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(Getty Images)
Dal Mondo

La tragedia dimenticata di Haiti dove ora comandano i criminali

Il paese è in mano alle bande armate e la situazione appare fuori controllo a meno di un intervento serio del resto del mondo

A soli 7 mesi dall’omicidio del presidente Jovenel Moïse che venne ucciso lo scorso 7 luglio da un commando di sicarios provenienti dalla Colombia, dagli Stati Uniti oltre che da sicari locali che avevano fatto irruzione nella sua casa di Port-au-Prince ferendo anche la first lady Martine Moïse, nell’isola caraibica la situazione della sicurezza è peggiorata dopo il suo assassinio anche se già all’epoca del suo mandato le bande erano diventate sempre più potenti. Secondo il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, Moïse manteneva rapporti ambigui con alcune delle grandi bande criminali di Haiti in modo da non far esplodere il Paese ma questi accordi potrebbero essergli costata la vita in una nazione sempre più al centro delle rotte della cocaina proveniente dal Sud America.

Lo scorso 1°gennaio il premier e presidente ad interim del Paese Ariel Henry è miracolosamente scampato ad un attentato nella cittadina di Les Gonaïves dove si era recato per partecipare ad una messa organizzata per festeggiare il 218° anniversario dell’indipendenza dalla Francia. Non appena il Primo ministro e le persone al suo seguito lasciavano la funzione una banda armata ha aperto il fuoco al quale gli agenti della scorta di Henry -rimasto illeso- hanno reagito uccidendo uno degli attentatori e ferendone un altro. Non appena al sicuro il presidente haitiano ha puntato il dito contro le gang che ogni giorno rapiscono, uccidono e trafficano droga e armi che ormai imperversano ad Haiti: ‹‹Sapevo di correre questo rischio. Non si può accettare che dei banditi, chiunque essi siano, vogliano ricattare lo Stato per ragioni miseramente pecuniarie››. Allo stato delle indagini rese complicate dalla corruzione e dall’inefficienza ad ogni livello non si sa chi possa aver tentato di uccidere il premier che già in passato era sfuggito ad un attentato, ma di certo un gruppo come i “400 Mawozo” che operano nella capitale Port-au-Prince e ai confini con la Repubblica Dominicana hanno le capacità, i mezzi e gli uomini per farlo. Ma l’indiziato principale è certamente il 45enne Jimmy Cherizier, noto come “Barbecue”, ex agente di polizia oggi leader della “G9 Family and Allies”, una federazione composta da nove bande criminali che controlla gran parte di Port-au-Prince.

“Barbecue”, ha ripetutamente chiesto le dimissioni del primo ministro Ariel Henry e con il suo gruppo ha bloccato nel luglio scorso il più grande terminal di carburante del Paese chiedendo anche 50 milioni di dollari: ‹‹La nostra è una lotta politica. Siamo un gruppo politico armato››, così ha dichiarato l’ex poliziotto fattosi bandito che in passato si è fatto riprendere più volte in posa imitando il rivoluzionario argentino Ernesto “Che” Guevara. Sono molti i Paesi nell’area caraibica che a causa della corruzione endemica e dell'instabilità politica si confrontano con la crescita dei fenomeni criminali, tuttavia, le bande di Haiti controllano il Paese in un modo che non ha eguali in tutto il mondo e le ragioni sono molteplici. La prima è che Haiti, la cui popolazione è di circa 11 milioni di persone, non ha un vero esercito dopo che lo ha smantellato nel 1995 a seguito dell’ennesimo colpo di stato militare.

Oggi gli effettivi sono circa 500 mentre i membri delle gang criminali sono secondo alcune stime tra 20.000 e 30.000 affiliati. La seconda ragione è la debolezza delle forze di polizia di Haiti composte da circa 15.000 uomini mal armati, scarsamente addestrati, talvolta corrotti e totalmente inadeguati a rispondere al crescente potere delle bande criminali. Problemi che nel luglio scorso ha messo in risalto Synci Domond, un ufficiale e portavoce del sindacato di polizia di Haiti, durante in un'intervista: ‹‹I migliori poliziotti di Haiti esitano a pattugliare le aree di Port-au-Prince sotto il controllo di bande come il G9 e quando sei in quella zona puoi fare il segno della croce››. Domond ha anche confermato che le Forze di polizia di Haiti ‹‹sembrano usare gli stessi fucili usati dai marines statunitensi quando sbarcarono nel 1915 e non sono in grado di contrastare il dominio delle bande nella capitale››.

Altro problema che incontrano le Forze di sicurezza haitiane è il carburante che spesso è razionato a causa del fatto che le bande criminali controllano alcuni terminali cruciali per la distribuzione di carburante. E che dire della la struttura statale corrotta in ogni suo settore e le finanze dello Stato in perenne bancarotta a causa dell'elevata corruzione, alle deboli entrate fiscali e all'instabilità politica? Proprio a causa della corruzione e di un'economia improduttiva, il gettito fiscale del Paese si attesta solo al 5,6% del suo PIL mentre la Francia (ex potenza coloniale ad Haiti), ha il secondo più grande rapporto tasse/PIL con il 45,4% nel mondo (dato 2020). Altro dato significativo è quello riportato dal The Wall Street Journal che nell’analizzare la situazione economica di Haiti pone l’accento sul fatto che quasi il 70% del PIL del Paese non è generato da persone che vivono effettivamente nel Paese, ma da migranti haitiani, che vivono in Paesi come Stati Uniti, Canada e Francia, e da aiuti esteri provenienti da Stati Uniti, Nazioni Unite e altri gruppi internazionali.

Haiti resta uno dei Paesi più poveri al mondo e nella sua travagliata storia ha visto sanguinose dittature, vedi quelle della famiglia Duvalier prima con François “Papa Doc” e poi suo figlio Jean-Claude, “Baby Doc” che oltre a seminare morte si sono appropriati di ogni risorsa del Paese ma che ha dovuto fronteggiare immani calamità naturali come il terremoto di “magnitudo 7” del 12 gennaio 2010 che fece 250mila morti, 300mila feriti e 1.3 milioni di sfollati, i continui uragani, le inondazioni e le conseguenti malattie come il colera che da quando i peacekeepers dell’ONU arrivati dopo il terremoto introdussero accidentalmente scaricando liquame infetto in un fiume in periferia di Port-au-Prince e che ha fatto più di 10.000 morti e 800.000 malati, la gran parte della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno. A proposito di terremoti, l’ultimo che ha colpito l’isola è stato quello di sabato 14 agosto 2021 con epicentro a 120 chilometri a sudovest della capitale Port-au-Prince e che era di magnitudo 7.2 che ha provocato la morte di quasi duemila persone con successivo focolaio di colera. Nel silenzio del mondo i gruppi criminali armati ormai non temono più nulla e si combattono per le strade con sparatorie, saccheggi e incendi dolosi.

Nella capitale Port-au-Prince la situazione è drammatica con migliaia di persone (più di 20.000) che hanno perso le loro case a causa delle violenze inoltre, la penuria di carburante ha compromesso servizi vitali, compresi quelli medici e ridotto l’accesso all’assistenza sanitaria ma nessuno o quasi sembra interessare quanto accade ad Haiti.

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Stefano Piazza