«Lukashenko ora è la spina nel fianco di Putin»
Alexandr Lukashenko con Vladimir Putin a Minsk il 30 giugno 2019 (Ansa).
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«Lukashenko ora è la spina nel fianco di Putin»

La crisi bielorussa vista da uno storico e da un politologo, fra i massimi esperti di Russia e dintorni. Aldo Ferrari e Sandro Teti hanno posizioni antitetiche: uno è filo-zarista, l'altro è filo-bolscevico. Eppure convergono quasi su tutto.

  • Prima puntata: l'uomo che disse no al Fmi.
  • Seconda puntata: il rischio di uno scenario ucraino.


La conclusione del dibattito organizzato da Panorama su Zoom per capire che cosa sta succedendo in Bielorussia con Alexandr Lukashenko. Che, se prima era la spina nel fianco dell'Occidente neoliberista, ora è il principale grattacapo di Mosca.


Sandro Teti: «Di cose buone Lukashenko ne ha fatte parecchie. E non sono opinioni. Sono fatti, dimostrati da dati incontrovertibili».

Può fare un esempio?

Sandro Teti: «Prima del crollo, nell'Urss esistevano una decina di fabbriche che producevano televisori. Poi l'unica rimasta in piedi era quella bielorussa. Nel 1998 una devastante crisi economica impedì, per la svalutazione del rublo, ai russi di comprare televisori giapponesi, di cui dopo il crollo dell'Urss avevano fatto grandi scorpacciate. A quel punto Lukashenko, che aveva acquistato brevetti giapponesi, invase con i suoi televisori tutto lo spazio post-sovietico, Russia compresa. Facendo lavorare gli operai su tre turni, sabato e domenica compresi».

Intende dire la Bielorussia era una spina nel fianco del sistema neo-liberista?

Sandro Teti: «Assolutamente sì. Quando gli americani andarono da Lukashenko, eletto da poco, gli dissero: "Ecco qua. Tu devi mettere in vendita i colossi industriali del Paese. Noi ti diamo tanti soldi. Poi ci giriamo dall'altra parte, come abbiamo fatto con tutti gli altri Paesi dell'ex Urss, e tu puoi fare quello che vuoi". Lui li mandò via a calci. E fece da solo, cercando di mantenere in piedi il vecchio sistema sociale».

In che modo?

Sandro Teti: «Conservando gli asili in tutte le fabbriche, mantenendo l'assistenza sanitaria per tutti, tenendo in piedi l'istruzione gratuita, portando avanti un grande programma di case popolari... Poi la Bielorussia è diventata un grande esportatore di armi, fortissima nel campo dell'informatica e in alcuni settori medici. E mentre in Russia si faceva mercimonio di bambini, lui ha detto: "Da oggi non può esserci un solo bambino in strada". E li ha messi tutti negli orfanotrofi, tanto che era difficile adottarli».

Ma perché? Lukashenko era un comunista puro e duro, fedele ai dettami marxisti-leninisti?

Aldo Ferrari: «No. Non ha mai detto esplicitamente di essere comunista. Anche in Bielorussia, l'egemonia del partito è terminata con il crollo dell'Urss. Ma, come ha descritto a mio avviso del tutto correttamente Sandro Teti, Lukashenko ha conservato buona parte delle strutture economiche, sociali ed educative del sistema sovietico. Sistema del quale io non sono mai stato un sostenitore, ma che aveva degli aspetti positivi. Nel resto dell'Urss queste strutture sono saltate per aria in pochissimi mesi, devastando per 10 e più anni la vita delle popolazioni. Questo in Bielorussia non è avvenuto. Non direi in nome di un comunismo non morto, ma piuttosto di una realistica politica di continuità che ha salvaguardato alcuni tra gli aspetti positivi del regime precedente (del quale, ribadisco, non sono un sostenitore). Tant'è vero che dalla Bielorussia non c'è stata quell'emigrazione di massa che invece ha coinvolto Paesi come Moldavia, Ucraina, Georgia e Armenia, dov'era crollato tutto».

