Re Carlo
(Ansa)
Dal Mondo

Comincia il Regno di Carlo III, il Re "green"

L’attesa è finita. Dopo settant’anni da panchinaro il principe Carlo da oggi è finalmente King Charles III. È stato il più longevo erede in attesa del trono (praticamente principe ereditario a partire dai tre anni) e ora è già stato ribattezzato“Climate-King”, il re ambientalista. E in questo momento non può che essere un complimento. Eppure tutti si stanno domandando se basterà la sua anima verde a non farci rimpiangere The Queen, l’unica regina globale, l’icona assoluta che con la sua morte segna la fine di un’era. Il monarca che ha regnato più a lungo nella Storia della Gran Bretagna, che ha affrontato due secoli, ha baciato l’anello di sette papi, stretto le mani a 14 presidenti americani e 15 primi ministri inglesi.

L’ultimo, Liz Truss, solo pochi giorni fa, dopo che, per la prima volta, si era recata lei da Her Majesty, che pur stanca e con le mani livide, l’ha ricevuta come ha fatto con tutti a cominciare da Winston Churchill.Pop e imperscrutabile insieme, Elisabetta II è passata dalle copertine dei dischi dei Sex Pistols ai quadri Andy Warhol, attraversando il mondo con la sua qualità più preziosa: un eloquente silenzio davanti allo sgretolarsi di ogni cosa in cui credeva e per cui era stata cresciuta. Resistendo a ogni colpo, restando sempre in piedi. Una madre sicuramente ingombrante, una regina che ha fatto la Storia superando senza alcun dubbio la sua esimia predecessora, la Regina Vittoria. E mentre gli inglesi la piangono sinceramente addolorati, la domanda che tutti si fanno è: sarà in grado Carlo di tenere insieme quel delicato (e costoso) meccanismo che è la monarchia, fatta di tradizione, modernità e astuto soft power?

