Il ministro sudcoreano dell'Unificazione a Panorama: «La nostra una tregua lunga 68 anni»
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Il ministro sudcoreano dell'Unificazione a Panorama: «La nostra una tregua lunga 68 anni»

Un ministero unico nel suo genere nato per riunificare un Paese diviso ormai da 68 anni, ovvero dal termine della guerra di Corea. A guidare il ministero dell'Unificazione è oggi Lee In-young, ministro del governo guidato da Moon Jae-in, il presidente pacifista ormai giunto quasi al termine del suo mandato che aveva promesso di impegnarsi affinché la riunificazione della penisola coreana avvenga entro il 2045.

A Roma per il G20, in occasione della presentazione all'interno della chiesa di Sant'Ignazio di Loyola in Campo Marzio di "La Croce della Pace", un'installazione di 136 croci realizzate fondendo il filo spinato della Zona Demilitarizzata (DMZ ovvero la striscia di terra che attraversa la Penisola Coreana che funge da zona cuscinetto tra la Corea del Sud e la Corea del Nord), Panorama.it ha parlato in esclusiva con il ministro Lee In-young tracciando il lavoro compiuto fino a oggi dal governo sud coreano.


Ministro Lee In-young, è in visita in Italia con il presidente Moon Jae-in, per sottolineare gli sforzi in corso per ricostruire la pace nella penisola coreana. Possiamo riassumere come stanno andando le cose tra Nord e Sud?

«Nel 2017 la tensione nella Penisola Coreana era arrivata al punto da portare quasi alla guerra, ma a seguito della presenza della Corea del Nord alle Olimpiadi invernali di Pyeongchang nel 2018 e dopo aver trascorso dei Giochi Olimpici di pace, si sono stabilite le basi per denuclearizzare la Penisola Coreana e stabilire la pace attraverso tre Summit Intercoreani e negoziati militari. Inoltre con i movimenti portati dai rapporti tra Sud e Nord Corea e tra Nord Corea e Stati Uniti si è arrivati per la prima volta al Summit tra Stati Uniti e Corea del Nord che ha aiutato in maniera significativa il processo di pacificazione della Penisola Coreana. Purtroppo le complicazioni al Summit tra Stati Uniti e Corea del Nord ad Hanoi nel 2019 hanno portato allo stop dei dialoghi tra Corea del Sud, Nord e Stati Uniti. La situazione attuale della Penisola Coreana è talmente dinamica che non si può definire né positiva che negativa, penso che si stia davanti a un bivio tra l'avanzamento verso la pace e uno stallo a lungo termine. La Corea del Nord ha dichiarato di aver abbandonato le politiche di ostilità, ma allo stesso tempo continua con i suoi lanci missilistici. Recentemente ha anche riattivato i canali di comunicazione tra Corea del Sud e Nord citando lo stabilirsi della pace e miglioramenti nei rapporti intercoreani. Mostra quindi delle reazioni forti e allo stesso tempo morbide lasciando aperta la porta del dialogo. Il nostro Governo si sta impegnando con la diplomazia e il dialogo assieme agli Stati Uniti e la società internazionale a trovare soluzioni per quanto riguarda la Corea del Nord».

Avete solo di recente ripristinato una linea diretta con la Corea del Nord e avete avuto la vostra prima telefonata con le autorità da agosto. Come pensate di muovervi ora?