Politicamente Lukashenko come si definisce?

Aldo Ferrari: «Bella domanda. Non si è mai definito, non ha mai creato una propria ideologia. È stato un gestore politico della realtà. A mio giudizio il suo operato è stato positivo per alcuni anni, perché non avendo paradigmi ideologici da imporre è riuscito a gestire abbastanza bene le cose. Probabilmente a un certo punto ciò non è più stato sufficiente. Non è riuscito a modernizzare sufficientemente il Paese, dove comunque molte cose non andavano bene. La mancanza di libertà politica era un dato di fatto».

Certo...

Aldo Ferrari: «E non ha mai voluto fare un minimo cambiamento. Però consentiva alla popolazione una certa libertà di movimento verso l'estero, dove i giovani andavano a studiare. Comunque io preferisco la Bielorussia, con una popolazione pacifica, serena, senza particolari problemi economici, con prospettive ragionevolmente stabili, a quasi tutti gli altri Paesi ex sovietici in cui c'è stata una spaccatura terrificante. A fronte di una piccola élite di ricchissimi, c'è stato un enorme impoverimento collettivo. E per molti anni una situazione economica tragica, che ha costretto parti consistenti della popolazione a emigrare».

Sandro Teti: «E molti a morire. Ricordo un dato terrificante: tre anni dopo la fine dell'Urss, in Russia l'aspettativa di vita per gli uomini era di 53 anni. Mentre in Occidente i giornali scrivevano "Adesso i russi imparano a distinguere i vini francesi"».

Già... E ai tempi dell'Urss qual era l'aspettativa di vita?

Sandro Teti: «Per gli uomini 65. Bassissima, per carità: per questo Mikhail Gorbaciov aveva lanciato la campagna contro l'alcolismo».

Comunque un crollo verticale. Perché?

Sandro Teti: «Perché da un giorno all'altro non sono state più erogate le pensioni, non si sono pagati più gli stipendi, la sanità è diventata a pagamento e la vodka, che era controllata dallo Stato, è diventata veleno».

Professor Ferrari, si stava meglio quando si stava peggio?

Aldo Ferrari: «Se si guarda la realtà nel suo complesso, devo dire che in Bielorussia si è vissuto per un paio di decenni in media meglio che negli altri Paesi post-sovietici, con una società più egualitaria e maggiore sicurezza sociale, educativa e sanitaria. Proprio perché io non rimpiango nulla del sistema ideologico sovietico, credo che sarebbe stato molto meglio se l'Urss si fosse trasformata gradualmente, con la continuità di alcune strutture, come è avvenuto in Bielorussia, piuttosto che con la diffusione di un capitalismo selvaggio a vantaggio di pochissimi e ai danni del resto della popolazione. Non è che io voglia proporre la Bielorussia come Stato modello: sarebbe assurdo. Però ha rappresentato un modello di uscita dall'Urss per molti aspetti migliore di quello di altri Paesi post-sovietici. Ciò non deve farci dimenticare la fortissima riduzione delle libertà politiche, che peraltro è presente in altri Paesi dell'ex Urss, che invece hanno conosciuto cambiamenti socio-economici traumatici».

Sandro Teti: «Vorrei aggiungere che altrove, in presenza di violazioni dei diritti umani ben più gravi, l'Occidente passava sopra a tutto perché questi Paesi, spesso molto importanti dal punto di vista energetico, avevano abbracciato il turbo-capitalismo. Quanto a Lukashenko, non avrebbe potuto avere alcuna ideologia. Lukashenko ha diretto un kholkhoz: è un contadino, che di politica non capisce nulla. Lui voleva solo salvare dal sistema sovietico gli aspetti positivi e cancellare quelli negativi».

Invece poi cos'è successo? Il potere gli ha dato alla testa?

Sandro Teti: «Beh, sì. Non saprei cos'altro dire. Ha perso la testa. Io non lo sostengo in alcun modo. Tra l'altro, ha messo nei guai Vladimir Putin. Perché la Russia non può in alcun modo accettare che arrivino basi a 15 minuti di aereo militare supersonico da Mosca».