L’uomo, che nella celebre serie The Crown è stato dipinto come un maschio fedifrago della peggiore specie, non è affatto solo quello. È un visionario, un ecologista antesignano, già negli anni Novanta parlava di cambiamento climatico. Altro che Greta Thunberg, Carlo è un attivista da 50 anni, il primo a promuovere e praticare l’agricoltura biologica, a sottolineare l’impatto negativo della plastica e a stringere accordi con la moda perché sviluppasse il suo lato verde. Al nipotino George appena nato ha regalato un bosco, piantato appositamente nella tenuta di Balmoral. E davanti a questo gesto non possiamo che dedicargli una standing ovation. Se per alcuni di noi rimane l’uomo che ha cornificato Lady Diana con Camilla Parker Bowles (cui sussurrava al telefono “Vorrei essere il tuo Tampax”) per gli inglesi da anni è molto di più. Nato il 14 novembre sotto il segno dello Scorpione sapeva benissimo che a quel Toro della madre non avrebbe mai tenuto testa e allora ha fatto come quel segno zodiacale sa ben fare. Ha pazientato. Il suo turno sarebbe arrivato. Sui social ora lo osannano, twittando: «Sono 30 anni che prepara il discorso da Re», «Ricordatevi che se ce l’ha fatta lui, ognuno di noi può raggiungere qualsiasi obiettivo». Non solo ce l’ha fatta, ma è riuscito in un’impresa che sembrava disperata: fare nominare la ormai moglie Camilla, non principessa, bensì Regina consorte. E così la sua amata (mai amata dal popolo fino in fondo), sarà incoronata accanto a lui tra circa un anno. Certo bisogna ancora tenere duro, ma ce la faranno. Perché in fondo incarnano una normale aristocratica coppia inglese. Superlativamente british. I cavalli e i cani lei, gli acquerelli e i giardini lui. Rassicuranti e nello stesso tempo simbolo dell’amore che lotta e trionfa. Questo bisogna concederglielo. Anche se lei indossa sempre dei tragici vestitini a pois e dei fondotinta troppo accessi, lui la ama o almeno l’ha amata davvero. Ma per regnare avranno bisogno di essere in quattro. Avranno bisogno di William e Kate al loro fianco. Sono loro il glamour e la tradizione. Loro che accompagnano i figli per mano il primo giorno di scuola, come una famiglia normale. Normale e inavvicinabile insieme, così deve essere un reale. Lei, la donna che indossa meglio di chiunque altra il cappotto, verrà osservata, sminuzzata, forse criticata, ma terrà viva la nostra curiosità. È il potere silenzioso dietro William. Saprà fare la sua parte in commedia, ne siamo sicuri. E aiuterà a rimpinguare le casse di corte, anche di questo siamo assolutamente certi. Ci basta a guardare quella volpe di sua madre, Carole. Se non altro perché è un Capricorno abituato ad arrampicarsi sulle cime più impervie.
E abbiamo un dannato bisogno di Kate per credere ancora alla favola e anche di quello stempiatone di William, se non altro perché guardandolo ci sembrerà di vedere il sorriso di Lady Di. E questo re Carlo lo sa benissimo. Harry e Meghan invece hanno sbagliato i tempi per entrare in partita. Bastava una piccola attesa e anche loro oggi avrebbero fatto parte della Firm. Ma, ragazzi impetuosi quali sono, erano troppo ansiosi di prendersi la scena. Gli è mancata la pazienza, virtù imprescindibile per un reale, come Carlo insegna. E così oggi vengono fischiati quando arrivano in Inghilterra. I rapporti tra Harry e il padre sono ormai irrimediabilmente logorati. E a loro non resta che tornare in America. Rilasciare qualche intervista (la Regina non ne rilasciò mai una, mai), sponsorizzare un po’ di charity e fare qualche documentario. Certo tra l’ex attricetta e Wallis Simpson ci passa un mondo. Ma il loro destino in fondo è quello. Mai mollare la presa sul gin tonic e via col vento in qualche ranch di ricchi petrolieri texani.
Intanto nel silenzio delle Highlands, a 96 anni, lei se ne è andata. Lì a Balmoral, in Scozia, patria della madre, dove il cielo è cangiante come il colore dei suoi occhi, dove Lillibet sentiva le radici. In quella casa aveva trascorso tutte le estati della sua vita. Dopo ogni pranzo amava indossare i guanti gialli di gomma e lavava i piatti, mentre Filippo si occupava della griglia. In quella dimora invitava anche i primi ministri. Andò Margaret Thatcher. Tra le due donne c’era rispetto, ma non simpatia. La figlia del droghiere non riusciva a capire quello che le sembrava solo snobismo antiquato, ma per la Regina era la tradizione su cui aveva fondato la vita. Il senso del dovere. Il suo essere al servizio del popolo. E quando la misura era colma, e di solito lo era a causa delle mattane dei suoi mediocri parenti, lei senza scomporsi lasciava il principe Filippo a sbrigarsela e diceva: «Io porto fuori i cani».
London Bridge is falling down (sempre questo gusto inglese alla Ian Fleming per sottolineare ogni evento come se si fosse in un film di James Bond) così è stato annunciato al mondo che Elisabetta II ci aveva lasciato. Lei che sembrava eterna. Ora per il funerale e la successiva incoronazione verranno spesi miliardi di sterline. Ma d’altronde è morta la Storia e questo non capita tutti i giorni. Poi la storia diventa memoria. E così l’inno inglese da oggi sarà cambiato in GodSave the King, altre sterline verranno stampate, dove svetteranno le aristocratiche orecchie del nuovo Re. E noi andremo avanti in un mondo sempre più incerto, perché se c’era un momento difficile e traballante per ascendere al trono reale è proprio questo, come spiega anche Onyeka Nubia, storico dell’Università di Nottingham: «Ci saranno momenti di incertezza. E questi momenti saranno in ogni campo dall’economia alla cultura, dalla politica alla società».
Ma la sfida più grande sarà dare un senso nuovo alla monarchia. Far in modo che continui a esistere questo costosissimo apparato che Elisabetta II ha retto per 70 anni perlopiù da sola sulle sue spalle. Intimando ai valletti di Buckingham Palace di: «Spegnere le luci inutilizzate» delle 775 stanze del palazzo.
Quanto ci vedeva lungo The Queen.

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Terry Marocco