«La mia vita, il mio lavoro dentro al Covid tra Bergamo e Brescia»
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«La mia vita, il mio lavoro dentro al Covid tra Bergamo e Brescia»

Beppe Spatola, cronista lombardo, racconta in un libro come le due città divise da sempre hanno combattuto l'epidemia

«La lezione più bella sembrerà strana ma è arrivata dagli ultras del calcio. Brescia ed Atalanta sono divise da una rivalità davvero grande, a tratti feroce ma davanti al Coronavirus si sono unite con uno striscione e decine di atti concreti».

Si intitola "La Storia del Coronavirus a Bergamo e Brescia" il libro con cui Beppe Spatola, cronista proprio della città della leonessa ha raccontato di quei mesi passati nell'occhio del ciclone dell'epidemia

Qual è stata l'immagine che ti resterà per sempre nella mente e che meglio spiega i mesi della guerra vissuta nella tua terra?

«Due cose. Trenino dei camion militari, un pugno allo stomaco che ha risvegliato le coscienze di tutti. E poi a Brescia, la percezione di una grande umanità da parte di tutti, una corsa alla solidarietà senza precedenti. La campagna del Giornale di Brescia ha raccolto 17 milioni di euro. I bresciani hanno messo mano al portafoglio e non solo gli imprenditori, toccati direttamente o meno dal virus. Era un modo per dire ci siamo. Ma non è stata solo una solidarietà monetaria. C'è stata tanta ma tanta umanità»

Tu hai raccontato senza sosta quei giorni. E ti sei anche ammalato. Dal punto di vista professionale che periodo, che giorni sono stati?

"Si, è vero; mi sono ammalato ed ho passato un mese in quarantena, con il Covid, ma continuando a lavorare. Come i medici, gli infermieri anche i giornalisti sono rimasti in prima linea, ammalandosi, 5 contagiati solo nel mio giornale pur di continuare a dare informazione corrette. Che servivano. Perché i politici ci hanno giocato. Ma qui si parla di vite e di realtà. Come della strage avvenuta nelle Rsa, dove per centinaia di persone non c'è stato modo di dire addio ai propri cari".


(Beppe Spatola)


Cosa ti ha lasciato questo periodo, in cosa ti ha cambiato?

«Ho sempre fatto cronaca nera e questo ti porta a creare un senso di distacco dalla morte quasi cinico. Poi mi sono ritrovato i primi giorni di marzo con 70 morti, fino a 100 in un giorno. Si piangeva. Per la prima volta quel distacco che credevo di avere è crollato. In un caso di cronaca c'è sempre un perché, una spiegazione alla morte. Qui non c'era. Ho imparato mio malgrado come il virus fosse democratico. Non ha distinto classi sociali, ricchi poveri, ma tutti sono stati curati al meglio, senza differenze»

Ora come sono Bergamo e Brescia?

«La reazione è stata al primo accenno di libertà è stata di far finta che non fosse successo nulla, una reazione quasi naturale. 3 mila persone in piazza, forse non avevano capito il dramma reale. Ma poi con il passare dei giorni c'è stata una presa di coscienza da Brescia fino a Bergamo, eliminando i fronzoli e capendo che solo facendo sistema sul territorio si può superare. Bg ha dimostrato come neppure la burocrazia può fermare la voglia di fare. Abbiamo gridato a miracolo per l'ospedale di Wuhan costruito in 10 giorni. A Bg i volontari ci hanno messo 8 gg. A Brescia il sistema ospedaliero ha funzionato, dando risposte a tutti, senza lasciare indietro nessuno. Quando una provincia fa tanto per tutti capisci che si è mosso tutto il territorio».


La Storia del Coronavirus a Bergamo e Brescia ripercorre i mesi che hanno cambiato la vita di migliaia di persone e in alcuni paesi hanno cancellato un'intera generazione di uomini, donne, nonni e nonne. È un viaggio nell'epicentro della pandemia lombarda, dove il Covid-19 si è portato via 5mila persone e ha contagiato oltre 25mila persone.

Bergamo e Brescia, due province confinanti che per cultura e imprenditorialità sono il cuore pulsante della Lombardia. Un cuore che è andato in fibrillazione quando giorno dopo giorno ha visto migliaia di vite venir meno, saracinesche abbassarsi, musei e chiese sbarrarsi. Due province che hanno messo da parte lo storico campanilistico antagonismo e si sono strette in un abbraccio salvifico, condividendo paura, ma anche speranza e fiducia.

A raccontare tutto questo per Typimedia Editore è un giornalista che ha vissuto sul campo quei terribili giorni. Giuseppe Spatola, vicepresidente dei cronisti lombardi già al Corriere della Sera, inviato di Bresciaoggi e corrispondente lombardo di Agi. La sua narrazione parte dall'abbraccio simbolico tra Bergamo e Brescia, per arrivare a raccontare il miracolo dell'ospedale da campo, costruito dagli Alpini in appena otto giorni.

"Perdonatemi se non uso metonimie o giri di parole, ma il Coronavirus dopo mesi di trincea mi ha tolto la capacità di mediare e mentire - dice Giuseppe Spatola raccontando il lavoro fatto nel quotidiano che ha cercato di trasferire nel libro-. Se è vero che i numeri della pandemia disegnano scenari inimmaginabili, la realtà è oltre ed è un dramma senza fine. Brescia e Bergamo sono diventate moderne capitali del dolore dove due generazioni di uomini e donne sono state spazzate via da un morbo che per alcuni doveva essere «poco più di una influenza». Alla faccia. Credetemi se vi dico che in 25 anni di carriera giornalistica, prima al Corriere della Sera e quindi al Bresciaoggi da inviato, di cadaveri ne ho visti e raccontati a decine. Sono il classico «nerista» cresciuto in marciapiede e davanti a un servizio di cronaca sono sempre stato il primo a partire e l'ultimo a tornare. Ho sempre detto che, una volta messomi in strada, sarei stato in grado di portare a casa sempre una riga più degli altri. Ma oggi, ogni sera che chiudo le pagine del Bresciaoggi, mi ritrovo a piangere da solo. Piango perché fare ogni giorno la macabra conta di incolpevoli morti segna il cuore e blocca la tastiera. Penso che non ci siano parole per poter rispettare tutti questi lutti. Io da un mese scrivo e conto ogni benedetta croce che non ha potuto avere un saluto, un abbraccio e una benedizione. Per tutte queste vittime innocenti il libro dovrà essere un monumento scritto della memoria che inviti a ragionare e a mai dimenticare".

Giuseppe Spatola racconta anche la storia della nonna di ferro che, a 100 anni, ha sconfitto il virus rimanendo a casa. Ma anche delle aziende che hanno convertito la propria produzione per fornire il gel igienizzante alla popolazione, o di altre che hanno reclutato operai volontari per costruire le bombole di ossigeno salvavita. Un dramma lungo settimane, passato dalla strage delle Rsa, che ha squassato anche l'economia, provocando oltre 8 miliardi di mancato fatturato alle imprese che sono la locomotiva dell'Italia, a cui però il presidente Mattarella e Papa Francesco – più di una volta hanno fatto sentire la loro vicinanza.

Luigi Carletti, editore Typimedia:"La Storia del Coronavirus a Bergamo e Brescia è un'opera per onorare le vittime, ricordare chi ha combattuto in prima linea e capire gli errori da non ripetere mai più. Un'opera di memoria e di corale consapevolezza".

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Andrea Soglio