«Lo scorso 4 ottobre sono stati riattivati i canali di comunicazione tra la Corea del Sud e quella del Nord facendo un primo significativo passo per un nuovo miglioramento nei rapporti intercoreani. Il Governo Coreano sta gestendo in maniera sicura i canali di comunicazione e ha intenzione di fare passi avanti per far riprendere al più il dialogo per migliorare effettivamente i rapporti tra Corea del Sud e del Nord. Il Governo Coreano ha mostrato più volte in maniera coerente la volontà di intraprendere il dialogo con la Corea del Nord su qualsiasi argomento, in qualsiasi momento e luogo. Anche con il Covid-19 abbiamo proposto di realizzare un sistema di videoconferenze affinché si potesse continuare a dialogare. In particolare il nostro Governo ha intenzione di concentrarsi nell'intraprendere uno step fondamentale per ricominciare il processo di realizzazione della pace nella Penisola Coreana, ossia la dichiarazione di fine guerra. Inoltre gli aiuti umanitari verso la Corea del Nord non si sono fermati a prescindere dalla situazione politico-militare. La reazione al problema più urgente del Covid-19 ha dato il là a dialoghi di cooperazione tra Sud e Nord e si pensa di continuare anche in altri ambiti come la sanità in generale, l'ambiente, i disastri naturali e altri campi civili. Tenendo in considerazione le Olimpiadi invernali di Pechino e le elezioni presidenziali in Corea, la parte finale di quest'anno e la parte iniziale dell'anno prossimo diventeranno un crocevia fondamentale per la situazione nella Penisola Coreana e la pace. Attendiamo con ansia una reazione positiva da parte della Corea del Nord».

Il leader nordcoreano Kim Jong-un la scorsa settimana ha accusato la Corea del Sud di "ipocrisia" e "due pesi e due misure", ribadendo le precedenti accuse fatte dalla sua potente sorella minore Kim Yo-jong. Se l'è presa con il Sud che condanna i test di sviluppo delle armi del Nord come "provocazioni" e "minacce", mentre costruisce le sue capacità militari e acquista armi di alta tecnologia dagli Stati Uniti. Come ha risposto alla sua dichiarazione?

«La Corea del Nord dichiara di voler abbandonare politiche di doppi standard, ma credo che non sia auspicabile accusare di doppi standard con una dichiarazione a senso unico. Si necessita prendere come riferimento ciò che viene concordato assieme tra Sud e Nord Corea. Inoltre si richiede la cessazione delle politiche ostili verso la Corea del Nord, ma sia la Corea del Sud che gli Stati Uniti hanno sempre coerentemente dichiarato di non essere ostili alla Corea del Nord, in particolare come atto simbolico di rinascita di fiducia reciproca si sta portando avanti la dichiarazione di fine guerra. Comunque anche le richieste della Corea del Nord andranno ascoltate e risolte attraverso il dialogo. Anche gli Stati Uniti sono nella posizione di voler interloquire con la Corea del Nord una volta che i discorsi saranno avviati. Anche per questo motivo si hanno grandi aspettative per le rapide riprese dei dialoghi con la Corea del Nord».

All'inizio di quest'anno il leader nordcoreano ha etichettato uno dei vostri prodotti più famosi al mondo, il K-pop, come un "cancro". Una legge introdotta lo scorso dicembre prevede fino a 15 anni nei campi di lavoro per chi viene sorpreso ad accedere all'intrattenimento sudcoreano e minaccia la pena di morte per chi lo distribuisce. Ora il giornale di propaganda sta criticando Squid Game, sostenendo che riflette quanto brutale sia in realtà la società in Corea del Sud. Pensa che sarà in grado di alleggerire questa situazione prima della fine del suo mandato?

