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(Getty Images)
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L'Asinello: un partito sull'orlo di una crisi di nervi

Mentre nell'amministrazione Biden volano gli stracci, i parlamentari democratici sono più spaccati che mai. Una situazione problematica, in vista delle prossime elezioni di metà mandato

È un autentico caos quello in cui è piombato il Partito Democratico americano nelle ultime settimane: un problema che riguarda non soltanto l'amministrazione in carica ma anche le dinamiche interne al Congresso.

Gli strascichi della crisi afghana si fanno ancora sentire e, negli scorsi giorni, hanno acceso delle significative tensioni tra il Pentagono e il Dipartimento di Stato. Il 29 settembre, durante un'audizione alla Camera dei Rappresentanti, il segretario alla Difesa, Lloyd Austin, ha di fatto scaricato su Foggy Bottom la responsabilità per i ritardi dell'evacuazione afghana. "La decisione su come farlo e quando farlo è davvero una decisione del Dipartimento di Stato", ha dichiarato il capo del Pentagono. Il giorno prima, in un meeting privato con i senatori, il capo di stato maggiore congiunto, il generale Mark Milley, era stato ancora più duro, tacciando i funzionari di Foggy Bottom di "aver aspettato troppo a lungo" sull'evacuazione. Una serie di accuse, che non sono comprensibilmente state troppo apprezzate dal segretario di Stato americano, Tony Blinken, il quale ha replicato in modo piccato, affermando: "Lo abbiamo fatto insieme".

Insomma, sono nervi piuttosto tesi quelli che caratterizzano i rapporti tra il Pentagono e Foggy Bottom: un fattore che mina alla base quell'unità di facciata, costantemente ostentata dall'attuale amministrazione americana. Tra l'altro, questa incresciosa situazione mette probabilmente in luce un nodo più profondo di un semplice tentativo di scaricabarile. È infatti plausibile ritenere che tali divisioni abbiano una natura strutturale e che non risultino pertanto essere di nascita recente. Il che potrebbe contribuire magari a spiegare il disastro dell'evacuazione afghana: un disastro che, come sta del resto emergendo, potrebbe essere (almeno in parte) frutto di dissidi intestini, oltre che della mancanza di adeguata coordinazione.

Ma non è solo l'amministrazione americana ad attraversare delle significative turbolenze interne. Anche al Congresso l'Asinello risulta tutt'altro che compatto. I centristi e la sinistra sono infatti ai ferri corti sull'approvazione dell'agenda di Joe Biden. In particolare, le frange moderate considerano troppo costoso l'ingente piano di misure sociali, auspicato dai progressisti: un piano, ricordiamolo, dal valore complessivo di 3,5 trilioni di dollari. In questa situazione complessiva, alcuni parlamentari democratici di area centrista (Josh Gottheimer e Stephanie Murphy) hanno aspramente criticato la loro stessa leader, la Speaker della Camera Nancy Pelosi: una Pelosi che sta incontrando difficoltà sempre maggiori nel gestire le lotte intestine al Partito Democratico.

D'altronde, ad opporsi alle ingenti spese proposte dalla sinistra sono anche due senatori dem come Joe Manchin e Kyrsten Sinema, che si stanno ormai da tempo attirando le critiche delle aree più progressiste dell'Asinello. Appena mercoledì scorso, Bernie Sanders (senatore indipendente ma comunque affiliato al Partito Democratico) ha accusato i suoi due colleghi centristi di "sabotaggio". Non solo: la tensione è talmente alta che lo stesso Sanders si è rifiutato di firmare un comunicato di condanna contro alcuni attivisti che avevano minacciosamente protestato contro la Sinema.

È quindi abbastanza chiaro che l'Asinello sia caratterizzato da un notevole caos interno. Il che costituisce un problema sotto svariati punti di vista. Biden, soprattutto dopo la crisi afghana, ha oggi disperato bisogno di rilanciare la propria iniziativa politica: un'esigenza che, a fronte di un partito così spaccato, sarà assai difficile da soddisfare. In secondo luogo, non bisogna trascurare che, tra poco più di un anno, si terranno le elezioni di metà mandato: un appuntamento fondamentale, da cui – vista la situazione attuale – l'Asinello rischia di uscire ulteriormente azzoppato, disseminando così nuovi scogli sul già difficoltoso cammino del presidente.

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Stefano Graziosi