Basi Nato?

Sandro Teti: «Sì. L'opposizione vuol fare entrare la Bielorussia nell'Unione europea e nella Nato».

Pensa anche lei, professor Ferrari, che qualcuno stia strumentalizzando l'opposizione per portare MInsk su posizioni atlantiste?

Aldo Ferrari: «Noi viviamo in un contesto geopolitico dove il contrasto fra Occidente e Russia è aumentato sempre più. Con responsabilità che noi europei occidentali siamo abituati ad addebitare interamente alla Russia, dimenticando completamente che l'allargamento verso Est dell'Unione europea è stata sempre accompagnato dall'espansione militare della Nato, che porta la minaccia militare alle frontiere russe. Questo è un dato di cui noi fatichiamo tantissimo a tenere conto: non ci rendiamo conto di essere strumenti della politica espansiva della Nato. E in Bielorussia c'è una parte di oppositori che condivide una visione assolutamente eurocentrica, filo-occidentale e filo-Nato. L'importante, però, è che non ci sia un'altra Ucraina».

In che senso?

Aldo Ferrari: «Un altro Paese europeo non deve diventare il campo di battaglia fra gli interessi e le visioni geopolitiche russe e quelle occidentali. La cosa più importante, per le relazioni internazionali ma anche per la popolazione bielorussa, è che si eviti un nuovo scenario ucraino. Speriamo che si trovi una soluzione in Bielorussia, senza repressioni di Lukashenko e senza intervento militare russo. Ma anche senza ingerenze occidentali, mascherate da esportazione della democrazia, che molto spesso sono solo slogan ideologici che coprono un espansionismo militare e strategico dell'Occidente».

Ma Mosca si può permettere di "perdere" la Bielorussia?

Sandro Teti: «Assolutamente no. I russi, in estrema difficoltà, stanno vagliando qualche altro candidato per l'opposizione. Il problema è che al momento c'è il deserto, perché Lukashenko non aveva lasciato crescere nessuno. La Russia è pronta a mandarlo via, ma vuole un sostituto democratico che dia anche garanzie che la Bielorussia non entri nella Nato».

Si rischia un'altra Tienanmen?

Aldo Ferrari: «Spero di no. Spero che Lukashenko, il quale ha ultimamente dimostrato scarsissima lucidità politica, non faccia un gesto criminale e inutile. E spero che la Russia non intervenga militarmente, benché ne abbia la possibilità nell'ambito del Trattato di sicurezza collettiva, la Nato a guida russa. Mi auguro vivamente che Putin non ricorra a quest'atto estremo e controproducente. Detto questo, le modalità per una soluzione pacifica sono difficili da individuare, in primo luogo per la responsabilità stessa di Lukashenko, che non ha consentito un briciolo di opposizione. La prospettiva migliore è uno scenario di tipo armeno, in cui sostanzialmente c'è un profondo cambiamento politico, ma all'interno di una continuità di politica estera. Al momento ciò non è possibile perché in Bielorussia manca un capo dell'opposizione visibile e riconosciuto. Colpa di Lukashenko, che forse, come dice Teti, non è un gran politico. E si sente la mancanza di un oppositore pacato, che possa tranquillizzare Lukashenko e la Russia e al tempo stesso essere soddisfacente per l'opposizione».

Sandro Teti: «Chiudo facendo un paragone: per la Russia, la Bielorussia adesso rischia di essere come Cuba per gli Stati Uniti nel 1962. Per Mosca avere a pochi chilometri da casa la Nato sarebbe intollerabile. Al tempo della crisi dei missili, John Kennedy violò il diritto internazionale, minacciando la terza guerra mondiale, e l'Unione sovietica dovette togliere i missili. Ma al tempo stesso Washington tolse quelli che aveva lungo il confine sovietico-turco. Speriamo in un appeasement simile».








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Elisabetta Burba