«La Corea del Sud e quella del Nord sono formate da un unico popolo e hanno molti punti in comune che vanno dalla lingua alla cultura. Ma allo stesso tempo si trovano in uno status di incertezza a causa degli strascichi della guerra e il lungo periodo di divisione ha letteralmente tagliato i contatti e gli incontri reciproci. Questa situazione rende tutto molto controverso. Per questo motivo da un punto di vista umanitario e democratico, curare le ferite causate dalla divisione attraverso procedure di pace e cooperazione, è il compito più importante a noi assegnato. l Governo Coreano dalla seconda metà degli anni Ottanta attraverso vari incontri tra cittadini coreani del Sud e de Nord si è sempre impegnato per ridurre la distanza culturale tra i due Paesi. Il Governo Coreano tenendo sempre conto del rispetto reciproco, ha portato avanti questi incontri tra cittadini sudcoreani e nordcoreani per armonizzare e ridurre in maniera naturale il gap culturale formatosi. Una scelta che andrà valutata sul lungo periodo, ma che pensiamo essere a ora la strada più efficace e possibilmente percorribile. Secondo gli studi di un istituzione specializzata "I cittadini nordcoreani attraversi gli scambi intercoreani e le informazioni proveniente dall'esterno hanno cominciato a cambiare mentalità" e "sarebbe auspicabile intensificare gli scambi intercoreani e allo stesso tempo diversificare ulteriormente le cooperazioni". Attualmente con la situazione coronavirus che sta limitando tutti i rapporti umani a livello mondiale, anche le due Coree si trovano nella medesima situazione. Inoltre le sanzioni contro la Corea del Nord hanno scoraggiato ulteriormente le occasioni e gli spazi per l'incontro e la cooperazione. Con il miglioramento della situazione Covid-19 ci impegneremo per poter creare luoghi e occasioni di incontro e comprensione tra i cittadini dei due Paesi impegnandoci per questo con gli scambi e la cooperazione anche al migliorare i rapporti intercoreani e quelli tra Stati Uniti e Corea del Nord».

È stato recentemente in Germania. Il Paese ha una storia in qualche modo simile a quella della Corea. La Germania nel 1990 ha sperimentato la fusione di due parti dello stesso Paese. Cosa si può imparare dagli eventi che hanno portato alla riunificazione tedesca?

«Lo scorso 3 ottobre sono stato ad Halle in Sassonia invitato al trentunesimo anniversario dell'unificazione della Germania. Assistendo direttamente all'evento ho potuto ripensare a quel momento così memorabile ed emozionante, ma anche inaspettato che nessuno avrebbe potuto immaginare il 3 ottobre del lontano 1990. Ho anche provato invidia verso la Germania che ha raggiunto prima il traguardo dell'unificazione lasciando la Corea l'unico Paese al mondo a essere diviso. Siamo in ritardo rispetto alla Germania, ma ho pensato che dobbiamo puntare a realizzare un'unificazione ancor più riuscita e memorabile nella Penisola Coreana. L'importante è avvicinarci a un'unificazione matura in cui si possa coesistere nella pace e prosperare insieme. La chiave di ciò anche per la Germania sono stati i continui e fitti dialoghi tra le parti ed è ciò che devono fare le due Coree riducendo il contrasto e cooperando costantemente per ripristinare la propria unità».

A Roma ha incontrato il Papa. Qual è stato il punto principale della vostra discussione? Come può aiutare nel processo di pace tra il Nord e il Sud?

«Il presidente Moon ha spiegato dettagliatamente l'impegno del nostro governo per la pace della penisola coreana. Inoltre ha presentato in modo più ampio gli interessi comuni riguardo la pace, la riconciliazione e le questioni internazionali più importanti. E ha ringraziato il Papa per i suoi messaggi di pace verso la nostra penisola e ha chiesto la sua continua attenzione verso di noi. Il Presidente Moon Jae-in all'Udienza dal Papa ha detto "Se il Papa potesse avere occasione di visitare la Corea del Nord, diventerebbe un momento chiave per la Pace nella Penisola Coreana". E il Papa ha risposto "Qualora dovessi ricevere l'invito, accorrerò volentieri in vostro aiuto per la Pace. Non siete voi fratelli che usano la stessa lingua? Ci andrò volentieri"».

Lei è qui anche per inaugurare una mostra davvero significativa. Centotrentasei croci fatte con vecchie recinzioni di filo spinato della DMZ sono esposte nella chiesa di San Ignazio di Loyola. Può dirci di più sulla mostra?

