetti di vasta portata «del codice della modestia» vennero alla luce quando nel 2013 venne annullata la maratona dell’UNRWA a causa del divieto di Hamas alla partecipazione delle donne. In questo modo Hamas è riuscita a limitare anche la possibilità delle donne di dedicarsi ad attività ricreative.

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Stefano Piazza