«Il Sud e il Nord sono divisi dalla DMZ (zona demilitarizzata). Come il muro di Berlino era il simbolo della divisione tra la Germania dell'Ovest e quella dell'Est, la DMZ è il simbolo della nostra divisione tra il Sud e il Nord. Ci sono già stati vari eventi di augurio di pace della penisola durante I quali venivano esibite opere fatte con il filo spinato della DMZ, ma poter organizzare questo evento a Roma, dove risiede il Papa che ha sempre mostrato particolare interesse verso la pace della nostra penisola, è ancora più significativo. Inoltre è ancora più significativo poter esibire le opere presso la chiesa di Sant'Ignazio di Loyola, fondatore del movimento dei Gesuiti e personaggio che superò molte prove e difficoltà. Le 'croci della pace' fatte con il filo spinato della DMZ, simbolo della guerra e del conflitto, veicolano il desiderio della fine della guerra nella penisola coreana e di una pace permanente. Esprimeremo la nostra volontà di superare la divisione a partire dalla dichiarazione della fine della guerra e dall'impegno per la pace permanente. Inoltre c'è anche un significato simbolico di far partire il percorso verso la pace proprio da Roma. 'Il ramo d'ulivo della pace,' che fu regalato dal Papa al nostro presidente nel 2018, ora è tornato dopo tre anni sotto forma delle 'croci della pace' contenendo in sé la storia dell'impegno per la pace tra la Corea del Nord e gli Stati Uniti. Spero che la mostra delle 'croci della pace' qui a Roma possa costituire una delle fondamenta per la pace della penisola coreana».

Il numero delle croci esposte hanno un significato particolare: 136 è il doppio di 68, gli anni che le due Coree hanno vissuto divise. Come avete realizzato questo progetto?

«Nella penisola coreana la guerra non si è mai conclusa e per 68 anni abbiamo vissuto una tregua instabile. In nessun Paese al mondo c'è mai stata una situazione simile. Oltre a rappresentare l'unione dei 68 anni di divisione per il Sud e il Nord (68x2), rappresenta anche un nuovo inizio di speranza di rinascita e pace per curare le ferite dovute al dolore della divisione. Il dolore della divisione non è durato semplicemente 68 anni, ma è un dolore lungo il doppio. Abbiamo voluto esprimere e condividere con tutto il mondo questa situazione anormale della penisola coreana, augurandoci che ci avvieremo verso la pace permanente al più presto.

La DMZ per gli stranieri è un luogo di viaggio, una destinazione che porta a vedere da vicino ciò che sta accadendo nella penisola coreana. Come pensa che le visite guidate nella zona influiscano sul riconoscimento della storia coreana?

«La DMZ è l'unico simbolo al mondo di divisione tra Paesi, ed è un luogo dove è sempre presente tensione. Il Sud e il Nord, attraverso la dichiarazione di Panmunjeom del 2018, hanno dichiarato di trasformare la DMZ, simbolo di divisione, in una zona di pace. La rimozione dei posti di guardia della DMZ, quella delle mine dei luoghi circostanti, il disarmo della JSA (Joint Security Area), la riduzione della tensione militare e lo scavo dei resti sulla 'collina delle punte di frecce' sono alcune delle attività fatte dopo tale dichiarazione. In questa circostanza desideriamo aprire la DMZ, che era accessibile solo ai soldati, a tutti I cittadini e offrire loro una 'piccola ma chiara pace' e una 'pace quotidiana'».

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Marianna Baroli

Giornalista, autore

(Milano, 1986) La prima volta che ha detto «farò la giornalista» aveva solo 7 anni. Cresciuta tra i libri di Giurisprudenza, ha collaborato con il quotidiano Libero. Iperconnessa e ipersocial, è estremamente appassionata delle sfaccettature della cultura asiatica, di Giappone, dell'universo K-pop e di Hallyu wave. Dal 2020 è Honorary Reporter per il Ministero della Cultura Coreana. Si rilassa programmando viaggi, scoprendo hotel e ristoranti in giro per il mondo. Appena può salta da un parco Disney all'altro. Ha scritto un libro «La Corea dalla A alla Z», edito da Edizioni Nuova Cultura, e in collaborazione con il KOCIS (Ministero della Cultura Coreana) e l'Istituto Culturale Coreano in Italia.

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